IL DISCORSO DI TRUMP SULLO STATO DELL'UNIONE.
Una cavalcata tra passato e presente, i
grandi problemi e l'agenda della prima potenza mondiale. Il Presidente tenta di
riaprire il dialogo sul muro al confine con il Messico. Il duetto sublime con
Nancy Pelosi, le deputate vestite di bianco, gli eroi della guerra, le imprese
e la bellezza della democrazia
Si è capito
fin dal principio che sarebbe stato un appuntamento diverso, di quelli che ti non ti
lasciano più. Le premesse erano da prova di concerto rock: lo shutdown del
governo, lo scambio di lettere prima furioso e poi quasi dolce tra Lei e Lui,
infine l'applauso e la stretta di mano.
Trump e Pelosi sono stati i protagonisti della serata, lo show della
democrazia americana. Le parole. I gesti. Mentre Trump parlava al Congresso,
Buck Sexton, un ex analista della Cia, oggi conduttore alla radio del The
Buck Sexton Show, ha twittato: "Siamo onesti, questo discorso
sullo Stato dell'Unione è più divertente del Super Bowl". Il terzo più
lungo della storia. Con dentro perfino un Happy Birthday. Sì,
meglio del Super Bowl.
Trump
comincia il suo discorso introducendo prima Lei, Nancy Pelosi, con un "Madam Speaker":
Signora Presidente, Vicepresidente, membri del Congresso, First Lady degli Stati Uniti - e miei colleghi americani. Ci vediamo stasera in un momento di potenziale illimitato. "
La
sottigliezza della forma:Trump ha appena incrociato la clava con
Pelosi, ama individuare subito l'avversario e il complice. Dunque cita subito
Pelosi, poi Pence, i membri del Congresso e infine la First Lady. E qui
scatta il non previsto: tutti in piedi e applauso per Melania (00:15), lei si
alza dai banchi del pubblico, sorriso, flash, comincia lo show di The
Donald. Trump è vestito da Trump: abito scuro, camicia bianca,
cravatta rossa, spilla con la bandiera americana appuntata alla sinistra.
Phonatura in stile casco da astronauta (e arriveranno, i cosmonauti, eccome se
arriveranno).
La prima
sorpresa retorica arriva subito, quando Trump parla dell'agenda e dice due cose: la
prima è che non ci sono "due partiti", ma "una
nazione" (secondo applauso al minuto 01:03, si alzano tutti in
piedi, anche Nancy Pelosi) e poi quando nell'introdurre il suo programma
dice:
L'agenda di questa sera non è
un'agenda repubblicana o democratica, è l'agenda del popolo
americano. Molti di noi hanno fatto campagna elettorale sulle stesse promesse fondamentali,
per difendere i posti di lavoro americani e chiedere un commercio equo e
solidale per i lavoratori americani.
Trump è
sagoma lontana da un discorso bipartisan, ma le sfumature presenti in
questo passaggio introduttivo sono notevoli, indicano una potenziale
volontà di negoziare con i Democratici il programma per i prossimi due
anni. Cosa che le parti dovranno fare, visto che Camera e Senato sono di segno
opposto.
La parola
chiave del trumpismo "First", arriva con altrettanta rapidità (02:09)
e una pausa brevissima ma sufficiente a farla cadere con tutto il suo peso e
significato. Ancora Trump mette un accento sul collaborare, sullo stare
"insieme", per raggiungere il risultato (02:18):
Vittoria non è vincere per il proprio partito.
Vittoria è vincere per il proprio paese.
Applausi.
Il vostro cronista a questo punto ha un flash notturno (sono passate le
03:00) sulle condizioni in cui è ridotto il Parlamento italiano, un luogo
dove un discorso così non si sente da qualche decennio. Ma lasciamo perdere gli
incubi, andiamo avanti. La politica americana è e resta una cosa seria, il
fiume carsico della sua storia scorre inesorabile. Trump cita Dwight D.
Eisenhower, la liberazione dell'Europa, 75 anni fa, il D-Day e il sacrificio di
migliaia e migliaia di soldati americani (ovazione del Congresso). Tre
veterani, tre eroi di Omaha Beach(Irving Locker, Joseph Reilly e Herman
Zeitchik sono presenti).
C'è sempre
la storia a dettare il ritmo, dare alla politica americana il senso
dell'impresa. L'abbiamo ricordato pochi giorni fa su List, c'è una data
importante da celebrare, i 50 anni dello sbarco dell'uomo sulla Luna, la
missione Apollo 11, anno 1969. E anche in questo caso Trump si lascia condurre
dalla storia, nell'aula del Congresso c'è un gigante dell'esplorazione
spaziale, una leggenda, Buzz Aldrin.
