SI PUÒ DIRE “PACE A VOI” ANCHE
QUANDO C’È UNA GUERRA?
COSÌ ATTORNO A UN MOSAICO E A UNA
SUA RIPROPOSIZIONE CONTEMPORANEA A BETLEMME SONO NATI UN’ASSOCIAZIONE E UN MOVIMENTO DI POPOLO
CHE STANNO RIDANDO SPERANZA ALLE COMUNITÀ CRISTIANE PALESTINESI E PROIETTANDO
LUCE SU TUTTE LE POPOLAZIONI DELLA TERRA SANTA
Rodolfo Casadei
Tempi 27 agosto 24
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Il mosaico ritrovato della Basilica di Betlemme |
In uno dei
transetti della Basilica della Natività a Betlemme, fra i 130 metri quadrati di
mosaici parietali recuperati sui 2.000 originari grazie a un prodigioso lavoro
di restauro tutto italiano, ce n’è uno che ritrae la seconda apparizione di
Gesù nel cenacolo, quella in cui
l’apostolo Tommaso mette la mano nella ferita
del costato. Gli apostoli mostrano espressioni fra il triste e lo spaventato.
Nessuno di loro appare aureolato. Tuttavia l’ingresso della porta sprangata che
Cristo ha attraversato è sormontata dalla scritta “Pax Vobis”, che è la
traduzione latina del saluto che Gesù rivolge agli apostoli ogni volta che
appare loro dopo la resurrezione.
Il mosaico di Betlemme e il
quadro di Vignazia
Il mosaico infatti
è stato realizzato a metà del XII secolo, al tempo del regno crociato di
Gerusalemme, commissionato dall’imperatore di Bisanzio Manuele Comneno, dal re
di Gerusalemme Amalrico I e dal vescovo latino di Betlemme Raoul. Come tutti
gli altri, dopo secoli di degrado, trascuratezza e danneggiamenti, è tornato
visibile grazie al certosino lavoro di restauro condotto fra il 2013 e il 2020 dalla
ditta Piacenti, grazie a finanziamenti provenienti soprattutto da Italia,
Francia, Ungheria, Santa Sede, Russia, Spagna, Grecia, Polonia e Autorità
nazionale palestinese. Ebbene, durante la Quaresima del 2024 attorno a questo mosaico e a una sua riproposizione
in chiave contemporanea in un dipinto dell’artista forlivese Franco Vignazia è
nato un movimento di popolo, un apostolato, un’associazione che è piuttosto
un’opera, che stanno ridando speranza alle comunità cristiane palestinesi e
proiettando luce su tutte le popolazioni della Terra Santa.
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Vignazia "Pax Vobis" |
Quei cristiani palestinesi
terrorizzati
La storia comincia
nel febbraio scorso, quando Ettore
Soranzo, ingegnere che al servizio della Custodia di Terra Santa ha
trascorso 22 anni della sua vita fra Nazareth, Gerusalemme e Betlemme, decide
di tornare sul posto per rincuorare gli amici cristiani palestinesi
terrorizzati da tutto quello che sta succedendo a seguito dei fatti del 7
ottobre 2023. La coraggiosa e benintenzionata missione non si conclude nel
migliore dei modi: «Non sono riuscito a dire praticamente nulla. Ero tramortito
dal loro dolore e dalla loro paura. Li ho ascoltati con partecipazione, ma non
ho potuto offrire loro una speranza», racconta Soranzo. «Mi sono confrontato
con l’amico Enrico Tiozzo, che non
era per nulla rassegnato al mio mutismo: ‘‘Devi dirgli quello che il loro cuore
attende e desidera. Devi dirgli ‘donna, non piangere’’’. Niente da fare. Ero
bloccato».
