Le dichiarazioni di due leader del partito laburista manipolano il linguaggio e tentano di alterare nel popolo il senso della realtà. Uno dei tanti esempi di quel PENSIERO UNICO dal quale dobbiamo liberarci.
Rodolfo Casadei -Tempi
«Che cos’è una donna?». «Dipende dal contesto. Ma è
importante definire?». «Che cos’è una donna?». «Non intendo partecipare a una
dannosa discussione senza vie di uscita». A rispondere in questi termini
anodini alle domande dei giornalisti in occasione della Giornata mondiale della
donna sono state due delle donne più importanti del panorama politico
britannico: la presidente del partito laburista e ministro ombra per le
questioni femminili e l’uguaglianza Anneliese
Dodds nel primo caso e Yvette Cooper, ministro degli Interni del governo
ombra laburista nel secondo.Anneliese Dodds al parlamento europeo
La prima la domanda era stata posta dalla giornalista Emma Barnett nel corso della trasmissione Woman’s Hour su Radio 4 (Bbc), la seconda dai conduttori di Times Radio (radio digitale appartenente al gruppo editoriale dell’omonimo quotidiano).
Le reazioni sono state particolarmente colorite. J.K.
Rowling, l’autrice di Harry Potter, ha commentato: «Per favore
qualcuno spedisca al ministro ombra per l’uguaglianza un dizionario e una spina
dorsale. (…) sotto un governo laburista, la Giornata mondiale della Donna
diventerebbe la “Giornata di Noi che non possiamo essere nominate”».
Sulle pagine del Daily Telegraph la giornalista di
sinistra Suzanne Moore, vincitrice del premio Orwell ha scritto: «Perché questa
totale negazione dell’essere donna? “Donna” è diventata una parolaccia? (…)
Vedere queste donne considerate potenti incapaci di usare e definire la parola
“donna” mi porta alla disperazione. Signore, se non siete in grado di reggere
la pressione, lasciate la politica».
Nella tana del coniglio
Cosa ha risposto esattamente la Dodds a Radio 4? «Devo
dire che ci sono diverse definizioni dal punto di vista legale circa ciò che
una donna è effettivamente. Ovviamente ci sono la definizione biologica, la
definizione legale, e molti altri tipi. Se prendiamo in considerazione la
definizione dell’Equality Act (la
legge che punisce le discriminazioni basate sul sesso e sull’orientamento
sessuale – ndt), dice che si tratta di un
adulto e di una femmina, ma non definisce nessuna delle due cose».
Alla domanda circa la definizione che dà il partito
laburista, la risposta è stata: «Dipende
dal contesto. Voglio dire: è importante definire? Sapete che ci sono
persone che hanno deciso che devono fare una transizione di sesso… siccome
vivono come donne, vogliono essere definite donne». Invece a Radio Times la
Cooper aveva utilizzato l’espressione idiomatica “to go down a rabbit hole”,
che significa più o meno entrare in una discussione senza vie d’uscita: «Penso
che a questo riguarda la gente si infila in discussioni senza vie d‘uscita, perché dobbiamo intrappolarci? (…) Non ho
intenzione di entrare nella tana del coniglio, è insensato».
Non dire “donna”
Suzanne Moore coglie l’occasione delle evasive
dichiarazioni delle esponenti del partito laburista per fare il punto sulla deriva delle istituzioni britanniche in
materia di riconoscimento dell’identità della donna negli ultimi anni: «La
cancellazione della parola “donna” è in corso da alcuni anni. Nel 2018, a
sottoporsi ai Pap test sono stati invitati i “possessori di cervice uterina”. L’anno scorso la copertina della
rivista medica The Lancet si
riferiva a noi come “corpi forniti di vagina”. Siti web medici
come Healthline ci hanno spiegato “tutto quello che devono sapere sul papilloma
virus i possessori di vagina”.
Quest’anno l’università di Bristol ha eliminato le parole “lei” e “donna” dalle
sue direttive relative alla maternità nel suo staff. Le Fondazioni delle
università di Brighton e del Sussex afferenti al Servizio sanitario nazionale
hanno imposto un linguaggio “gender-neutral”, così sono nate parole come “mestruatrici”, “latte umano”,
“allattatrici”, “genitore che partorisce”, “possessori di utero”; sono state
escluse le parole “donne”, “maternità”, “madre”».
Una dichiarazione
semi-stalinista
Dopo aver ricordato che «entità lobbiste come Stonewall e
Mermaids hanno avuto un successo fenomenale nel persuadere grandi imprese,
istituzioni e partiti politici ad adottare un linguaggio in cui la parola
“donna” è vietata perché potrebbe “mettere in agitazione” coloro che si sentono
donne anche se anatomicamente sono maschi», la Moore punta il dito contro i
partiti della sinistra, e in particolare contro i laburisti: «Gran parte di
tutto ciò proviene dai cosiddetti “radicali” che circondavano Jeremy Corbyn, ma
nel 2020 quelli in corsa per sostituirlo hanno firmato una dichiarazione che
definirei semi-stalinista. Essa implicava
che tutti i suoi firmatari “accettano che non c’è alcun conflitto materiale fra
i diritti dei trans e i diritti delle donne”. Chiunque dissentiva era
un bigotto e doveva essere espulso dal partito. Molti membri del partito di
vecchia data e sindacalisti furono epurati – le stesse persone che avevano
contribuito a scrivere il testo dell’Equality Act nel 2010. Molte di coloro che
avevano contribuito a fondare Stonewall e avevano combattuto contro l’articolo
28 (un articolo di una legge sugli enti locali che nel 1988 proibiva la
promozione dell’omosessualità – ndt) crearono Woman’s Place UK, che è stato
etichettato come “gruppo d’odio”».
Non abbiamo bisogno di fingere
Nella stessa edizione il Daily Telegraph riporta
le dichiarazioni di una nota donna transessuale insegnante di scienze e
attivista dei diritti civili, Debbie Hayton. «Una donna», afferma, «è una femmina umana adulta, nella quale il
femminile è caratterizzato dai genitali e dalle gonadi. Questo significa
che le donne transessuali come me non sono donne, ma va bene così. Non abbiamo
bisogno di fingere di essere qualcosa che non siamo, e non abbiamo nemmeno
bisogno che Anneliese Dodds finga».
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