sabato 7 ottobre 2023

L’ECOLOGIA “PARZIALE” DELLA LAUDATE DEUM

L’esortazione apostolica sceglie di parlare di cambiamenti climatici, gas serra, ghiacci e Cop28 secondo la prospettiva ambientalista

Emanuele Boffi

L’esortazione apostolica Laudate Deum, resa pubblica il giorno di san Francesco, si pone in continuità, otto anni dopo, con l’enciclica Laudato si’.

In quest’ultima papa Francesco aveva svolto la sua riflessione partendo da un punto di vista antropologico, di cui l’ecologia era una declinazione. Scriveva infatti Francesco che «dire “creazione” è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato».


Sulla scorta del magistero e dei Papi che lo avevano preceduto, Bergoglio aveva chiarito che l’origine di tutti i mali era la presunzione dell’uomo-creatura di credersi dio e dunque di concepirsi padrone e non custode della natura. Era questo l’errore che lo portava a non rispettare l’ambiente e le altre persone, “scartandole” (gli anziani, l’aborto).

Dunque si parlava di ecologia secondo una prospettiva “integrale”, non parziale.

«L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una “ecologia dell’uomo” perché “anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”».

Si discuteva di ecologia non limitandosi ai soli aspetti ambientali o all’inquinamento, ma con una visuale più ampia. Infatti, appena dopo il passo citato, si aggiungeva:

«Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di “cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”» (155).

«Uno scioccante peccato strutturale»

In Laudate Deum il richiamo a guardare al tema ecologico in una prospettiva “integrale” si affievolisce fino a scomparire. L’esortazione è chiaramente – e in maniera rivendicata – un testo di parte, come si comprende anche dai testimoni che sono stati chiamati in Vaticano ad illustrarla: Carlo Petrini, Jonathan Safran Foer, Giorgio Parisi, Vandana Shiva e Luisa-Marie Neubauer, leader tedesca di “Fridays for Future”.

Si parla del cambiamento climatico come di un dato inoppugnabile, così come è incontestabile che esso sia causato dall’uomo (di più: lo si descrive come «un esempio scioccante di peccato strutturale»). I segni di tale cambiamento sono «evidenti», sebbene si cerchi di «negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli». Molto duro, fin quasi al dileggio, è il giudizio su chi osi contestare tale evidenza basandosi su «dati presumibilmente scientifici». Obiezioni che sono presenti anche all’interno del mondo cattolico e che sono liquidate come «sprezzanti e irragionevoli».

I gruppi radicalizzati

Il testo si apre con una citazione di san Francesco e si chiude con qualche altro riferimento biblico, ma per il resto si limita a citare come fonti i documenti dell’Onu per dimostrare la disastrosa realtà della «crescita accelerata delle emissioni di gas serra» o la scomparsa dei ghiacci.

L’esortazione è infarcita di espressioni che segnano la gravità del momento: siamo a un «punto di non ritorno», «un punto di svolta», «si arriva sempre troppo tardi». È il linguaggio tipico di tante associazioni ambientaliste verso cui il Pontefice si mostra assai benevolo:

«Attirano spesso l’attenzione, in occasione delle Conferenze sul clima, le azioni di gruppi detti “radicalizzati”. In realtà, essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli». (58)

Utopia e ragionevolezza

Tutta l’esortazione è percorsa da una pesante sfiducia nel progresso, nel denaro e persino nella meritocrazia. Soprattutto, è attraversata da una forte condanna dei “paesi ricchi”, che non fanno abbastanza per combattere il cambiamento climatico e che inquinano (l’unico caso citato è quello «degli Stati Uniti le cui emissioni pro capite sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei Paesi più poveri». Detto tra parentesi: è la sola volta che nel testo appare la parola “Cina”).

Papa Francesco concede che «alcune diagnosi apocalittiche» sembrino spesso «irragionevoli o non sufficientemente fondate», tuttavia «ciò non dovrebbe indurci a ignorare che la possibilità di raggiungere un punto di svolta è reale». Per questo il Pontefice «sogna» che la Cop28 a Dubai possa portare a «una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente».

Il testo non parla di ecoansia, ma la fa venire e, postulando come incontrovertibili delle verità su cui il mondo scientifico ancora dibatte, non si apre a un confronto, ma solo all’indicazione di un unico comportamento ecologicamente (e quindi eticamente) corretto.

Tuttavia, dato che le prospettive indicate finora dal mondo ambientalista si sono rivelate irrealizzabili in tempi brevi e irrealistiche senza controindicazioni socialmente gravose, resta da chiedersi come tale visione possa tradursi in realtà. Senza fiducia nella ragionevolezza umana di trovare soluzioni praticabili resta solo lo slancio utopico che finisce, prima o poi, col guastarsi in visioni catastrofiste.

E passa così in secondo piano l’originalità della proposta di un'”ecologica integrale”.

 

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