mercoledì 6 febbraio 2019

FACCIAMO L'INCREDIBILE. SFIDIAMO L'IMPOSSIBILE


  IL DISCORSO DI TRUMP SULLO STATO DELL'UNIONE.


Una cavalcata tra passato e presente, i grandi problemi e l'agenda della prima potenza mondiale. Il Presidente tenta di riaprire il dialogo sul muro al confine con il Messico. Il duetto sublime con Nancy Pelosi, le deputate vestite di bianco, gli eroi della guerra, le imprese e la bellezza della democrazia



Si è capito fin dal principio che sarebbe stato un appuntamento diverso, di quelli che ti non ti lasciano più. Le premesse erano da prova di concerto rock: lo shutdown del governo, lo scambio di lettere prima furioso e poi quasi dolce tra Lei e Lui, infine l'applauso e la stretta di mano. Trump e Pelosi sono stati i protagonisti della serata, lo show della democrazia americana. Le parole. I gesti. Mentre Trump parlava al Congresso, Buck Sexton, un ex analista della Cia, oggi conduttore alla radio del The Buck Sexton Show, ha twittato: "Siamo onesti, questo discorso sullo Stato dell'Unione è più divertente del Super Bowl". Il terzo più lungo della storia. Con dentro perfino un Happy Birthday. Sì, meglio del Super Bowl.


Trump comincia il suo discorso introducendo prima Lei, Nancy Pelosi, con un "Madam Speaker"
Signora Presidente, Vicepresidente, membri del Congresso, First Lady degli Stati Uniti - e miei colleghi americani. Ci vediamo stasera in un momento di potenziale illimitato. "

La sottigliezza della forma:Trump ha appena incrociato la clava con Pelosi, ama individuare subito l'avversario e il complice. Dunque cita subito Pelosi, poi Pence, i membri del Congresso e infine la First Lady. E qui scatta il non previsto: tutti in piedi e applauso per Melania (00:15), lei si alza dai banchi del pubblico, sorriso, flash, comincia lo show di The Donald.  Trump è vestito da Trump: abito scuro, camicia bianca, cravatta rossa, spilla con la bandiera americana appuntata alla sinistra. Phonatura in stile casco da astronauta (e arriveranno, i cosmonauti, eccome se arriveranno). 

La prima sorpresa retorica arriva subito, quando Trump parla dell'agenda e dice due cose: la prima è che non ci sono "due partiti", ma "una nazione"  (secondo applauso al minuto 01:03, si alzano tutti in piedi, anche Nancy Pelosi) e poi quando nell'introdurre il suo programma dice: 
L'agenda di questa sera non è un'agenda repubblicana o democratica, è l'agenda del popolo americano. Molti di noi hanno fatto campagna elettorale sulle stesse promesse fondamentali, per difendere i posti di lavoro americani e chiedere un commercio equo e solidale per i lavoratori americani.

Trump è sagoma lontana da un discorso bipartisan, ma le sfumature presenti in questo passaggio introduttivo sono notevoli, indicano una potenziale volontà di negoziare con i Democratici il programma per i prossimi due anni. Cosa che le parti dovranno fare, visto che Camera e Senato sono di segno opposto. 

La parola chiave del trumpismo "First", arriva con altrettanta rapidità (02:09) e una pausa brevissima ma sufficiente a farla cadere con tutto il suo peso e significato. Ancora Trump mette un accento sul collaborare, sullo stare "insieme", per raggiungere il risultato (02:18):
Vittoria non è vincere per il proprio partito. Vittoria è vincere per il proprio paese.
Applausi. Il vostro cronista a questo punto ha un flash notturno (sono passate le 03:00) sulle condizioni in cui è ridotto il Parlamento italiano, un luogo dove un discorso così non si sente da qualche decennio. Ma lasciamo perdere gli incubi, andiamo avanti. La politica americana è e resta una cosa seria, il fiume carsico della sua storia scorre inesorabile. Trump cita Dwight D. Eisenhower, la liberazione dell'Europa, 75 anni fa, il D-Day e il sacrificio di migliaia e migliaia di soldati americani (ovazione del Congresso). Tre veterani, tre eroi di Omaha Beach(Irving Locker, Joseph Reilly e Herman Zeitchik sono presenti).

