Eccessivo controllo dei media, riforma della giustizia, scandali e aborto. Gli elettori “puniscono” il PiS, ma l’eterogenea coalizione guidata da Tusk non avrà vita facile (e non dirà sempre “sì” all’Ue)
Nelle elezioni polacche succede quello che è successo nelle elezioni spagnole: il partito che ha raccolto più voti non governerà il paese, ma finirà all’opposizione. Il fatto di avere raccolto otto punti percentuali in meno rispetto alle precedenti elezioni (35,38 per cento anziché 43,59 per cento) e nessun premio di maggioranza rispetto al 2019 fanno sì che Diritto e giustizia (PiS), il partito del premier uscente Mateusz Morawiecki, non appaia più in grado di governare da solo come nella legislatura appena conclusa, e nemmeno di trovare dei partner per un governo di coalizione, anche se il leader Jaroslaw Kaczynski nel suo primo discorso dopo il voto ha lasciato intendere che nulla sarà lasciato intentato.Tuttavia, con la
maggioranza della Camera a 231 seggi, un’alleanza con l’estrema destra
rappresentata da Konfederacja non rappresenta una soluzione: sia perché il
partito ultraliberista ottiene soltanto 18 deputati, sia perché per tutta la
campagna elettorale ha dichiarato che non si alleerà né col PiS né con le altre
forze della (fino a ieri) opposizione. L’altro potenziale partner, il Partito
popolare polacco erede del Partito dei contadini (il più antico partito polacco
fra quelli oggi esistenti) che si è presentato alle elezioni con la coalizione
chiamata Terza Via, ha respinto vigorosamente le avance di alcuni esponenti di
Diritto e giustizia. Che perde oltre 40 seggi rispetto a quattro anni fa (194
contro 235).
Un governo che andrà dal centrodestra alla sinistra
Il presidente Andrzej Duda offrirà probabilmente l’incarico a Morawiecki in quanto primo ministro uscente ed esponente del partito che ha comunque ottenuto la maggioranza relativa, ma verosimilmente il suo mandato esplorativo si concluderà alla stessa maniera di quello di Alberto Núñez Feijóo in Spagna. Dopodiché la palla passerà a Donald Tusk, leader di Piattaforma civica (Ko), il cui partito è cresciuto sia nel risultato complessivo (30,7 per cento contro il 27,4 del 2019) sia in seggi, che saranno 157 invece che 134 come nel vecchio parlamento.Altra somiglianza della situazione polacca con la vicenda elettorale spagnola è che anche qui il leader del secondo partito più votato per poter governare dovrà mettere insieme una maggioranza eteroclita.
Piattaforma civica si
presenta come partito di centrodestra ed è affiliata al Partito popolare
europeo (Ppe), ma in realtà è un partito di centrosinistra con un programma
decisamente laicista; i potenziali partner di governo sono i centristi di Terza
Via, che è una coalizione fra il già citato Partito popolare polacco e la nuova
formazione Polonia 2050 (che aderisce a Renew Europe, il gruppo politico
liberale europeo egemonizzato dal partito di Emmanuel Macron e al quale
prendono parte gli italiani Azione e Italia viva) e Lewica, cioè la sinistra
polacca, quella dai cui ambienti sono state lanciate le accuse di copertura di
preti pedofili contro Giovanni Paolo II e che ha definito la beatificazione della famiglia Ulma,
massacrata nel 1944 dai nazisti per avere nascosto ebrei perseguitati, una manovra
della Chiesa cattolica per convogliare voti sul PiS.
La volontà degli elettori polacchi è chiara
Nonostante le
differenze ideologiche e dei programmi il governo tripartito di coalizione (che
avrà una maggioranza di 248 seggi) si farà, perché esprime la volontà
maggioritaria degli elettori che si sono recati alle urne in una percentuale
record (74 per cento, la più alta di sempre, superiore persino a quella delle
prime elezioni libere dopo la fine del comunismo) di mandare all’opposizione il
PiS che ha governato per otto anni di seguito il paese e di porre fine ai
contenziosi con l’Unione Europea, accumulatisi negli anni di governo del
partito di destra.
A causare la netta
sconfitta della formazione guidata da Jaroslaw Kaczynski non è stata certamente
la performance economica del paese: negli ultimi otto anni la Polonia ha avuto
una crescita media annua del Pil prossima al 5 per cento, proseguendo e
migliorando un trend positivo che dura dal 1993. Né le generose politiche
sociali di sostegno e sovvenzioni alle famiglie e ai ceti svantaggiati, che il
nuovo governo si guarderà bene dal ridimensionare.
Gli errori del governo uscente, dai media all’aborto
La società polacca si
è notevolmente secolarizzata negli ultimi due decenni, caratterizzati da un
aumento dei consumi e da stili di vita materialisti, e in tutti i sondaggi la
maggioranza dei polacchi risulta favorevole a legislazioni abortiste più
permissive di quella che è uscita dalla sentenza della Corte costituzionale.