Tiozzo è il
fondatore della rete nazionale di realtà sociali Santa Caterina da
Siena e di un’omonima confraternita, che operano anche
in Terra Santa con vari progetti. Al ritorno di Soranzo i due fanno insieme memoria di
quello che hanno contemplato nella Basilica della Natività restaurata. Nel
mosaico con Tommaso e la scritta Pax Vobis scoprono
il segno che rinnova la speranza in chi lo guardi con gli occhi della fede.
Chiedono all’amico pittore Vignazia di dipingere un Gesù che entra nel cenacolo
e incontra apostoli e discepoli che hanno il volto dei loro amici cristiani
betlemiti: Hiba, Wafa, Suzy, Lina, Jeries, ecc.
“Pace a voi!”
Dal quadro ricavano
300 stampe double face 60 cm per 20, recanti sotto all’immagine il testo in
italiano e in inglese di Giovanni 20,
19-23: «La sera di quel giorno, il
primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano
i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro:
‘‘Pace a voi!’’. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli
gioirono a vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: ‘‘Pace a voi! Come il
Padre ha mandato me, anche io mando voi’’. Detto questo soffiò e disse loro:
‘‘Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno
perdonati, a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati’’». |
La stampa col Vangelo di Giovanni |
È il brano che precede
quello dell’incontro con Tommaso. «L’analogia fra la paura e la tristezza degli
apostoli ritratti nel mosaico, timorosi della reazione dei Giudei, e la
condizione odierna dei cristiani betlemiti balza agli occhi», spiega Tiozzo.
«Ma Gesù dice: ‘‘Pace a voi!’’. Questo significa che è possibile vivere nella
pace anche nel mezzo di una guerra. Anzi: Cristo ci chiede di uscire e di
perdonare, ci chiede di portare la sua pace a tutti!».
«Dovevamo raccontarlo a tutta la
Palestina»
Nel mese di marzo, mentre il conflitto a Gaza infuria, i
due italiani scendono nuovamente e portano in dono agli amici di Betlemme i 300
poster. Quello che segue è al di là di ogni immaginazione. Jeries è un alto dirigente del ministero del Turismo e
dell’Archeologia dell’Autorità nazionale palestinese:
«I nostri amici
italiani sono venuti con un grande dono: ci hanno aperto gli occhi su una cosa
che credevamo di conoscere e che invece non avevamo capito. Ci hanno fatto
ricordare che Gesù dà la pace, che dopo il buio torna la luce, che Cristo dice
‘‘pace a voi’’ anche quando c’è una guerra. Hanno fatto rinascere il coraggio
in noi. Il loro coraggio che ci ha aperto gli occhi sul messaggio di Dio ci ha
messi in movimento: la storia non doveva finire lì, dovevamo raccontarla in
tutta la Palestina, anzi dovevamo raccontarla in tutto il mondo! Abbiamo voluto
incontrare gli scout (che sono la più grande realtà organizzativa della società
civile nel mondo palestinese, e Jeries è presidente degli scout di Beit Sahour
– ndr), gli studenti delle scuole e quelli universitari, gli anziani delle case
di riposo.
A tutti abbiamo voluto annunciare che la pace era
già e sarà ancora con noi!
Quest’anno a causa della guerra la Chiesa greco-ortodossa, di cui faccio parte,
non ha festeggiato come si fa di solito la Pasqua; si è deciso di fare, oltre
al momento liturgico, solo una serata di canti. Io dovevo introdurre il
concerto, c’erano mille persone presenti e altre 50 mila in collegamento. Ho
colto l’occasione per proporre a tutti il messaggio del mosaico della Basilica
della Natività. Poi io stesso ho scritto un libretto in arabo da distribuire a
tutte le associazioni».
La sparatoria e la pace
Wafa, moglie di Jeries, è assistente sociale presso il Caritas Baby
Hospital di Betlemme e ora è anche la presidente di Living Stones,
l’associazione che si è formata in conseguenza degli incontri di diffusione del
messaggio del mosaico della basilica e del dipinto di Franco Vignazia.
