domenica 22 ottobre 2023

ANTONIA ARSLAN: «IN ARTSAKH ABBIAMO VISTO CHE COS’È UN GENOCIDIO»

ANTONIA ARSLAN: «IN ARTSAKH ABBIAMO VISTO CHE COS’È UN GENOCIDIO»

Il video inviato dall’autrice de “La masseria delle allodole” in occasione dell’incontro di Tempi sulla cacciata degli armeni dal Nagorno-Karabak




Nelle recenti vicende di «questa meravigliosa piccola nazione che era l’Artsakh e che oggi è scomparsa», nell’assedio e poi nella cacciata per mano turco-azera di quella «frazione del popolo armeno» che fino a poche settimane fa abitava la regione contesa del Nagorno-Karabakh e che ora l’ha abbandonata in massa, «ci sono lezioni che non dovremmo dimenticare». E la prima lezione è «che cosa è un genocidio».

 

Sono le dure, amare parole incise da Antonia Arslan in questo video, un saluto-appello che la grande scrittrice di origini armene ha voluto inviare a Tempi in occasione dell’incontro pubblico “«Ci hanno tradito tutti tranne Dio». La fine dell’Artsakh (la fine?). L’esodo di un popolo”, in programma sabato 21 ottobre, alle ore 10.30 al teatro Rosetum a Milano (via Pisanello, 1), organizzato dal nostro giornale con Esserci, Centro Rosetum e Associazione Le Vedette. 

Genocidio, ricorda l’autrice de La masseria delle allodole, significa «non solo sterminio fisico, ma cancellazione, cancellazione della cultura, cancellazione delle tracce che ha lasciato un popolo». È esattamente quello che accade nel Nagorno-Karabakh, dice la Arslan, dove l’obiettivo del regime di Baku è spazzare via «la vita delle persone, la realtà della terra dove hanno vissuto per millenni».

«Le testimonianze che ascolterete», aggiunge la scrittrice riferendosi alle interviste dei profughi armeni del Nagorno-Karabakh che saranno proiettate durante l’incontro di domani, «sono la prova di quello di cui stiamo parlando»: gli armeni dell’Artsakh «hanno perduto tutto», compresa la loro storia.

Termina il suo intervento video con un auspicio Antonia Arslan: «Che l’Armenia non sia attaccata anch’essa nelle prossime settimane», che l’Armenia non diventi la tappa successiva di quello che sembra essere «il progetto di conquista» dell’Azerbaigian.


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