giovedì 7 febbraio 2019

I CATTOLICI IN POLITICA PER COSTRUIRE IL FUTURO



 Mauro Magatti

Nelle ultime settimane, in occasione dei cento anni dell’appello ai liberi e forti di Sturzo, si è riacceso il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica (Galli della Loggia e Panebianco sul Corriere ). Comunque la si pensi, il tema è oggi rilevante per almeno due ragioni.
In primo luogo perché nell’Italia a pezzi di oggi il variegato mondo cattolico, nonostante la secolarizzazione incalzante, continua a essere — seppur tra mille difficoltà — una delle
poche presenze rilevanti.
E in secondo luogo perché, nel cambio d’epoca che stiamo attraversando, il rapporto
tra politica e religione è tornato centrale.

Nel post-2008, in un mondo diventato multipolare, la ricerca di un nuovo equilibrio tra identità cultuali e sviluppo tecno-economico spinge le diverse aree del pianeta a posizionarsi secondo una logica che ricorda da vicino le tesi dello Scontro delle civiltà di Samuel Huntington. Dove la dimensione religiosa è necessariamente tirata in ballo.

Non a caso, in Occidente, le varie forme della nuova destra (da Trump a Orbán a Bolsonaro) sono sostenute dall’ala più conservatrice del mondo cristiano. Un’alleanza teorizzata da Bannon e costruita contro due «nemici»: la cultura progressista (che ha il torto di combinare la fede nella innovazione tecnoscientifica con i diritti individuali); e il mondo islamico, storico avversario oggi accusato di minacciare la cristianità attraverso l’immigrazione e il terrorismo.
La «democrazia illiberale» di cui parla Orbán è il prodotto di una nuova «santa
alleanza» tra politica e religione — da realizzare su base nazionale — per sconfiggere i due avversari sopra richiamati. La capacità di mobilitare i fermenti identitari di parte del mondo religioso costituisce un elemento importante nella spiegazione dell’avanzata dei nuovi partiti sovranisti.

In Italia la presenza di papa Francesco — con i conseguenti orientamenti della Cei — ha finora limitato l’uso da  parte di Salvini dei simboli religiosi. Ma sotto la cenere, la brace brucia.
Cento anni fa, col suo appello, Sturzo tentò di radunare le forze cattoliche per evitare la dissoluzione della democrazia, stretta tra le destre emergenti e le sterili convulsioni della sinistra. Oggi in Italia, in Europa, in Occidente, quel bisogno si ripropone: come allora, il disordine mondiale sta risucchiando gli strati popolari su posizioni estremiste. Col consenso di quella parte del mondo religioso che spera in una rivincita nei confronti della secolarizzazione.

Rispetto a 100 anni fa, si possono notare una somiglianza e una differenza.

Sturzo fu il prodotto più maturo della lettura che l’Enciclica Rerum Novarum aveva offerto dei grandi cambiamenti prodotti dall’industrializzazione. Come allora, anche oggi il mondo cattolico ha a disposizione un testo (Laudato si’) che per ampiezza e ricchezza è in grado di fornire la cornice di riferimento per l’azione negli ambiti economico, sociale e politico. 
La differenza è che l’Appello a i liberi e forti arrivò dopo più di 20 anni spesi ad animare la presenza civile dei cattolici. Vero e proprio tirocinio nella carne delle società, che permise a Sturzo di maturare una concezione politica realista e vicina ai problemi reali delle persone.

Per quanto nel Paese ci sia molto di più di quello che emerge nella comunicazione pubblica, e per quanto molto di questo nuovo venga proprio dalla radice cattolica, c’è da domandarsi se sia già il tempo di serrare le fila o se non sia invece il momento di lavorare con più determinazione a innovare i processi dell’economia, della società, dei territori in modo da maturare i termini di una proposta adeguata ai tempi che viviamo.

Inutile cercare si rispondere in astratto a questa domanda. Quello che occorre fare è partire subito e comunque dalla società: ascoltando i bisogni e i sogni del «popolo» (termine caro a papa Francesco) e orientandoli nella direzione indicata dalla Laudato si’. E cercando poi di capire, strada facendo, quale siano i modi e le forme più adatte per contribuire al rilancio del Paese.

Quel che deve essere chiaro è che un impegno dei cattolici in politica, oggi come 100 anni fa, non riguarda la difesa di un’identità o di interessi di parte. Riguarda invece la capacità di questo sguardo sul mondo di immaginare una via d’uscita dalla crisi nella quale le società avanzate si trovano oggi. Nella convinzione che la radice cristiana abbia qualcosa da dire sul futuro e non solo sul passato.

Fu questa la grande sfida di Sturzo, che, nonostante le sue personali traversie politiche, alla fine portò frutti importanti. Il suo lavoro sul campo e la sua ispirazione politica furono infatti decisivi per la nascita dei partiti di ispirazione cristiana che, nel dopoguerra, ebbero un ruolo importante a livello internazionale.

Circa un eventuale ritorno dell’impegno dei cattolici in politica, sarà dunque di questo che si dovrà parlare: lo sguardo cristiano è capace di dire una parola nuova sulla crisi del mondo contemporaneo? Di costruire un consenso, ben al di là dei propri confini identitari, attorno alle linee tracciate dalla Laudato si’? Di essere voce di quei radicamenti concreti (nel mondo dell’impresa, della ricerca, delle professioni, del sociale e così via) da cui trarre anche quella classe dirigente di cui tutti sentono la mancanza?

Corriere della Sera - Mercoledì 6 Febbraio 2019

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