A un anno e mezzo dalle prime lezioni di paternità del cantautore, il Corriere pubblica il sequel: la separazione è la panacea dei figli condannati all'«infelicità» da genitori che hanno fatto la «scelta all'antica» di restare insieme.
Tiziano Ferro con il marito Victor Allen |
«Il divorzio dopo 7 anni per salvare i miei figli», «Credo nell’amore e per
questo mi separo», «Non posso portare i bambini in Italia»: Tiziano Ferro è un
ragazzo confuso. Un divorziato da venti milioni di dischi in carne e ossa, mica
come quelli dello spot Esselunga, e pure gay e icona Lgbt, con due bambini
piccoli a casa e un libro in uscita per Mondadori: si capisce che il Corriere lo incensi quale
guru à la Saviano su la qualunque.
Il fatto è che l’intelligenza media di un lettore proprio non merita tutta
questa melassa sul divorzio che fa bene ai bambini. Il divorzio di
un signore che nel 2022, appena ricevute “due telefonate” e due piccoli in
braccio, ha avuto subito da tenere lezioni di paternità quale «il più alto
degli onori, il più impegnativo degli oneri» e nel 2023 di paternità quale pura
«mancanza di conflitto». Gliel’ha
confermato anche una amica vedendo i bambini che ora vivono soprattutto con lui
a Los Angeles: «Parlavamo del divorzio e mi ha detto: “Vedendo te e i bimbi, ho
avuto tutte le risposte, mentre corrono e ballano, vedo luce, gioia,
felicità”».
Pronto, chi parla? Tiziano Ferro
padre o figlio?
E così, dopo un solo anno e mezzo di paternità e un’estate di separazione,
Ferro è lì in prima pagina a dimostrare che la vita non è una pubblicità e che i figli non soffrono per la
separazione dei genitori, tutto sta nel «fare un passo indietro», «tenerli lontani dai
conflitti». Per esempio i suoi – due anni e un anno e mezzo – cantano e
ballano Mamma Maria dei Ricchi e i Poveri, «ridono da mattina
a sera, giocano, si rincorrono, sono curiosi, interessati a tutto». E
commuovono, a differenza dei figli di madri e padri indegni della categoria di
divorzisti: «C’è chi non affronta i problemi e fa scelte all’antica trascinando
situazioni che possono diventare tossiche non solo per lui, ma per i figli»,
«Io appartengo a una generazione i cui genitori non si sono lasciati per il
“bene dei figli”, ma creando in realtà solo scompensi, facendo respirare
infelicità ai bambini», «Io e Victor ci siamo rivolti a degli specialisti
affinché ci aiutassero coi bambini e la prima e unica cosa che ci hanno detto è
stata: teneteli lontani dai conflitti», «evitando di coinvolgerli nei dissidi
degli adulti», «molti genitori se ne dimenticano, non rendendosi conto che la
loro infelicità diventa l’infelicità dei loro figli», «molti della mia
generazione hanno avuto padri e madri incapaci di farli sentire amati e quindi
sono cresciuti poco avvezzi ai codici dell’amore». Pronto, chi parla? Tiziano
padre o Tiziano figlio?
Manca solo che il divorzio curi
la cellulite
Tiziano Ferro è un ragazzo confuso, per il Corriere un
guru che «rompe un tabù molto italiano: scrive che non è obbligatorio amare i
propri genitori», parla di figli come piante che, cresciute nel giusto humus (la
sua felicità), verranno altrettanto felici, dice che un amore finito non
diventerà «un cattivo incantesimo su di me fino a precludermi ogni altro
amore», crede nell’amore “per sempre” «così tanto che mi separo. Anche il
divorzio fa parte della fede nell’amore», «Se non mi separassi, significherebbe
che non do importanza all’amore», spiega che nel momento in cui s’è avviato al
divorzio, «nel momento in cui ho trovato la voce per uscire da quel limbo
doloroso», anche il polipo alla corde vocali «è regredito» .
Manca solo che il divorzio curi la cellulite, ma ai lettori di sana e
robusta costituzione e coscienza liberale che dovrebbe importare? Non ha
insegnato loro, la stampa molto progressivamente aggiornata, “che v’importa di, con chi e come la gente si sposa e fa figli, famiglia è dove c’è amore mica
dio, patria famiglia”? E perché fare di un very normal unhappy ending di una
coppia omosessuale un caso se nemmeno racchiude una storia di ordinaria
persecuzione antiarcobaleno?
Lo spot di Esselunga, la
pubblicità a Tiziano Ferro
Dopo una annata a lamentarsi del fatto che il marito Victor non sarebbe
comparso sul passaporto italiano dei figli Tiziano Ferro ora sostiene che la
sua frase postata su Instagram “Non posso portare i miei figli in Italia” abbia
«scatenato gli odiatori seriali e ha dato pane ai cretini», dal momento che
«non poter partire coi bimbi è dovuto non alle leggi italiane, ma a un
tecnicismo noioso e fastidioso: avendo un divorzio in corso, non posso lasciare
lo Stato della California coi miei figli». Come se a titolare sui “figli in
ostaggio”, “ecco perché” non fosse stata la Stampa («la
frase di Ferro, sicuramente inserita con consapevolezza, potrebbe voler dire di
più, un voler riaccendere la luce sui diritti limitati che in Italia hanno i
bambini di genitori dello stesso sesso»), o Repubblica («In Italia non
c’è una legge che tuteli i figli nati da coppie dello stesso sesso», «Per non
parlare del fatto che da quando è in carica, il governo ha usato questo tema,
delicato e divisivo, come passpartout per attaccare i diritti di molte altre
minoranze»).
Come se non l’avesse fatto anche il Corriere stesso in
prima pagina: “Tiziano Ferro. Non posso portare i bambini in Italia”. Non può
farlo, ma può giocare sull’equivoco, dargliele sode al governo esselunghista,
pontificare sul bene dei figli e scatenare i retrivi odiatori delle unioni usa
e getta, una strategia affatto confusa. Resta una sola domanda: se usare un
divorzio eterosessuale per vendere una pesca al supermercato in uno spot è una
vergogna, usare un divorzio gay per promuovere un libro sul primo giornale
d’Italia come si chiama?
TRATTO DA TEMPI
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