C'è sempre la storia a dettare il ritmo, dare alla politica americana il senso dell'impresa. L'abbiamo ricordato pochi giorni fa su List, c'è una data importante da celebrare, i 50 anni dello sbarco dell'uomo sulla Luna, la missione Apollo 11, anno 1969. E anche in questo caso Trump si lascia condurre dalla storia, nell'aula del Congresso c'è un gigante dell'esplorazione spaziale, una leggenda, Buzz Aldrin. 

Quando Trump cita Aldrin (05:28), parte un meraviglioso tributo. E ancora una volta c'è America FirstGrazie, Buzz. Quest'anno, gli astronauti americani torneranno nello spazio, a bordo di razzi americani.


Quanta grandezza in queste immagini, quanta storia e quanta passione per la scoperta, l'avventura, la libertà. Questa è l'America. 

 TRATTO DA LIST

Trump cavalca nella prateria della storia e si proietta nel Ventunesimo secolo, ancora una volta evoca il lavoro comune, la necessità di accorciare le distanze. E a questo punto entra in scena l'economia, al minuto 09:46 affiora la parola "boom" :

Negli ultimi due anni, la mia amministrazione si è mossa con urgenza e rapidità storica per affrontare problemi trascurati dai leader di entrambe le parti per molti decenni. In poco più di due anni dalle elezioni, abbiamo lanciato un boom economico senza precedenti, un boom economico che raramente si è visto prima. Abbiamo creato 5,3 milioni di nuovi posti di lavoro e soprattutto abbiamo aggiunto 600.000 nuovi posti di lavoro nel settore manifatturiero, cosa che quasi tutti dicevano fosse impossibile da fare, ma il fatto è che siamo appena all'inizio.

Attenzione al dettaglio: "Leader di entrambe le parti". Trump ancora tenta l'apertura del dialogo. C'è ovviamente nella sua visione da one man show un prima e dopo Trump, ma il fatto politico resta sul tavolo.

Fatta la mossa retorica del siamo tutti americani e lavoriamo insieme, fatto brillare come un lampo il numero dei posti di lavoro, Trump passa al suo programma per le presidenziali del 2020: sicurezza interna, muro al confine con il Messico. È il tema identitario, l'antica suggestione della Fortezza America che fa parte - con accenti diversi in ogni epoca - del discorso della Casa Bianca. 

È una questione morale. Lo stato senza legge del nostro confine meridionale è una minaccia per la sicurezza, la sicurezza e il benessere finanziario di tutta l'America. Abbiamo il dovere morale di creare un sistema di immigrazione che protegga la vita e l'occupazione dei nostri cittadini. Questo include il nostro obbligo nei confronti dei milioni di immigrati che oggi vivono qui, che hanno seguito le regole e rispettato le nostre leggi.

Qui Trump fa una netta separazione sull'immigrazione, un punto che i Dem mettevano in pratica (il muro messicano di Bill Clinton, le centinaia di migliaia di espulsioni di Barack Obama) ma non dichiaravano per ragioni di constituency elettorale, di politicamente corretto, di pratica di accoglienza illegale in alcune città e stati dell'America governati da sempre dai democratici. Trump su questo non cambia idea, ma è pronto a trattare sui Dreamers e attende al varco i Dem che prima o poi dovranno trovare un punto di sintesi tra le posizioni à la Ocasio-Cortez e quelle dei rappresentanti degli Stati più conservatori. È qui che entra in gioco la figura di Nancy Pelosi, sarà lei a decidere come e quando trovare l'intesa e per questo Trump visibilmente la teme, la coccola, cerca di esercitare il potere della Presidenza. Lei resiste, è tosta, ma ieri s'è visto plasticamente, con due immagini simboliche, come la coppia vada d'accordo. 

La stretta di mano, il sorriso da volpe di Lui, gli occhi fulminanti di Lei. Osservate come Nancy porge la mano, la contrazione della mascella di Donald:




Qui siamo all'icona per sempre. L'applauso sornione di Lei in questa foto è un dedalo di significati, si sprigionano come una reazione chimica:



Nancy ha un sorriso che declina in una sorvegliante dolcezza con la frusta: "Sei un mascalzone, Don, hai apparecchiato questo discorso del vogliamoci bene, ma io ti conosco, eh sì, birbante che non sei altro, tu lo sai che io ti conosco...". Osservate le mani della Pelosi, le dita serrate, sembrano le ali di un falco, il battito al rallentatore di un applauso che sa di riconoscimento sulfureo per la ribalderia della figura, per lo smaccato provarci sempre e per sempre (a farla franca e portare a casa il piatto del pokerista), l'avviso sarcastico in abbacinante bianco panna, le labbra che s'inarcano e dispiegano come le truppe di un esercito pronto a colpire quel Presidente nei panni di Zelig: "Non mi freghi Mr. Trump, la partita vera la faccio io". Santo cielo,che meraviglia abbiamo davanti agli occhi e chi se la dimentica più la coppia in questa foto che ne distilla il carattere? Donald e Nancy, ritratti e attratti dal medesimo destino: il potere. Sono fatti per dividersi e riunirsi, scontrarsi a colpi di stoviglie e riunirsi in un abbraccio per sempre. Sono le leggi dell'amore che diventano metafora della politica. Li vedremo ammaccarsi a colpi di clava molto presto. E poi baciarsi in un ballo in maschera a Washington, la palude. 

L'immigrazione è il cuore del discorso di Trump, ma l'uomo è il folletto a molla del magic box, dal suo cilindro escono burattini e conigli, verità e semiverità, iperboli e sbruffonerie, intuizioni e premonizioni, ceneri e lapilli, la lava incandescente della politica, la potenza americana. Trump è questo cocktail ad alta gradazione, così escono fuori dalla catapulta di Manhattan i "716 miliardi di investimenti nella difesa", il ritiro dal trattato sulla proliferazione dei missili (e del nucleare) e il confronto con la Russia - senza mai citare l'inchiesta di Mueller - e ci mancherebbe altro "non avevamo realmente altra scelta", la data del prossimo vertice con Kim jong-un in Vietnam (27-28 febbraio)  e in mezzo all'agenda internazionale balena nel buio una sciabolata di politica interna,una zampata da puma che salta giù dall'albero ai Bernie Sanders e alle Ocasio-Cortez del Partito democratico. Il socialismo, ci mancava solo l'evocazione di Carletto Marx, che lenza, Trump: 
Qui, negli Stati Uniti, siamo allarmati dai nuovi inviti ad adottare il socialismo nel nostro paese. L'America è stata fondata sulla libertà e l'indipendenza - e non sulla coercizione, il dominio e il controllo del governo. Siamo nati liberi, e rimarremo liberi. Stasera, rinnoviamo la nostra decisione, l'America non sarà mai un paese socialista.

Messaggio in bottiglia: cara Alexandria Ocasio-Cortez, questa letterina è per te. E qui scatta tutto un meccanismo di messaggi subliminali per la Lady Dominatrix del Congresso,  la Pelosi: "Cara Nancy, non vorrai farti soffiare la leadership da una ragazza esordiente?".  Amori. Umori. Amicizie. Alleanze. Rivalità. Perfidie.

The Donald, che funambolo, salta su e giù nel discorso, torna sul campo di battaglia, al ritiro delle truppe dalla Siria e dall'Afghanistan (e i Repubblicani al Senato gli hanno già detto di andarci piano, tanto così non si farà), parla di Israele, Gerusalemme e antisemitismo, ricorda la strage nella sinagoga a Pittsburgh e qui scatta il pulsante di Broadway, il teatro, l'improvvisazione (che non è mai improvvisazione) il buon compleanno per un altro ospite del Presidente, Judah Samet, ebreo, scampato all'attentato, sopravvissuto nel campo di concentramento nazista. Judah Samet, 81 anni, sopravvissuto due volte, tutti in piedi: "Happy Birthday".

Il discorso di Trump è sceneggiato bene, i personaggi entrano ed escono, si alternano il passato (la grande storia del paese) e il presente (l'agenda della prima potenza mondiale), ogni fermata è disseminata di messaggi sopra e sotto, stoccate di non detto e contraddetto, un lavoro di taglio e cucito retorico che è un piacere da leggere e ascoltare per la semplice ragione che da noi è praticamente impossibile vedere qualcosa di simile nel nostro Parlamento, mancano i politici, per non parlare dei ghost writer, tutto quello che non si inventa, che fa parte della cultura del lavoro, questo è mestiere, capacità di scegliere le parole, calibrarle, mettere in sequenza l'immaginario di un paese e del suo Presidente. Tutto questo è cultura, tradizione, senso della comunicazione e della scena. Dentro c'è la grande macchina del consenso, lo specchio magico della (tele)visione, ma soprattutto una nazione che non smette mai di sorprenderti. Il sogno. 

