ANNALISA TEGGI , da Tempi
Le “scandalose” testimonianze di Kate Middleton e Luca Carboni alle prese con il cancro. La bambina disabile uccisa «per amore» dai suoi genitori
Il tono della
principessa Kate, pur amabile, resta su un registro più formale,
Carboni si mette a nudo con schiettezza suggerendo
che la vulnerabilità permane anche quando si va verso la guarigione: «Questa
esperienza mi ha messo in contatto con tante persone. Ho frequentato
oncologia, ho vissuto le storie di tanti malati. Il tumore non è un’esperienza
individuale, ma collettiva. Non puoi sentirti guarito se non è guarito
l’altro, la persona che avevi a fianco mentre facevi le flebo». Altre vicende
hanno catturato l’attenzione recente del pubblico, ma il vero scandalo è questa voce
che testimonia la malattia come “cosa nostra”. «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» non è da
masochisti, è un’ipotesi comunitaria temprata al fuoco della prova che
spaventa, fa piangere, spezza in due. Non ci sono anelli deboli che fanno
zavorra, ci sono compagni che portano il peso ingombrante della fragile
creaturalità comune con grande patimento. La loro compagnia ci salva dalla
smania ruggente di onnipotenza che ci viene iniettata con uno stillicidio di
strategie, previsioni, business & life plans. «Hai tutto sotto
controllo». Ma quando mai? Un fatto tragico accaduto nel maggio del 2020 a
Hägglingen, comune svizzero del Canton Argovia, diventa
faccenda nostra perché è iniziato un processo. Una bambina di 3 anni è stata
uccisa dai suoi genitori; era affetta da una grave paralisi cerebrale che le
procurava forti dolori, le impediva di camminare, deglutire, parlare. Una
sera, in un angolo di mondo e nel bel mezzo della pandemia globale, mamma e
papà hanno somministrato ecstasy e sonniferi alla loro bimba mescolando le
sostanze al suo latte. Quando si è addormentata il padre l’ha soffocata
mentre la madre la teneva in braccio. Hanno pianto per il resto della notte e
la mattina hanno chiamato i soccorsi. Il processo in corso in questi giorni deve
stabilire se i genitori sono rei di omicidio colposo. L’accusa sostiene che
la morte procurata non sia stata affatto indolore e che i genitori avessero
tentato altre volte di uccidere la figlia con anestetici. Madre e padre
confessano il loro gesto definendolo un atto d’amore di fronte
all’insostenibile sofferenza della piccola.
Pandemia o non pandemia, molte famiglie vivono lo strazio della malattia inguaribile di un figlio in uno stato invalidante di lockdown sociale. Sono storie in cui l’affetto prostrato si confronta con demoni ustionanti. È lì il setaccio a maglie
finissime della nostra comunità, filtra ancora qualcosa capace di sostenere
un amore ferito a morte ad accompagnare, vincendo la tentazione di soffocare? |
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