di Giampaolo Crepaldi, Vescovo di
Trieste
ll nostro incontro di oggi riguarda due avvenimenti. Il primo è la presentazione del VII Rapporto della
Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân
(Cantagalli, Siena 2016) che quest’anno ha per titolo “Guerre di religione, guerre
alla religione”. Di questo ci parlerà in modo particolare la dottoressa Anna
Bono.
Il secondo avvenimento è la conclusione della Scuola di Dottrina
sociale della Chiesa per l’impegno sociale e politico, che si è svolta lungo il
2015 e l’avvio della nuova edizione della Scuola che comincerà il prossimo 17
marzo. In questa occasione vorrei dunque proporvi qualche riflessione che tenga
uniti ambedue questi eventi.
Cominciando dal primo, non posso non riferirmi ad eventi politici e
legislativi accaduti nei giorni scorsi e che hanno scosso in profondità la
politica italiana. Mi riferisco all’approvazione della legge sulle unioni civili.
Essa è stata anche un banco
di prova per la presenza dei cattolici in politica, banco che ha fornito gravi
elementi di forte delusione e di viva
preoccupazione per il futuro. Proprio nei giorni del dibattito in aula era
uscita su un settimanale nazionale una mia intervista. Alla domanda se i
cattolici in politica ci fossero ancora, avevo risposto che ci sono ancora, ma
non si vedono molto. Dopo la votazione in Senato dovrei rivedere in negativo la
prima parte della mia risposta. Ora sarei molto meno sicuro di dire che ci sono
ancora. A questa intervista, il settimanale aveva messo un titolo piuttosto
negativo: “Quanti danni dai cattolici in
politica”. Subito avevo considerato questo titolo eccessivo, ma dopo la
votazione sulla Cirinnà devo riconoscere che era invece realistico, purtroppo.
Durante la votazione a Palazzo Madama abbiamo assistito a molti
atteggiamenti indecorosi da parte di molti senatori cattolici (di “cattolici senatori” credo che non ce ne
sia più nemmeno uno). Qualcuno di loro ha perfino chiamato a testimone del proprio
voto Giovanni Paolo II, con una citazione corsara del paragrafo 73 della Evangelium
vitae. Altri hanno rispolverato il trito (e falso) argomento del “male minore”
che avrebbe evitato il male maggiore.
Altri ancora si sono intestati meriti che non esistono, come aver
evitato l’adozione per le coppie omosessuali. La legge
approvata
è una pessima legge. Le pessime leggi non sono solo norme astratte sbagliate,
ma danno vita a pessimi rapporti sociali, producono sofferenze e ingiustizie sulla
pelle delle persone. E questa pessima legge è stata approvata con il voto
decisivo dei cosiddetti “cattolici”.
Cari amici, davanti a questa situazione bisogna che ci parliamo
chiaramente.
La legge appena approvata contraddice
fondamentali principi della legge morale naturale. L’esigenza
insopprimibile che il cattolico impegnato in politica non deluda le richieste
della legge morale naturale fa parte integrante della dottrina della nostra
fede. È presente nel Catechismo della Chiesa Cattolica e in moltissimi
insegnamenti precedenti e successivi. Pensare che i dieci comandamenti – che
secondo il Catechismo rappresentano una “espressione privilegiata” della legge
naturale (CCC n. 2070) – possano essere messi da parte in politica, distorce la
dottrina della fede cattolica.
Se a questo siamo ormai arrivati nella pratica di moltissimi
cattolici impegnati in politica, vuol dire che
dobbiamo ripartire dai fondamenti e che non possiamo più dare nulla per
scontato. Quando non si tiene conto di un limite morale insuperabile dell’azione
politica e lo si supera, in seguito
verranno superati anche altri limiti, che oggi non sono all’ordine del
giorno ma lo diventeranno domani. Chi oggi accetta le unioni civili omosessuali
e le equipara alla famiglia commette una
grave ingiustizia e si prepara a commetterne
altre in futuro. Se non ci sono criteri per
votare contro l’unione omosessuale, perché
dovrebbero esisterne, domani, per votare
contro l’adozione?
E
perché dovrebbero esisterne dopodomani per votare contro l’utero in affitto?
Non facciamoci ingannare. Chi sposta oggi in
avanti il limite del lecito, domani lo sposterà ancora un po’ più avanti, e
così via. Se è nelle nostre mani infrangere oggi un
principio della legge morale naturale, non si capisce perché non possa essere
nelle nostre mani infrangerne un altro domani.
Si
avvia così un processo che si fermerà solo ad un punto: quando saranno resi non
negoziabili i principi contrari a quelli non negoziabili; quando diventerà
obbligatorio non rispettare i principi della legge morale naturale. A quel
punto, però, il sistema totalitario sarà completato.
Quanto
ho finora detto ha una importanza fondamentale per la Scuola di Dottrina sociale
della Chiesa per l’impegno sociale e politico della nostra diocesi. A cosa serve formare dei cattolici in modo
talmente generico e debole da dover sopportare poi il loro “sì” a leggi pessime?
