MA SPAZI DOVE DIO POSSA APRIRE STRADE DI LIBERTÀ E DI FRATERNITÀ
PAPA FRANCESCO
Piazza San Pietro Mercoledì, 28 agosto 2024
Mare e deserto.
Cari
fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi rimando
la consueta catechesi e desidero fermarmi con voi a pensare alle persone che –
anche in questo momento – stanno attraversando mari e deserti per raggiungere
una terra dove vivere in pace e sicurezza.Papa Francesco in Papua Nuova Guinea
Settembre 2024
Mare e deserto: queste
due parole ritornano in tante testimonianze che ricevo, sia da parte di
migranti, sia da persone che si impegnano per soccorrerli. E quando dico
“mare”, nel contesto delle migrazioni, intendo anche oceano, lago, fiume, tutte
le masse d’acqua insidiose che tanti fratelli e sorelle in ogni parte del mondo
sono costretti ad attraversare per raggiungere la loro meta. E “deserto” non è
solo quello di sabbia e dune, o quello roccioso, ma sono pure tutti quei
territori impervi e pericolosi, come le foreste, le giungle, le steppe dove i
migranti camminano da soli, abbandonati a sé stessi. Migranti, mare e deserto.
Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e
deserti, che per molte, troppe persone – troppe! –, risultano mortali. Per
questo oggi voglio soffermarmi su questo dramma, questo dolore. Alcune di
queste rotte le conosciamo meglio, perché stanno spesso sotto i riflettori;
altre, la maggior parte, sono poco note, ma non per questo meno battute.
Del
Mediterraneo ho parlato tante volte, perché sono Vescovo di Roma e perché è
emblematico: il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e
civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte
di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi
opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per
respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità,
è un peccato grave. Non dimentichiamo ciò che dice la Bibbia: «Non molesterai
il forestiero né lo opprimerai» (Es 22,20). L’orfano, la vedova e
lo straniero sono i poveri per eccellenza che Dio sempre difende e chiede di
difendere.
Anche alcuni
deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti. E pure qui spesso non si
tratta di morti “naturali”. No. A volte nel deserto ce li hanno portati e
abbandonati. Tutti conosciamo la foto della moglie e della figlia di Pato,
morte di fame e di sete nel deserto. Nell’epoca dei satelliti e dei droni, ci
sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere: li nascondono.
Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una crudeltà della nostra
civiltà.
In effetti,
il mare e il deserto sono anche luoghi biblici carichi di valore simbolico.
Sono scenari molto importanti nella storia dell’esodo, la grande migrazione del
popolo guidato da Dio mediante Mosè dall’Egitto alla Terra promessa. Questi
luoghi assistono al dramma della fuga del popolo, che scappa dall’oppressione e
dalla schiavitù. Sono luoghi di sofferenza, di paura, di disperazione, ma nello
stesso tempo sono luoghi di passaggio per la liberazione – e quanta gente passa
per i mari, i deserti per liberarsi, oggi –, sono luoghi di passaggio per il
riscatto, per raggiungere la libertà e il compimento delle promesse di Dio
(cfr Messaggio per la Giornata
Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2024).
C’è un Salmo
che, rivolgendosi al Signore, dice: «Sul mare la tua via / i tuoi sentieri
sulle grandi acque» (77,20). E un altro canta così: «Guidò il suo popolo nel
deserto, / perché il suo amore è per sempre» (136,16). Queste parole sante ci
dicono che, per accompagnare il popolo nel cammino della libertà, Dio stesso
attraversa il mare e il deserto; Dio non rimane a distanza, no, condivide il
dramma dei migranti, Dio è con loro, con i migranti, soffre con loro, con i
migranti, piange e spera con loro, con i migranti. Ci farà bene, oggi pensare:
il Signore è con i nostri migranti nel mare nostrum, il Signore è
con loro, non con quelli che li respingono.
Fratelli e
sorelle, su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: in quei mari e in quei
deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci – e ce ne sono,
purtroppo. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la
militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo
questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le
vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa
da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo
otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle
migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà. E unendo le forze per combattere la tratta
di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano
la miseria altrui.
Cari
fratelli e sorelle, pensate a tante tragedie dei migranti: quanti muoiono nel
Mediterraneo. Pensate a Lampedusa, a Crotone … quante cose brutte e tristi. E
vorrei concludere riconoscendo e lodando l’impegno di tanti buoni samaritani,
che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle
rotte di disperata speranza, nei cinque continenti. Questi uomini e donne
coraggiosi sono segno di una umanità che non si lascia contagiare dalla cattiva
cultura dell’indifferenza e dello scarto: quello che uccide i migranti è la
nostra indifferenza e quell’atteggiamento di scartare. E chi non può stare come
loro “in prima linea” – penso a tanti bravi che stanno lì in prima linea, a
Mediterranea Saving Humans e tante altre associazioni –, non per questo è
escluso da tale lotta di civiltà: noi non possiamo stare in prima linea ma non
siamo esclusi; ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra
tutti la preghiera. E a voi domando: voi pregate per i migranti, per questi che
vengono nelle nostre terre per salvare la vita? E “voi” volete cacciarli via.
Cari
fratelli e sorelle, uniamo i cuori e le forze, perché i mari e i deserti non
siano cimiteri, ma spazi dove Dio possa aprire strade di libertà e di
fraternità.
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