«Prima di vedere e
ricevere in dono le riproduzioni del quadro di Franco eravamo terrorizzati,
molti di noi volevano emigrare, avevamo paura per i nostri figli (Wafa ha tre
figlie – ndr). Dopo aver ascoltato Ettore ed Enrico abbiamo deciso di uscire a
portare la luce agli altri, a condividere la storia che ci era stata
raccontata. Abbiamo sfruttato un progetto già in essere finanziato da Regione
Emilia-Romagna, Pro Terra Sancta e Confraternita Santa Caterina per stampare
centinaia di grandi cartoline che riproducono per un verso il mosaico della
Basilica della Natività, e per l’altro il quadro di Franco Vignazia. Le abbiamo
distribuite nel corso dei nostri incontri con gli scout, gli ospiti delle case
di riposo, gli studenti delle scuole e dell’università di Betlemme. Sono
successe cose bellissime. La sera stessa di una presentazione agli scout più
piccoli c’è stata una sparatoria. Il giorno dopo ho incontrato una ragazzina
della serata che mi ha detto: ‘‘Wafa, ieri sera quando hanno cominciato a
sparare io tenevo stretti fra le mani un’immagine di Gesù e un rosario, e
intanto pensavo alle parole che tu ci avevi detto sulla pace di Cristo. La mia
paura se n’è andata ed ero contenta!’’. All’ospizio Sant’Antonio c’era un omone
che ci guardava in modo ostile per tutto il tempo della presentazione. Alla
fine mi ha chiesto di avvicinarmi, e io con un po’ di timore mi sono
approssimata a lui. ‘‘Io non sono veramente credente’’, mi ha detto, ‘‘ma dopo
quello che ci hai raccontato oggi e conoscendo quello che state facendo devo un
po’ ripensarci’’. La direttrice mi ha detto: ‘‘Non avevo mai visto i nostri
anziani così attenti, e in particolare quel signore che ha voluto parlare con
te: lui non dà mai retta a nessuno!’’».
Pietre vive
Ricaduta
dell’apostolato del ‘‘Pace a voi!’’ è anche un elaborato di studenti di
archeologia dell’Università di Betlemme sul monachesimo. Racconta Wafa:
«Insieme a Daniela Massari, docente
dell’università, abbiamo invitato una decina di studenti universitari di
villaggi intorno a Betlemme, quasi tutti musulmani, a visitare il mosaico
dentro alla basilica, spiegando il suo significato nello stesso modo in cui lo
facevamo con tutti. Loro che hanno competenze strettamente storiche e
archeologiche hanno cominciato a fare domande sulla persona di Gesù e su cosa
fossero i monaci, perché Daniela li aveva portati a visitare i resti di un
antico monastero nella zona del Campo della Stella. Alla fine si è deciso che
facessero un elaborato audiovisuale sul monachesimo. Per facilitare la
comunicazione si sono create due figure virtuali, quella del monaco Elias e
quella del bambino Majd che gli fa tante domande». L’elaborato è diventato un
podcast (in arabo, naturalmente) che si può ascoltare su Spotify.
«Tutti i progetti
finiscono, ma questa cosa che stiamo facendo è più di un progetto e non deve
finire», conclude Wafa. «Per questo abbiamo creato l’associazione Living Stones, che è stata ufficialmente
riconosciuta e registrata dall’Autorità nazionale palestinese (fatto
decisamente inusuale – ndr). Ma
siamo molto più di un’associazione, siamo un’opera che intende rispondere alla
sete di speranza e di parola di Dio che è in ogni essere umano. Che intende
ricordare ai cristiani di Terra Santa che qui sono le loro radici e qui devono
restare. Perché i pellegrini possano incontrare non solo le pietre dei
luoghi santi, ma le pietre viventi che siamo noi cristiani di Terra Santa.
Grazie all’aiuto dei nostri amici». |
L'associazione LIVING STONES a Rimini http://www.gelminipopoliterrasanta.org/2024/05/14/living-stones-di-betlemme-a-rimini/
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