Quando
Trump cita Aldrin (05:28), parte un meraviglioso tributo. E ancora una volta
c'è America First: Grazie, Buzz. Quest'anno, gli astronauti
americani torneranno nello spazio, a bordo di razzi americani.
Quanta
grandezza in queste immagini, quanta storia e quanta passione per la scoperta,
l'avventura, la libertà. Questa è l'America.
TRATTO DA LIST
Trump
cavalca nella prateria della storia e si proietta nel Ventunesimo secolo,
ancora una volta evoca il lavoro comune, la necessità di accorciare le
distanze. E a questo punto entra in scena l'economia, al minuto 09:46
affiora la parola "boom" :
Negli ultimi due anni, la mia amministrazione si è
mossa con urgenza e rapidità storica per affrontare problemi trascurati dai
leader di entrambe le parti per molti decenni. In poco più di due anni
dalle elezioni, abbiamo lanciato un boom economico senza precedenti, un boom
economico che raramente si è visto prima. Abbiamo creato 5,3 milioni di nuovi
posti di lavoro e soprattutto abbiamo aggiunto 600.000 nuovi posti di lavoro
nel settore manifatturiero, cosa che quasi tutti dicevano fosse impossibile da
fare, ma il fatto è che siamo appena all'inizio.
Attenzione
al dettaglio: "Leader di entrambe le parti". Trump ancora
tenta l'apertura del dialogo. C'è ovviamente nella sua visione da one
man show un prima e dopo Trump, ma il fatto politico resta sul tavolo.
Fatta la
mossa retorica del siamo tutti americani e lavoriamo insieme, fatto brillare come un
lampo il numero dei posti di lavoro, Trump
passa al suo programma per le presidenziali del 2020: sicurezza interna,
muro al confine con il Messico. È il tema identitario, l'antica suggestione
della Fortezza America che fa parte - con accenti diversi in ogni epoca - del
discorso della Casa Bianca.
È una questione morale. Lo stato senza legge del
nostro confine meridionale è una minaccia per la sicurezza, la sicurezza e il
benessere finanziario di tutta l'America. Abbiamo il dovere morale di creare un
sistema di immigrazione che protegga la vita e l'occupazione dei nostri
cittadini. Questo include il nostro obbligo nei confronti dei milioni di
immigrati che oggi vivono qui, che hanno seguito le regole e rispettato le
nostre leggi.
Qui Trump
fa una netta separazione sull'immigrazione, un punto che i Dem mettevano in
pratica (il muro messicano di Bill Clinton, le centinaia di migliaia di
espulsioni di Barack Obama) ma non dichiaravano per ragioni di constituency elettorale,
di politicamente corretto, di pratica di accoglienza illegale in alcune città e
stati dell'America governati da sempre dai democratici. Trump su questo non
cambia idea, ma è pronto a trattare sui Dreamers e attende al
varco i Dem che prima o poi dovranno trovare un punto di sintesi tra le
posizioni à la Ocasio-Cortez e quelle dei rappresentanti degli Stati più
conservatori. È qui che entra in gioco la figura di Nancy Pelosi, sarà lei a
decidere come e quando trovare l'intesa e per questo Trump visibilmente la
teme, la coccola, cerca di esercitare il potere della Presidenza. Lei resiste,
è tosta, ma ieri s'è visto plasticamente, con due immagini simboliche, come la
coppia vada d'accordo.
La stretta
di mano, il sorriso da volpe di Lui, gli occhi fulminanti di Lei. Osservate come
Nancy porge la mano, la contrazione della mascella di Donald:
Qui siamo
all'icona per sempre. L'applauso sornione di Lei in questa foto è un dedalo di
significati, si sprigionano come una reazione chimica:
Nancy ha un
sorriso che declina in una sorvegliante dolcezza con la frusta: "Sei un
mascalzone, Don, hai apparecchiato questo discorso del vogliamoci bene, ma io
ti conosco, eh sì, birbante che non sei altro, tu lo sai che io ti
conosco...". Osservate le mani della Pelosi, le dita serrate, sembrano le
ali di un falco, il battito al rallentatore di un applauso che sa di
riconoscimento sulfureo per la ribalderia della figura, per lo smaccato
provarci sempre e per sempre (a farla franca e portare a casa il piatto del
pokerista), l'avviso sarcastico in abbacinante bianco panna, le labbra che
s'inarcano e dispiegano come le truppe di un esercito pronto a colpire
quel Presidente nei panni di Zelig: "Non mi freghi Mr. Trump, la
partita vera la faccio io". Santo cielo,che meraviglia abbiamo davanti
agli occhi e chi se la dimentica più la coppia in questa foto che ne distilla
il carattere? Donald e Nancy, ritratti e attratti dal medesimo destino: il
potere. Sono fatti per dividersi e riunirsi, scontrarsi a colpi di
stoviglie e riunirsi in un abbraccio per sempre. Sono le leggi dell'amore
che diventano metafora della politica. Li vedremo ammaccarsi a colpi di
clava molto presto. E poi baciarsi in un ballo in maschera a
Washington, la palude.
