Il Prologo del Vangelo di Giovanni non è solo un testo sacro, ma una
delle pagine più belle della letteratura universale
Sarà forse per il tono solenne con cui è stato
proclamato durante l’ultima messa festiva di dicembre, il Prologo del Vangelo
di Giovanni non mi è parso solo un testo sacro da ascoltare con devozione, ma
anche una delle pagine più belle della letteratura universale, una di quelle
letture che non hanno bisogno di un attore che le reciti, ma solo di un ascolto
partecipe.
Giovanni Bellini, Madonna di Alzano |
“In principio era il
Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”.
Tre brevi proposizioni legate dalla stessa
congiunzione. È il tratto distintivo della grande poesia epica, dello stile
sublime. Non usa artifici retorici, si affida alla pregnanza della parola.
“Egli era in
principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza
di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.
Ancora l’uso quasi esclusivo delle coordinate per
passare dalla ripresa, come nell’epica antica, ma anche nei primi libri della
Scrittura, a una nuova realtà, l’opera del Verbo.
“In lui era
la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce
splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”.
La vita e la luce, la luce e le tenebre:
attraverso una identità e un’opposizione si rivela il grande mistero del
rifiuto. Viene rievocata la figura di Giovanni Battista, attraverso il quale il
disegno di Dio diventa storico: “Venne
un uomo mandato da Dio… Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza
alla luce”.
Ed ecco la luce: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli
era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo
riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. Il rifiuto è
un dato scontato, non si va alla ricerca delle cause. È un fatto avvenuto, ma
non riguarda tutto il genere umano.
“A quanti
però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono
nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di
uomo, ma da Dio sono stati generati”. È
questo il vertice della libertà con cui Dio sceglie
i suoi, il mistero ancora più grande del male, la vita stessa di Dio comunicata
nella figliolanza.
“E
il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la
sua gloria, gloria come di unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità”.
L’evento decisivo della creazione e della storia è detto con parole comuni, non
soggette a confutazioni nella loro limpida certezza. La testimonianza di chi ha
visto rende questo insondabile mistero una cosa del nostro mondo, una cosa che
offre all’umanità la rivelazione compiuta di Dio.
LAURA CIONI
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