LEONARDO LUGARESI
Chi fa violenza ai
bambini
– chiunque, mosso da qualunque causa e in qualsiasi modo, fa violenza anche ad
un solo bambino oltrepassa una soglia. Un confine sacro, oltre il
quale la capacità di perdono degli uomini non può, e oso dire non deve (nel
senso che non ne ha il diritto) spingersi.
L'eccidio di Kfar Aza |
La ragione della “sacralità” dei bambini è profonda e radicale, e non ha molto a che fare con quel sentimento, peraltro universalmente diffuso, che tanto concorre a far scattare in tutti noi una reazione istintiva di ripulsa nei riguardi del male fatto ai bambini: quella cosa che chiamerei cucciolaggine, cioè l’intenerimento empatico che è così difficile non provare nei riguardi dei piccoli di tutti gli animali. Gli etologi sostengono che si tratta di un dispositivo accortamente messo in atto dalla natura per proteggere gli individui più deboli e più preziosi per la sopravvivenza della specie: con un aspetto così accattivante è più difficile per gli adulti non proteggere i cuccioli, o addirittura accanirsi su di loro. È un meccanismo di difesa che sembra efficientissimo, ma che in realtà mostra tutta la sua debolezza quando i piccoli “non hanno apparenza né bellezza”, o perché sono malformati o perché non si vedono proprio. Nel caso dell’animale razionale che siamo noi, inoltre, l’inanità di tale ragione per garantire il rispetto dei piccoli si rivela proprio nella sua comprovata incapacità di difendere dall’odio i “figli del nemico”, cioè i figli di colui che ha ucciso i tuoi figli.
La ragione vera della sacralità dei piccoli è un’altra: i bambini, tutti i bambini (anche quelli “fatti male”, anche quelli che non si vedono perché non sono ancora venuti alla luce e addirittura non hanno ancora le fattezze di un bambino, ma sembrano piuttosto dei girini come gli embrioni) sono partecipi di una umanità iniziale, più vicina a Dio. Dio ha preso parte al loro concepimento, infondendo direttamente l’anima immortale nel corpo generato dai genitori (con buona pace di quei teologi, anche illustri, i quali sostennero la dottrina opposta, chiamata traducianismo, che la chiesa non ha approvato), e quelle piccole creature, benché soggette alle conseguenze del peccato originale, sono esenti dalla benché minima traccia di peccato attuale. Totalmente innocenti, benché segnati dall’impronta della caduta dei progenitori: in nessun altro essere, come in loro, risplende il mistero della creazione “a immagine e somiglianza”. Nessuno, a questo mondo, è altrettanto vicino al Padre. Ecco perché è così blasfema, così insopportabilmente turpe, così intrinsecamente malvagia ogni offesa all’infanzia. Maxima debetur puero reverentia: benché dettata da un pagano, questa massima trova adeguata fondazione e comprensione solo nella rivelazione cristiana.
I bambini di Gaza |
Faccia dunque il governo di Israele tutto ciò che deve fare contro i terroristi di Hamas assassini di bambini. Nessuna obiezione morale, nessuna garanzia giuridica, nessun interesse politico valga più a difenderli: chi ammazza i bambini, oltrepassando quel solco sacro, si inoltra per sua scelta in un terreno in cui non reggono più le norme di tutela dell’umano consorzio. Ma non faccia violenza in alcun modo ai figli di quegli stessi assassini, neanche se fosse necessario per raggiungere e colpire i padri. Se lo facesse, se lo farà (e se lo ha fatto) si collocherebbe sullo stesso piano, diventerebbe (diventerà) uguale a loro. L’ipocrita distinzione tra vittime di omicidio volontario e vittime di “danni collaterali” (ampiamente previsti e dolosamente voluti) può forse avere un qualche gioco davanti a una corte penale internazionale, non davanti al tribunale di Dio.
L’occidente, che ha
eretto l’aborto a diritto fondamentale, queste cose non le può capire. Tantomeno possono capirle i barbari di
Hamas, che non amano né gli uomini né Dio. Peggio per noi, peggio per
loro. Mai Gesù è stato così terribile come quando ci dato questo
avvertimento: «Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io
vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è
nei cieli» (Mt 18, 10).
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