L’aborto è questione che divide anche la potenziale nuova maggioranza di
governo: mentre Terza Via è favorevole al semplice ripristino della legge
esistente prima dell’intervento della Corte costituzionale e a demandare
eventuali cambiamenti a referendum popolari, Piattaforma civica e Lewica
vorrebbero introdurre l’aborto libero nelle prime dodici settimane di
gestazione.
Sono inoltre
favorevoli ad abolire l’insegnamento della religione cattolica a carico dello
Stato nelle scuole dell’obbligo, altra prospettiva che non trova d’accordo
tutti gli eletti di Terza Via. Più facile l’accordo sull’introduzione delle
unioni civili fra persone dello stesso sesso e sulla fecondazione assistita a
carico del Servizio sanitario nazionale: due punti su cui il PiS, votato dalla
maggioranza dei cattolici polacchi, aveva tenuto duro.
Ma il nuovo governo in Polonia non avrà vita facile
La coalizione del
governo entrante tuttavia non avrà vita facile almeno nei prossimi due anni: in
base alla costituzione vigente il capo dello Stato può mettere il veto alle
leggi approvate dal parlamento con meno dei tre quinti dei voti, e l’attuale
presidente, Andrzej Duda, è esponente del PiS e sarà in carica fino all’estate
del 2025. Il tripartito Ko-Terza Via-Lewica non dispone di tale maggioranza
qualificata. Dovrà inoltre vedersela con una Corte costituzionale in quota al
vecchio governo, incline a dichiarare incostituzionali le leggi del nuovo
esecutivo.
Un bilancio
approfondito delle ragioni che hanno portato la destra polacca alla sconfitta
richiederà tempo. Il PiS si è trovato di fronte al problema comune a tutti i
governi conservatori del continente, cioè l’ostruzionismo di una magistratura e
di una Corte costituzionale egemonizzate dalla sinistra sia in termini politici
che culturali, che bocciano puntualmente le leggi frutto di una visione
conservatrice della società in nome di una lettura individualista dei diritti e
di un appiattimento sulla giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Ha
cercato di risolvere il problema prendendo il controllo politico del sistema,
ma la cosa non ha funzionato né a livello dei rapporti con la Ue né con l’opinione
pubblica nazionale, che vi ha visto una svolta autoritaria.
Il progetto fallito di emanciparsi dalla Germania
Anche l’ambizioso
progetto di emancipare il paese dalla dipendenza politica ed economica della
Germania appare fallito. I polacchi sono consapevoli della subalternità dello
sviluppo del paese alle strategie politico-economiche della Germania. A chi li
accusa di egoismo, perché si permettono di obiettare a certe richieste della Ue
pur avendo incassato volentieri dalla stessa fondi strutturali per 232 miliardi
di euro fra il 2004 e il 2022 (avendone versati al bilancio europeo nello
stesso periodo solo 77), i polacchi rispondono che quei soldi sono certamente
serviti allo sviluppo della Polonia, ma ancora di più a quello della Germania e
di altri paesi dell’Europa occidentale.
Fra il 2010 e il 2016
la Polonia ha ricevuto fondi europei pari al 2,7 per cento del proprio Pil, ma
nello stesso tempo una cifra pari al 4,7 per cento del Pil polacco ha preso la
strada della Germania e di altri paesi sotto forma di profitti degli
investimenti. I fondi europei sono serviti a sviluppare le infrastrutture dei
trasporti polacche, ma anzitutto le autostrade est-ovest verso la Germania, non
quelle sud-nord che avrebbero valorizzato i porti polacchi per l’export internazionale.
Bruxelles non si illuda troppo sulla “nuova” Polonia
I risultati delle
elezioni dicono che la maggioranza dei polacchi preferisce continuare ad
accrescere il proprio tenore di vita dentro a un rapporto di subalternità con
la Germania anziché cercando di sfidarla per diventare suoi competitor. Ma
attenzione: a Bruxelles festeggiano il ritorno della Polonia all’ovile europeo
un po’ troppo frettolosamente.
Sui “diritti Lgbt” e
sulla magistratura l’eventuale governo Tusk si allineerà al mainstream del
pensiero unico europeo, ma su altre materie di rilievo non si discosterà dalle
decisioni del precedente esecutivo. Se a Bruxelles pensano che la “nuova”
Polonia aprirà le porte alla redistribuzione dei migranti richiedenti asilo e
toglierà il blocco all’importazione dei prodotti agricoli ucraini, si sbagliano
di grosso. Su queste materie, che toccano da vicino l’elettorato, il braccio di
ferro fra Varsavia e Bruxelles proseguirà. Sono polacchi, non sono stupidi.
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