Nelle
ultime settimane, in occasione dei cento anni dell’appello ai liberi e forti di
Sturzo, si è riacceso il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica (Galli
della Loggia e Panebianco sul Corriere ). Comunque la si pensi, il tema è oggi
rilevante per almeno due ragioni.
In
primo luogo perché nell’Italia a pezzi di oggi il variegato mondo cattolico,
nonostante la secolarizzazione incalzante, continua a essere — seppur tra mille
difficoltà — una delle
poche
presenze rilevanti.
E
in secondo luogo perché, nel cambio d’epoca che stiamo attraversando, il
rapporto
tra
politica e religione è tornato centrale.
Nel post-2008, in un mondo
diventato multipolare, la ricerca di un nuovo equilibrio tra identità cultuali
e sviluppo tecno-economico spinge le diverse aree del pianeta a posizionarsi secondo
una logica che ricorda da vicino le tesi dello Scontro delle civiltà di Samuel
Huntington. Dove la dimensione religiosa è necessariamente tirata in ballo.
Non a caso, in Occidente, le
varie forme della nuova destra (da Trump a Orbán a Bolsonaro) sono sostenute dall’ala
più conservatrice del mondo cristiano. Un’alleanza teorizzata da Bannon e
costruita contro due «nemici»: la cultura progressista (che ha il torto di
combinare la fede nella innovazione tecnoscientifica con i diritti individuali); e il mondo
islamico, storico avversario oggi accusato di minacciare la cristianità
attraverso l’immigrazione e il terrorismo.
La «democrazia illiberale»
di cui parla Orbán è il prodotto di una nuova «santa
alleanza» tra politica e
religione — da realizzare su base nazionale — per sconfiggere i due avversari
sopra richiamati. La capacità di mobilitare i fermenti identitari di parte del
mondo religioso costituisce un elemento importante nella spiegazione dell’avanzata
dei nuovi partiti sovranisti.
In Italia la presenza di
papa Francesco — con i conseguenti orientamenti della Cei — ha finora limitato
l’uso da parte di Salvini dei simboli
religiosi. Ma sotto la cenere, la brace brucia.
Cento anni fa, col suo
appello, Sturzo tentò di radunare le forze cattoliche per evitare la
dissoluzione della democrazia, stretta tra le destre emergenti e le sterili
convulsioni della sinistra. Oggi in Italia, in Europa, in Occidente, quel
bisogno si ripropone: come allora, il disordine mondiale sta risucchiando gli
strati popolari su posizioni estremiste. Col consenso di quella parte del mondo
religioso che spera in una rivincita nei confronti della secolarizzazione.
Rispetto a 100 anni fa, si
possono notare una somiglianza e una differenza.
Sturzo fu il prodotto più
maturo della lettura che l’Enciclica Rerum Novarum aveva offerto dei grandi
cambiamenti prodotti dall’industrializzazione. Come allora, anche oggi il mondo
cattolico ha a disposizione un testo (Laudato si’) che per ampiezza e ricchezza
è in grado di fornire la cornice di riferimento per l’azione negli ambiti economico,
sociale e politico.
La differenza è che l’Appello a i liberi e forti arrivò
dopo più di 20 anni spesi ad animare la presenza civile dei cattolici. Vero e
proprio tirocinio nella carne delle società, che permise a Sturzo di maturare
una concezione politica realista e vicina ai problemi reali delle persone.
Per quanto nel Paese ci sia
molto di più di quello che emerge nella comunicazione pubblica, e per quanto
molto di questo nuovo venga proprio dalla radice cattolica, c’è da domandarsi
se sia già il tempo di serrare le fila o se non
sia invece il momento di lavorare con più determinazione a innovare i processi
dell’economia, della società, dei territori in modo da maturare i termini di
una proposta adeguata ai tempi che viviamo.
Inutile cercare si
rispondere in astratto a questa domanda. Quello che occorre fare è partire
subito e comunque dalla società: ascoltando i bisogni e i sogni del «popolo»
(termine caro a papa Francesco) e orientandoli nella direzione indicata dalla
Laudato si’. E cercando poi di capire, strada facendo, quale siano i modi e le
forme più adatte per contribuire al rilancio del Paese.
Quel che deve essere chiaro è
che un impegno dei cattolici in politica, oggi come 100 anni fa, non riguarda
la difesa di un’identità o di interessi di parte. Riguarda invece la capacità
di questo sguardo sul mondo di immaginare una via d’uscita dalla crisi nella
quale le società avanzate si trovano oggi. Nella convinzione che la radice
cristiana abbia qualcosa da dire sul futuro e non solo sul passato.
Fu questa la grande sfida di
Sturzo, che, nonostante le sue personali traversie politiche, alla fine portò
frutti importanti. Il suo lavoro sul campo e la sua ispirazione politica furono
infatti decisivi per la nascita dei partiti di ispirazione cristiana che, nel
dopoguerra, ebbero un ruolo importante a livello internazionale.
Circa un eventuale ritorno
dell’impegno dei cattolici in politica, sarà dunque di questo che si dovrà
parlare: lo sguardo cristiano è capace di dire una parola nuova sulla crisi del
mondo contemporaneo? Di costruire un consenso, ben al di là dei propri confini
identitari, attorno alle linee tracciate dalla Laudato si’? Di essere voce di quei
radicamenti concreti (nel mondo dell’impresa, della ricerca, delle professioni,
del sociale e così via) da cui trarre anche quella classe
dirigente di cui tutti sentono la mancanza?
Corriere della Sera - Mercoledì 6
Febbraio 2019
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