L'immigrazione è il
cuore del discorso di Trump, ma l'uomo è il folletto a
molla del magic box, dal suo cilindro escono burattini e conigli,
verità e semiverità, iperboli e sbruffonerie, intuizioni e premonizioni, ceneri
e lapilli, la lava incandescente della politica, la potenza
americana. Trump è questo cocktail ad alta gradazione, così escono fuori
dalla catapulta di Manhattan i "716 miliardi di investimenti nella
difesa", il ritiro dal trattato sulla proliferazione dei missili (e del
nucleare) e il confronto con la Russia - senza mai citare l'inchiesta di
Mueller - e ci mancherebbe altro "non avevamo realmente altra
scelta", la data del prossimo vertice con Kim jong-un in
Vietnam (27-28 febbraio) e in mezzo all'agenda internazionale
balena nel buio una sciabolata di politica interna,una zampata da puma che
salta giù dall'albero ai Bernie Sanders e alle Ocasio-Cortez del Partito
democratico. Il socialismo, ci mancava solo l'evocazione di
Carletto Marx, che lenza, Trump:
Qui, negli Stati Uniti, siamo allarmati dai nuovi
inviti ad adottare il socialismo nel nostro paese. L'America è stata fondata
sulla libertà e l'indipendenza - e non sulla coercizione, il dominio e il
controllo del governo. Siamo nati liberi, e rimarremo liberi. Stasera, rinnoviamo
la nostra decisione, l'America non sarà mai un paese socialista.
Messaggio
in bottiglia: cara Alexandria Ocasio-Cortez, questa letterina è per te. E qui scatta
tutto un meccanismo di messaggi subliminali per la Lady Dominatrix del
Congresso, la Pelosi: "Cara Nancy, non vorrai farti soffiare la
leadership da una ragazza esordiente?". Amori. Umori. Amicizie.
Alleanze. Rivalità. Perfidie.
The Donald, che
funambolo, salta su e giù nel discorso, torna sul campo di battaglia, al
ritiro delle truppe dalla Siria e dall'Afghanistan (e i Repubblicani al Senato
gli hanno già detto di andarci piano, tanto così non si farà), parla di
Israele, Gerusalemme e antisemitismo, ricorda la strage nella sinagoga a
Pittsburgh e qui scatta il pulsante di Broadway, il teatro, l'improvvisazione
(che non è mai improvvisazione) il buon compleanno per un altro ospite del
Presidente, Judah Samet, ebreo, scampato all'attentato, sopravvissuto nel
campo di concentramento nazista. Judah Samet, 81 anni, sopravvissuto due volte,
tutti in piedi: "Happy Birthday".
Il discorso
di Trump è sceneggiato bene, i personaggi entrano ed escono, si alternano
il passato (la grande storia del paese) e il presente (l'agenda della
prima potenza mondiale), ogni fermata è disseminata di messaggi sopra e sotto,
stoccate di non detto e contraddetto, un lavoro di taglio e cucito retorico che
è un piacere da leggere e ascoltare per la semplice ragione che da noi è
praticamente impossibile vedere qualcosa di simile nel nostro
Parlamento, mancano i politici, per non parlare dei ghost writer,
tutto quello che non si inventa, che fa parte della cultura del lavoro, questo
è mestiere, capacità di scegliere le parole, calibrarle, mettere in sequenza
l'immaginario di un paese e del suo Presidente. Tutto questo è cultura,
tradizione, senso della comunicazione e della scena. Dentro c'è la grande
macchina del consenso, lo specchio magico della (tele)visione, ma soprattutto
una nazione che non smette mai di sorprenderti. Il sogno.
