lunedì 14 marzo 2022

«CHE COS’È UNA DONNA?». «DIPENDE DAL CONTESTO»

 Le dichiarazioni di due leader del partito laburista  manipolano il linguaggio e tentano di alterare nel popolo il senso della realtà. Uno dei tanti esempi di quel PENSIERO UNICO dal quale dobbiamo liberarci.

Rodolfo Casadei -Tempi

Anneliese Dodds al parlamento europeo
«Che cos’è una donna?». «Dipende dal contesto. Ma è importante definire?». «Che cos’è una donna?». «Non intendo partecipare a una dannosa discussione senza vie di uscita». A rispondere in questi termini anodini alle domande dei giornalisti in occasione della Giornata mondiale della donna sono state due delle donne più importanti del panorama politico britannico: la presidente del partito laburista e ministro ombra per le questioni femminili e l’uguaglianza Anneliese Dodds nel primo caso e Yvette Cooper, ministro degli Interni del governo ombra laburista nel secondo.

La prima la domanda era stata posta dalla giornalista Emma Barnett nel corso della trasmissione Woman’s Hour su Radio 4 (Bbc), la seconda dai conduttori di Times Radio (radio digitale appartenente al gruppo editoriale dell’omonimo quotidiano).

Le reazioni sono state particolarmente colorite. J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, ha commentato: «Per favore qualcuno spedisca al ministro ombra per l’uguaglianza un dizionario e una spina dorsale. (…) sotto un governo laburista, la Giornata mondiale della Donna diventerebbe la “Giornata di Noi che non possiamo essere nominate”».

Sulle pagine del Daily Telegraph la giornalista di sinistra Suzanne Moore, vincitrice del premio Orwell ha scritto: «Perché questa totale negazione dell’essere donna? “Donna” è diventata una parolaccia? (…) Vedere queste donne considerate potenti incapaci di usare e definire la parola “donna” mi porta alla disperazione. Signore, se non siete in grado di reggere la pressione, lasciate la politica».

Nella tana del coniglio

Cosa ha risposto esattamente la Dodds a Radio 4? «Devo dire che ci sono diverse definizioni dal punto di vista legale circa ciò che una donna è effettivamente. Ovviamente ci sono la definizione biologica, la definizione legale, e molti altri tipi. Se prendiamo in considerazione la definizione dell’Equality Act (la legge che punisce le discriminazioni basate sul sesso e sull’orientamento sessuale – ndt), dice che si tratta di un adulto e di una femmina, ma non definisce nessuna delle due cose».

Alla domanda circa la definizione che dà il partito laburista, la risposta è stata: «Dipende dal contesto. Voglio dire: è importante definire? Sapete che ci sono persone che hanno deciso che devono fare una transizione di sesso… siccome vivono come donne, vogliono essere definite donne». Invece a Radio Times la Cooper aveva utilizzato l’espressione idiomatica “to go down a rabbit hole”, che significa più o meno entrare in una discussione senza vie d’uscita: «Penso che a questo riguarda la gente si infila in discussioni senza vie d‘uscita, perché dobbiamo intrappolarci? (…) Non ho intenzione di entrare nella tana del coniglio, è insensato».

Non dire “donna”

Suzanne Moore coglie l’occasione delle evasive dichiarazioni delle esponenti del partito laburista per fare il punto sulla deriva delle istituzioni britanniche in materia di riconoscimento dell’identità della donna negli ultimi anni: «La cancellazione della parola “donna” è in corso da alcuni anni. Nel 2018, a sottoporsi ai Pap test sono stati invitati i “possessori di cervice uterina”. L’anno scorso la copertina della rivista medica The Lancet si riferiva a noi come “corpi forniti di vagina”. Siti web medici come Healthline ci hanno spiegato “tutto quello che devono sapere sul papilloma virus i possessori di vagina”. Quest’anno l’università di Bristol ha eliminato le parole “lei” e “donna” dalle sue direttive relative alla maternità nel suo staff. Le Fondazioni delle università di Brighton e del Sussex afferenti al Servizio sanitario nazionale hanno imposto un linguaggio “gender-neutral”, così sono nate parole come “mestruatrici”, “latte umano”, “allattatrici”, “genitore che partorisce”, “possessori di utero”; sono state escluse le parole “donne”, “maternità”, “madre”».

Una dichiarazione semi-stalinista

Dopo aver ricordato che «entità lobbiste come Stonewall e Mermaids hanno avuto un successo fenomenale nel persuadere grandi imprese, istituzioni e partiti politici ad adottare un linguaggio in cui la parola “donna” è vietata perché potrebbe “mettere in agitazione” coloro che si sentono donne anche se anatomicamente sono maschi», la Moore punta il dito contro i partiti della sinistra, e in particolare contro i laburisti: «Gran parte di tutto ciò proviene dai cosiddetti “radicali” che circondavano Jeremy Corbyn, ma nel 2020 quelli in corsa per sostituirlo hanno firmato una dichiarazione che definirei semi-stalinista. Essa implicava che tutti i suoi firmatari “accettano che non c’è alcun conflitto materiale fra i diritti dei trans e i diritti delle donne”. Chiunque dissentiva era un bigotto e doveva essere espulso dal partito. Molti membri del partito di vecchia data e sindacalisti furono epurati – le stesse persone che avevano contribuito a scrivere il testo dell’Equality Act nel 2010. Molte di coloro che avevano contribuito a fondare Stonewall e avevano combattuto contro l’articolo 28 (un articolo di una legge sugli enti locali che nel 1988 proibiva la promozione dell’omosessualità – ndt) crearono Woman’s Place UK, che è stato etichettato come “gruppo d’odio”».

Non abbiamo bisogno di fingere


Nella stessa edizione il Daily Telegraph riporta le dichiarazioni di una nota donna transessuale insegnante di scienze e attivista dei diritti civili, Debbie Hayton. «Una donna», afferma, «è una femmina umana adulta, nella quale il femminile è caratterizzato dai genitali e dalle gonadi. Questo significa che le donne transessuali come me non sono donne, ma va bene così. Non abbiamo bisogno di fingere di essere qualcosa che non siamo, e non abbiamo nemmeno bisogno che Anneliese Dodds finga».


 

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