venerdì 10 gennaio 2020

L’EMILIA ROMAGNA ALLA RICERCA DELLA LIBERTA’


LIBERTA' DA UN REGIME ASFISSIANTE  TOTALMENTE
 PERVASIVO DEGLI SPAZI POLITICI E SOCIALI
In Emilia-Romagna c’è una divisione profonda fra chi afferma che i “barbari”non hanno il diritto di invadere il sacro suolo emiliano, e chi vede il 26 gennaio come un possibile 25 aprile

Chiusa la lunga parentesi delle ferie natalizie, la campagna elettorale per le elezioni in Emilia-Romagna entra nel vivo e i toni si stanno alzando, complici anche gli ultimi sondaggi, che danno Bonaccini in calo di circa 2 punti percentuali e una tenuta della Borgonzoni, per cui si prefigura una vittoria al fotofinish: per la prima volta, nella storia delle istituzioni regionali, la regione diventa veramente contendibile.
Bonaccini è nervoso

Questo fa sì che sempre più frequentemente, oltre ai tradizionali temi amministrativi, come la sanità, l’occupazione, l’ambiente, i servizi sociali, e a quelli più squisitamente politici legati agli effetti che il voto regionale potrà avere sugli assetti nazionali e sulla sopravvivenza o meno del governicchio Conte, si affacci, nel dibattito fra i due schieramenti, il tema della libertà. Sì, proprio della libertà, che parrebbe essere una questione non all’ordine del giorno: ma in Emilia-Romagna non è così. Perché?
Chi non vive in questa regione, spesso presentata come una sorta di oasi felice, in cui tutto (o quasi) funziona, non si rende conto che fra i cittadini-elettori c’è una divisione profonda, che sta manifestandosi oggi ancora più esplicitamente, proprio perché per la prima volta si percepisce che l’esito del voto non è scontato a priori.
Da una parte, chi ritiene di vivere nella realtà meglio governata d’Italia, si riconosce totalmente nel mainstream da sempre dominante e sente la possibilità di un cambiamento politico come una sorta di invasione da parte di “forestieri” che non hanno diritto di calcare il sacro suolo emiliano: da questo punto di vista, la realtà più emblematica è quella delle Sardine, che non a caso sono nate in questo momento e si radunano con gli slogan: “Il centrodestra non ha diritto di parlare e di essere ascoltato” e “Non abbiamo bisogno di essere liberati”, cantando Bella Ciao per evocare la resistenza contro lo straniero invasore.
Dall’altra, chi da sempre vede i comunisti, nelle varie versioni in cui si sono presentati, come custodi e difensori di un regime asfissiante, per la sua caratteristica di essere totalmente pervasivo degli spazi politici e sociali. Dal dopoguerra a oggi la sinistra egemone ha creato un sistema, fatto di relazioni e condizionamenti, cui non sfuggono agenzie culturali, rappresentanze sindacali e imprenditoriali, banche, imprese cooperative, vere o false, parti della magistratura, mezzi di comunicazione.
Con la crisi del vecchio Pci, di cui l’attuale Pd è una brutta copia, incapace del controllo sociale in cui quel partito era maestro, la funzione di regia di questo complesso sistema è stata assunta di fatto dalle istituzioni pubbliche, in primis la Regione. Per questa parte della società, quindi, il 26 gennaio viene visto come un possibile 25 aprile, come la possibile liberazione da questo sistema di potere: di qui lo slogan, ripetuto spesso nei comizi della Borgonzoni e di Salvini: “Liberiamo l’Emilia-Romagna”.
Una interessante conseguenza derivante da questa situazione è che ancora oggi è abbastanza diffusa la paura di schierarsi apertamente contro il sistema di potere dominante o anche di esplicitare la propria visione politica contraria ad esso: di qui deriva la non infrequente inattendibilità dei sondaggi, che spesso rilevano dati sottostimati per i partiti cosiddetti di opposizione. (…)
ROMANO COLOZZI
 (foto LaPresse)

Intero articolo su ilsussidiario.net del 10 gennaio

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