STEFANO FONTANA
MicroMega, diretta da Paolo Flores D’Arcais, come si sa, è la rivista di punta della sinistra italiana. Essa parla a nome di un intero mondo culturale e politico e, in molti casi, ne traccia le linee culturali e operative. Il numero attualmente in uscita (4/2024) lo fa a proposito della famiglia, dando precise indicazioni per una società post-familiare. Il titolo del fascicolo è molto chiaro: Contro la famiglia. Critica di un’istituzione (anti)sociale.
La chiarezza è sempre un fatto positivo, perché permette a tutti di posizionarsi consapevolmente. Dobbiamo quindi sapere che la cultura della sinistra non vuole più la famiglia e pensa ad una società priva di essa. Ne trarremo le conseguenze?
Tutti i 17 contributi vogliono dimostrare che la famiglia non produce socialità, ma la corrode e la impedisce. Prima di tutto si dice che la famiglia è luogo di violenza e di oppressione: i bambini imparano lì le gerarchie e i ruoli sociali di genere e introitano il conformismo. Nella famiglia molte sono le vittime di abusi e i membri vengono educati all’omertà, alla fedeltà clanica, alla subordinazione. Verso la società ampiamente intesa, le famiglie agiscono come mondi chiusi e trasferiscono le proprie logiche nella società,colonizzandola: la scuola oggi è una guerra tra genitori e insegnanti. La famiglia favorisce e perpetua le disuguaglianze sociali ed economiche mediante i patrimoni che vengono trasferiti ereditariamente, mediante le reti delle relazioni familistiche che favoriscono alcuni rampolli a svantaggio di altri, mediante le possibilità di istruzione che non tutte le famiglie hanno nella stessa misura. La famiglia, quindi, non produce mobilità sociale ma perpetua l’esistente, trasmettendo ai figli di domani gli stessi privilegi e svantaggi che ci sono oggi.
Sulla base di questa analisi, ecco poi le proposte.
Innanzitutto, secondo MicroMega,bisognerebbe non parlare più di “famiglia naturale” dato che tale famiglia non esiste perché non esiste la natura. Secondariamente si deve parlare di famiglia come “concentrato di convivenza”, come l’area delle “soluzioni dello stare insieme” che possono essere molto diverse tra loro. Bisogna anche superare il modello industriale italiano composto in gran parte da piccole imprese dominate da un atteggiamento familistico. Il lavoro di cura bisognerebbe toglierlo alle famiglie per evitare la sua proiezione privatistica sui servizi pubblici. Si dovrebbe anche disciplinare in modo nuovo le successioni e le donazioni in vista di “un’eredità universale”.
Infine, un intervento
sulla scuola parentale la boccia completamente vedendola come atteggiamento
antisociale ed espressione del figlio inteso familisticamente come “proprietà”
dei genitori.
Tutte queste osservazioni e valutazioni sono evidentemente cieche di fronte alla realtà e proiettano su di essa la luce deformante di una ideologia preconfezionata. La messa in ridicolo del concetto di natura da parte di Telmo Piovani si fonda su una rozza visione naturalistica: l’antropologia culturale mostra molti tipi di famiglia ergo la famiglia naturale non esiste. Evidentemente egli non possiede il concetto filosofico corretto di “natura”. Anche altri autori utilizzano in modo ideologico l’antropologia culturale, parlando ad esempio dei Nuer del Sud Sudan che hanno superato la marginalità della donna che non poteva avere figli,inventandosi che essa può, in alternativa, comportarsi da uomo, diventare “marito” e “padre”.In tutto il fascicolo si dimentica che l’antropologia culturale non è una scienza normativa,essa dice eventualmente cosa c’è e non cosa ci deve essere, per cui deve essere sottoposta alla filosofia morale. Perfino gli animali vengono presi come norma del corretto comportamento “naturale” umano, a cominciare dai pinguini che frequentemente sarebbero omosessuali.
Il più grande errore di impostazione è però un altro: indicare eventuali disfunzioni della famiglia – a cominciare dalla violenza in casa – come conseguenza della famiglia naturale,mentre sono conseguenza della sua distruzione sistematica. È qui che l’ideologia di MicroMega si mostra perversa nel rovesciamento della realtà. L’impresa familiare, che realizza nel modo migliore il rapporto tra famiglia e lavoro e che è giustamente un vanto del nostro Paese, allora deve essere eliminata. Il lavoro di cura di chi è in difficoltà bisogna affidarlo completamente ai servizi sociali quando è ovvio che la migliore badante è colui che ci è più vicino nel nucleo familiare. Lo Stato dovrebbe collettivizzare i benefici dei trasferimenti ereditari e non i soggetti naturali quali sono appunti gli eredi. Dalla mancanza di realismo nascono sempre le utopie ossessive.
Se guardiamo in filigrana i provvedimenti suggeriti da MicroMega, ci accorgiamo che sono forme di neo-socialismo, di statalismo e centralismo, di indottrinamento politico dei cittadini dal centro, di sostegno ai grandi poteri economici, di sradicamento e di collettivizzazione. Ossia riduzione degli spazi di protagonismo, di responsabilità e di vera libertà.
Stefano Fontana
https://vanthuanobservatory.com/2024/09/05/una-societa-post-familiare-lutopia-di-micromega/
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