L’esortazione apostolica sceglie di parlare di cambiamenti climatici, gas serra, ghiacci e Cop28 secondo la prospettiva ambientalista
L’esortazione apostolica Laudate Deum, resa pubblica il giorno
di san Francesco, si pone in continuità, otto anni dopo, con l’enciclica Laudato
si’.
In quest’ultima papa Francesco aveva svolto la sua riflessione partendo da un punto di vista antropologico, di cui l’ecologia era una declinazione. Scriveva infatti Francesco che «dire “creazione” è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato».
Sulla scorta del magistero e dei Papi che lo avevano preceduto, Bergoglio
aveva chiarito che l’origine di tutti i mali era la presunzione
dell’uomo-creatura di credersi dio e dunque di concepirsi padrone e non custode
della natura. Era questo l’errore che lo portava a non rispettare l’ambiente e
le altre persone, “scartandole” (gli anziani, l’aborto).
Dunque si parlava di ecologia secondo una prospettiva “integrale”, non
parziale.
«L’ecologia umana implica
anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere
umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione
indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto
XVI che esiste una “ecologia dell’uomo” perché “anche l’uomo possiede una
natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”».
Si discuteva di ecologia non limitandosi ai soli aspetti ambientali o
all’inquinamento, ma con una visuale più ampia. Infatti, appena dopo il passo
citato, si aggiungeva:
«Imparare ad accogliere il
proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale
per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua
femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi
nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con
gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e
arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda
di “cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”»
(155).
«Uno scioccante peccato
strutturale»
In Laudate Deum il
richiamo a guardare al tema ecologico in una prospettiva “integrale” si
affievolisce fino a scomparire. L’esortazione è chiaramente – e in maniera rivendicata – un testo di
parte, come si comprende anche dai testimoni che sono stati chiamati in
Vaticano ad illustrarla: Carlo Petrini, Jonathan Safran Foer, Giorgio Parisi,
Vandana Shiva e Luisa-Marie Neubauer, leader tedesca di “Fridays for Future”.
Si parla del cambiamento climatico come di un dato inoppugnabile, così come
è incontestabile che esso sia causato dall’uomo (di più: lo si descrive come «un
esempio scioccante di peccato
strutturale»). I segni di tale cambiamento sono «evidenti», sebbene si
cerchi di «negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli». Molto duro,
fin quasi al dileggio, è il giudizio su chi osi contestare tale evidenza
basandosi su «dati presumibilmente scientifici». Obiezioni che sono presenti
anche all’interno del mondo cattolico e che sono liquidate come «sprezzanti e
irragionevoli».
I gruppi radicalizzati
Il testo si apre con una citazione di san Francesco e si chiude con qualche
altro riferimento biblico, ma per il resto si limita a citare come fonti i documenti dell’Onu per
dimostrare la disastrosa realtà della «crescita accelerata delle emissioni di
gas serra» o la scomparsa dei ghiacci.
L’esortazione è infarcita di espressioni che segnano la gravità del
momento: siamo a un «punto di non ritorno», «un punto di svolta», «si arriva
sempre troppo tardi». È il linguaggio
tipico di tante associazioni ambientaliste verso cui il Pontefice si mostra
assai benevolo:
«Attirano spesso l’attenzione, in occasione delle Conferenze sul clima, le
azioni di gruppi detti “radicalizzati”. In realtà, essi occupano un vuoto della
società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché
spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli».
(58)
Utopia e ragionevolezza
Tutta l’esortazione è percorsa da una pesante sfiducia nel progresso, nel denaro e persino nella meritocrazia. Soprattutto, è attraversata da una forte condanna dei “paesi ricchi”, che non fanno abbastanza per combattere il cambiamento climatico e che inquinano (l’unico caso citato è quello «degli Stati Uniti le cui emissioni pro capite sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei Paesi più poveri». Detto tra parentesi: è la sola volta che nel testo appare la parola “Cina”).
Papa Francesco concede che «alcune diagnosi apocalittiche» sembrino spesso
«irragionevoli o non sufficientemente fondate», tuttavia «ciò non dovrebbe
indurci a ignorare che la possibilità di raggiungere un punto di svolta è
reale». Per questo il Pontefice «sogna» che la Cop28 a Dubai possa portare a
«una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci
che possano essere monitorati in modo permanente».
Il testo non parla di ecoansia, ma la fa venire e, postulando come
incontrovertibili delle verità su cui il mondo scientifico ancora dibatte, non si
apre a un confronto, ma solo all’indicazione di un unico comportamento
ecologicamente (e quindi eticamente) corretto.
Tuttavia, dato che le prospettive indicate finora dal mondo ambientalista
si sono rivelate irrealizzabili in tempi brevi e irrealistiche senza
controindicazioni socialmente gravose, resta da chiedersi come tale visione
possa tradursi in realtà. Senza fiducia nella ragionevolezza umana di trovare
soluzioni praticabili resta solo lo slancio utopico che finisce, prima o poi,
col guastarsi in visioni catastrofiste.
E passa così in secondo piano l’originalità della proposta di un'”ecologica
integrale”.
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