Così l'asprezza si tempera quando Trump che dice "voglio che la gente venga nel nostro paese, nel numero più grande di sempre, ma deve entrare legalmente". E là si capisce che dentro c'è l'astuzia retorica e la trappola per i Dem - chi può negarlo? Così ecco il nemico del #meToo che fa un elogio delle donne e del loro contributo all'economia e alla politica dell'America:

L'anno scorso le donne hanno rappresentato il 58 per cento dei nuovi posti di lavoro.  Esattamente un secolo dopo che il Congresso ha approvato l'emendamento costituzionale che dà alle donne il diritto di voto, abbiamo tante donne in servizio al Congresso come mai in precedenza. È fantastico. Davvero grande. E congratulazioni.

E qui si dirà che Donald strizza l'occhio all'elettorato femminile, che resta sempre un maschilista e per soprammercato un donnaiolo al di sotto della regola, un attaccasottane impenitente del prendo tutto e scappo. Ma in questa dimensione rosa shocking, da merletto e arsenico, si è insinuato come il serpente di Cleopatra qualcos'altro, una brezza sferzante che lo mette di fronte a un fatto che lo intriga, certamente lo infastidisce perché inedito e imprevedibile, ma lo pone in una dimensione per lui tutta nuova, piena di incognite, alla nitroglicerina eppure mai così elettrizzante, interessante, unica: i suoi più forti avversari sono tutte donne. Ieri sera tante erano vestite di bianco, il colore delle suffragette, il memento che il voto è la conquista di ogni giorno, sì, questa è la democrazia in America.



Le deputate alla Camera esultano quando Trump cita nel suo discorso le tante donne elette. Al centro, Alexandria Ocasio-Cortez (Foto Ansa)

E poi c'è Lei, alle sue spalle, una sicurezza: Nancy. Finché Lei comanda, c'è la possibilità di fare un deal, negoziare, mettersi d'accordo. Chi l'avrebbe mai detto. Più si picchiano e più si cercano con lo sguardo.

Sono americani.Ne senti vibrare ogni atomo quando Trump parte con il finale del suo discorso, un grandissimo pezzo di bravura retorica dello speechwriter:  

Stasera abbiamo qui i legislatori di questa magnifica repubblica. Siete arrivati dalle coste rocciose del Maine e dalle vette vulcaniche delle Hawaii. Dai boschi innevati del Wisconsin e dai deserti rossi dell'Arizona. Dalle verdi fattorie del Kentucky e dalle spiagge dorate della California.
Insieme, rappresentiamo la nazione più straordinaria di tutta la storia. Cosa faremo di questo momento? Come saremo ricordati?
Chiedo agli uomini e alle donne di questo Congresso: guardate le opportunità che abbiamo davanti a noi. I nostri risultati più entusiasmanti sono ancora avanti. I nostri viaggi più emozionanti sono ancora in attesa. Le nostre più grandi vittorie devono ancora arrivare. Non abbiamo ancora iniziato a sognare.



Dobbiamo scegliere se siamo definiti dalle nostre differenze - o se abbiamo il coraggio di trascenderle. Dobbiamo scegliere se sperperare la nostra eredità - o se dichiarare con orgoglio di essere americani: Facciamo l'incredibile. Sfidiamo l'impossibile. Conquistiamo l'ignoto.
Questo è il momento di riaccendere l'immaginazione americana. Questo è il momento di cercare la cima più alta, e di puntare lo sguardo sulla stella più luminosa. Questo è il momento di riaccendere i legami di amore, lealtà e memoria che ci legano come cittadini, come vicini, come patrioti. Questo è il nostro futuro - il nostro destino - e la nostra scelta da fare.
Vi chiedo di scegliere la grandezza. Indipendentemente dalle prove che affrontiamo, dalle sfide che ci attendono, dobbiamo andare avanti insieme.
Dobbiamo tenere l'America al primo posto nei nostri cuori. Dobbiamo mantenere viva la libertà nella nostra anima. E dobbiamo sempre mantenere la fede nel destino dell'America - che una nazione, guidata da Dio, deve essere la speranza e la promessa e la luce e la gloria tra tutte le nazioni del mondo.
Grazie. Dio vi benedica, e Dio benedica l'America. Grazie mille.

Amato, odiato, Trump esegue il passaggio che mette tutti noi di fronte a un'energia che non svanisce mai: l'American Dream. 
Facciamo l'incredibile. Sfidiamo l'impossibile. Conquistiamo l'ignoto. 
Sipario. Applausi. America.

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