Così
l'asprezza si tempera quando Trump che dice "voglio
che la gente venga nel nostro paese, nel numero più grande di sempre, ma deve
entrare legalmente". E là si capisce che dentro c'è l'astuzia retorica e
la trappola per i Dem - chi può negarlo? Così ecco il nemico del #meToo che fa
un elogio delle donne e del loro contributo all'economia e alla politica
dell'America:
L'anno scorso le donne hanno rappresentato il
58 per cento dei nuovi posti di lavoro. Esattamente un secolo dopo
che il Congresso ha approvato l'emendamento costituzionale che dà alle donne il
diritto di voto, abbiamo tante donne in servizio al Congresso come mai in
precedenza. È fantastico. Davvero grande. E congratulazioni.
E qui si
dirà che Donald strizza l'occhio all'elettorato femminile, che resta sempre un
maschilista e per soprammercato un donnaiolo al di sotto della regola, un
attaccasottane impenitente del prendo tutto e scappo. Ma in questa dimensione
rosa shocking, da merletto e arsenico, si è insinuato come il serpente di
Cleopatra qualcos'altro, una brezza sferzante che lo mette di fronte a un fatto
che lo intriga, certamente lo infastidisce perché inedito e imprevedibile, ma
lo pone in una dimensione per lui tutta nuova, piena di incognite, alla
nitroglicerina eppure mai così elettrizzante, interessante, unica: i suoi più
forti avversari sono tutte donne. Ieri sera tante erano vestite di bianco, il
colore delle suffragette, il memento che il voto è la conquista di ogni giorno,
sì, questa è la democrazia in America.
Le deputate
alla Camera esultano quando Trump cita nel suo discorso le tante donne elette.
Al centro, Alexandria Ocasio-Cortez (Foto Ansa)
E poi
c'è Lei, alle sue spalle, una sicurezza: Nancy. Finché Lei
comanda, c'è la possibilità di fare un deal, negoziare, mettersi
d'accordo. Chi l'avrebbe mai detto. Più si picchiano e più si cercano con lo
sguardo.
Sono americani.Ne senti
vibrare ogni atomo quando Trump parte con il finale del suo discorso, un
grandissimo pezzo di bravura retorica dello speechwriter:
Stasera abbiamo qui i legislatori di questa
magnifica repubblica. Siete arrivati dalle coste rocciose del Maine e dalle
vette vulcaniche delle Hawaii. Dai boschi innevati del Wisconsin e dai deserti
rossi dell'Arizona. Dalle verdi fattorie del Kentucky e dalle spiagge dorate
della California.
Insieme, rappresentiamo la nazione più
straordinaria di tutta la storia. Cosa faremo di questo momento? Come saremo
ricordati?
Chiedo agli uomini e alle donne di questo
Congresso: guardate le opportunità che abbiamo davanti a noi. I nostri
risultati più entusiasmanti sono ancora avanti. I nostri viaggi più emozionanti
sono ancora in attesa. Le nostre più grandi vittorie devono ancora arrivare.
Non abbiamo ancora iniziato a sognare.
Dobbiamo scegliere se siamo definiti dalle nostre
differenze - o se abbiamo il coraggio di trascenderle. Dobbiamo scegliere se
sperperare la nostra eredità - o se dichiarare con orgoglio di essere
americani: Facciamo l'incredibile.
Sfidiamo l'impossibile. Conquistiamo l'ignoto.
Questo è il momento di riaccendere l'immaginazione
americana. Questo è il momento di cercare la cima più alta, e di puntare lo sguardo
sulla stella più luminosa. Questo è il momento di riaccendere i legami di
amore, lealtà e memoria che ci legano come cittadini, come vicini, come
patrioti. Questo è il nostro futuro - il nostro destino - e la nostra scelta da
fare.
Vi chiedo di scegliere la grandezza.
Indipendentemente dalle prove che affrontiamo, dalle sfide che ci attendono,
dobbiamo andare avanti insieme.
Dobbiamo tenere l'America al primo posto nei
nostri cuori. Dobbiamo mantenere viva la libertà nella nostra anima. E dobbiamo
sempre mantenere la fede nel destino dell'America - che una nazione, guidata da
Dio, deve essere la speranza e la promessa e la luce e la gloria tra tutte le
nazioni del mondo.
Grazie. Dio vi benedica, e Dio benedica l'America.
Grazie mille.
Amato,
odiato, Trump esegue il passaggio che mette tutti noi di fronte a un'energia
che non svanisce mai: l'American Dream.
Facciamo
l'incredibile. Sfidiamo l'impossibile. Conquistiamo l'ignoto.
Sipario.
Applausi. America.
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