mercoledì 15 gennaio 2020

L'EREDITÀ DI SIR ROGER SCRUTON È FONDAMENTALE MA L'EUROPA LA IGNORA


Il filosofo, deceduto il 12 gennaio,  ha sempre difeso le nostre radici cristiane e la tradizione. Senza estremismi
Pochi uomini nella seconda metà del Novecento hanno avuto la capacità di dar vita a un pensiero organico e strutturato che non tenesse in considerazione le mode, le influenze e le convenienze della nostra epoca dominata dal politicamente- corretto come Roger Scruton.

Filosofo, polemista, scrittore, professore, in una parola intellettuale tout court, Scruton è stato senza dubbio il massimo interprete del conservatorismo europeo contemporaneo, fedele alla lezione di Edmund Burke, T.S. Eliot e della secolare tradizione conservatrice inglese, ha saputo coniugare al rigore del proprio pensiero la capacità di divulgarlo attraverso una fittissima attività editoriale, giornalistica e convegnistica.
La sua morte rappresenta una grave perdita non solo per i conservatori europei ma anche per tutti gli occidentali perché ci ha lasciato un uomo che ha difeso fino all'ultimo la tradizione, la cultura e le radici cristiane dell'Europa senza scendere a compromessi ma al tempo stesso evitando di cadere in posizioni estremiste, velleitarie o reazionarie.
Scruton ha saputo con genialità interpretare battaglie all'avanguardia come quella sull'ambiente, sintesi di un conservatorismo moderno, ben saldo sui propri valori e critico nei confronti delle derive della società contemporanea.
Su tutte la denuncia dell'oicofobia che attanaglia la nostra epoca, un termine coniato da Scruton nel 2004 definendo così «l'esigenza di denigrare i costumi, la cultura e le istituzioni che sono identificabili come nostri», in parole povere l'odio per la nostra storia e cultura.
L'oicofobia mette in discussione i fondamenti del pensiero conservatore che, al contrario, ha a cuore la propria civiltà e nazione a partire dal concetto di comunità, intesa come un insieme di persone che condividono gli stessi valori e idee. L'oicofobia fa del multiculturalismo il cardine della propria azione, un concetto che Scruton rifiuta e mette in discussione già dai primi anni Ottanta quando avviene un episodio destinato a segnare la sua carriera e premonitore di quanto sarebbe poi accaduto a distanza di più di trent'anni.
Si tratta del caso Honeyford, il preside di una scuola media di Bradford che si esprime contro il modello multiculturale e per questo viene licenziato. Secondo Scruton, Honeyford è vittima dell'establishment britannico intenzionato a eliminare ogni segno di patriottismo dalle scuole. Lo scrive sulla sua rivista Salisbury Review venendo a sua volta attaccato, emarginato ed etichettato come razzista, un insulto utilizzato con frequenza dalla sinistra nei suoi confronti in assenza di risposte ai cambiamenti prodotti dall'immigrazione di massa e paragonata a quella di essere un borghese in Russia durante il periodo di Lenin o un émigré nella Francia rivoluzionaria. Questo episodio lo porta ad abbandonare la carriera accademica e a comprendere il significato di appartenere a una minoranza culturale perseguitata e disprezzata dall'opinione pubblica progressista. (…)
Che cosa rimane oggi della sua lezione? Un'eredità importante per l'Occidente che potrebbe attingere a piene mani dai suoi scritti ma che la politica, anche da morto, non è stata in grado di ricordarlo, salvo rare eccezioni. Lo ha fatto il Primo Ministro inglese Boris Johnson, che ci è stato presentato come un pericolo per l'Europa ma che è in realtà un uomo di grande cultura e lo ha dimostrato anche in questa occasione, e in Italia Giorgia Meloni con un tweet in cui lo ha definito «una delle menti più brillanti e acute del nostro tempo».
(…) È compito di tutti noi fare in modo che la lezione di Scruton non solo non sia dimenticata ma venga applicata in ogni ambito del quotidiano; Sir Roger ha tracciato la strada, sta a noi proseguirla tenendo accesa la fiammella del conservatorismo.
IL GIORNALE Mar, 14/01/2020

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