Dobbiamo formare cattolici che in politica, come titolava la mia intervista,
non solo non “producano danni”, ma costruiscano nel bene e non si tirino
indietro quando c’è da scarificare anche qualcosa di proprio. La volontà, scriveva Benedetto XVI nella
Spe Salvi, deve avere davanti a sé la ragione che le indica il vero, e la
ragione deve avere davanti a sé la speranza cristiana che dà la forza del
sacrificio per il rispetto della verità.
La
Scuola della nostra diocesi ha un compito preciso: formare laici cattolici che, al momento della prova politica, non si dimentichino
di essere cattolici e di avere alle spalle la Chiesa con i suoi
insegnamenti, compresa la difesa della legge morale naturale, ossia del
progetto di Dio Creatore sulla comunità umana. Chi la nega o non la rispetta,
dovrebbe dirci con cosa intenda sostituirla come criterio per discernere il
bene e il male nelle relazioni sociali che non sia solo la ragione del più forte.
*****
Questo
mi permette di trattare ora il secondo aspetto
di questa giornata, la presentazione del Rapporto sulla Dottrina sociale della
Chiesa e il suo tema centrale:le nuove
guerre di religione. Vorrei farlo–come dicevo all’inizio – ponendolo in relazione
con il primo argomento che ho appena esaminato.
Richiamo
ancora una volta il titolo del Rapporto: “Guerre di religione, guerre alla religione”.
Il tema che sottostà alle argomentazioni del Rapporto è la verità delle religioni
e l’esistenza di una religione vera.
Benedetto XVI a Regensburg nel 2006 aveva detto
che ciò che non è conforme alla ragione non viene dal vero Dio. La guerra, a parte alcuni casi particolari che la morale cattolica
ha sempre contemplato, non è conforme a ragione e ancora meno lo è la violenza
scriteriata dei nuovi califfati e di chi sta loro dietro. Le guerre
terroristiche, le guerre asimmetriche, le guerre che colpiscono i civili, le
guerre che vendono e violentano le donne e i bambini non vengono
dal vero Dio. Al contrario, viene dal vero
Dio la religione dei martiri cristiani che in tutto il mondo sono vittime di
una
guerra non dichiarata – come sono ormai tutte
le guerre dei nostri giorni. La
religione cristiana si dimostra “dal volto umano”, come disse Benedetto XVI a
Verona nel 2006, anche per questo: è testimoniata dai martiri e non dai
carnefici.
L’autorità
politica dovrebbe distinguere tra le religioni, anche a seguito della triste realtà
delle nuove guerre di religione. Ma non lo fa, e continua a porre sullo stesso piano tutte le religioni,
considerandole tutte come qualcosa di irrazionale. In questo modo, l’autorità
politica non corre in aiuto dei cristiani perseguitati nelle varie parti del
mondo, accoglie indiscriminatamente nel proprio territorio le varie religioni senza
tenere in conto le esigenze del bene comune, non protegge al proprio interno la
religione cristiana, che pure è fortemente intrecciata con la storia e la
civiltà occidentali. L’autorità politica rinuncia a porsi il problema della
verità (o falsità) umana delle religioni e nei loro confronti si pone quindi
come moralmente “disarmata”.
È per questo che essa importa le nuove
guerre di religione nei propri confini, ospita e assistenzializza comunità
religiose non integrate e addirittura antagoniste, coltiva
dentro le proprie case i terroristi immigrati di terza generazione.
Cosa lega questa debolezza dell’Occidente verso le nuove guerre di religione e il crollo
dei cattolici in politica di cui
ho parlato sopra?
Venendo meno al loro dovere di difendere in pubblico il creato e
l’ecologia umana, i cattolici impegnati in politica favoriscono la corrosione
del senso dell’umano nella vita sociale e, così facendo, collaborano alla
corrosione del senso del divino.
Negare la verità dell’uomo comporta negare
la verità di Dio. Il fine ultimo delle
leggi contro la vita, la famiglia,
la procreazione è la negazione di Dio, verso cui tutto il resto è strumentale.
Dopo
la “morte di Dio” abbiamo conosciuto la “morte dell’uomo” e ora stiamo assistendo
alla “morte della natura”. Ma è
vero anche il contrario: negare la natura significa
negare l’uomo e, da ultimo, negare Dio.
L’intento “religioso” di leggi come quelle appena approvate nel
nostro Paese è evidente. Meno plausibili
sono le motivazioni con cui i politici cattolici vi hanno collaborato.
È in atto in occidente una guerra alla religione, specialmente
alla religione cattolica, che si attua non solo direttamente, impedendone molte
manifestazioni pubbliche, ma soprattutto indirettamente, diluendo, fino a
scioglierli, i presupposti naturali della religione stessa. La lotta alla religione
cattolica indebolisce l’occidente nei confronti delle guerre di religione, oggi
molto pugnaci al suo esterno ma anche al suo interno.
Questo
è il quadro in cui si inserisce l’avvio della seconda edizione della Scuola di Dottrina
sociale della Chiesa nella diocesi di Trieste. Una Scuola impegnativa non solo
per i quattordici incontri, divisi in due Sessioni, in cui è articolata, ma per
le finalità a cui vuole volgere l’impegno di chi la frequenta.
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