Estratti da una intervista di Agasso a LA STAMPA 20 maggio 2019
(…)
A 100 anni dall’appello di don Sturzo, che cosa sono chiamati a essere e a
fare i cattolici in politica? E che ruolo dovrebbero avere i preti e i vescovi?
«I cattolici in politica sono chiamati a mettere in pratica autenticamente
la logica del servizio: non si fa politica per carriera, per soldi o per
bramosia di potere, ma come impegno di umanità e santità. La politica è una
missione in cui i cattolici possono rendere testimonianza al Vangelo servendo
con carità il proprio Paese. I pastori invece hanno un altro grande compito:
quello di esortare alla fedeltà del magistero della dottrina sociale della
Chiesa Cattolica, alla comunione fraterna e alla solidarietà tra le persone.
Non mi stancherò mai di dirlo: il laicato cattolico deve superare, una volta
per tutte, questa vecchia e sterile divisione tra chi si occupa solo di bioetica
e chi soltanto di povertà. Il messaggio sociale del cristianesimo è unitario e
si basa sulla salvaguardia della dignità della persona umana in ogni
circostanza: dalla maternità al lavoro, dal rapporto con la scienza alla cura
dei migranti».
Uno dei temi cruciali per la Chiesa è la famiglia: qual è lo “stato di
salute” della famiglia? Di che cosa ha più bisogno?
«A me sembra che oggi siamo in presenza di “famiglie sole” che vivono in un
mondo liquido ma che, nonostante le moltissime difficoltà, continuano ad essere
“la roccia” della nostra società. Fare una famiglia oggi è un atto di eroismo
incredibile perché significa andare totalmente controcorrente. Contro un
sistema sociale e culturale che privilegia ogni forma di individualismo
rispetto alla famiglia e favorisce ogni desiderio al di là di ogni
responsabilità. Oggi sembra quasi impossibile parlare al mondo dell’esistenza
di un amore per sempre, che non finisce e non si divide. Eppure, nonostante
questa lunga serie di ostacoli che rendono difficile la vita delle coppie, la
famiglia continua ad essere un baluardo, anzi, una roccia della nostra
esistenza. La prima cosa di cui oggi c’è assoluto bisogno consiste nel
ribadire, con forza, che l’unione matrimoniale tra un uomo e una donna, aperta
ai figli, non è una struttura residuale della storia, ma è la cellula
fondamentale ed insostituibile del nostro vivere in comune».
Che cosa dovrebbero fare i governanti in ambito familiare? C’è un modello
di politiche familiari di qualche paese straniero a cui Lei farebbe
riferimento?
«I paesi stranieri, soprattutto quelli con una democrazia ancora giovane e
con un passato autoritario, non li prenderei come esempio: devono ancora
maturare, hanno molta strada da fare. Riguardo all’Italia la prima
considerazione da fare è un po’ amara. Perché, al di là delle tante parole,
siamo ancora indietro sulle politiche familiari. Il presente e il recente
passato sono infatti caratterizzati da tante chiacchiere e pochi fatti. Io
penso, invece, che ci siano almeno tre campi su cui agire concretamente: in
primo luogo, un nuovo welfare più vicino alle famiglie che non si traduca
soltanto in piccoli interventi monetari ma che produca un nuovo intervento
sociale a sostegno delle coppie giovani, dei precari, delle donne e della
natalità; in secondo luogo, un rafforzamento dell’alleanza scuola-famiglia, in
cui gli alunni siano al centro del progetto educativo, i docenti siano
valorizzati nella loro professionalità, e le famiglie siano salvaguardate da
ogni deriva ideologica in campo educativo; in terzo luogo, infine, ciò di cui
c’è più bisogno, oggi, è una nuova organizzazione del lavoro che si basi sul
cosiddetto fattore famiglia».
In che senso?
«Occorre ripensare i tempi di lavoro e bilanciarli con quelli di un
armonico sviluppo morale e civile, non solo economico, della famiglia. Sono
sicuro che se un lavoratore è inserito in un ambiente di lavoro sereno,
rispettoso dei tempi familiari, lavori meglio e la società nel suo insieme ne
può trarre beneficio».
Che cosa pensa delle tensioni attorno al Congresso della famiglia di
Verona?
«La famiglia sta particolarmente a cuore alla Chiesa, proprio per questo ci
dispiace che finisca in polemiche strumentali».
Quanto serviva davvero il reddito cittadinanza?
«Tutto ciò che va in soccorso ai poveri è senza dubbio positivo. E quindi,
come Chiesa, riceve la nostra attenzione e il nostro riconoscimento. Direi,
però, che ci troviamo di fronte soltanto all’inizio di un tentativo di aiuto
nei confronti di chi è in difficoltà. Le politiche di lotta alla povertà,
probabilmente, dovranno avere un carattere più organico e non potranno ridursi
soltanto all’erogazione temporanea di un reddito. Sarebbe opportuno, infatti,
fornire un sostegno diretto al lavoro e all’occupazione. E in più bisognerebbe
dare un’attenzione particolare, come ho già detto prima, alle donne in
maternità». (...)
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