lunedì 18 marzo 2019

L'UNIONE EUROPEA VISTA DA PRAGA




Václav Klaus, universalmente riconosciuto come il padre degli euroscettici, ha scritto in prima persona la storia dell'Europa contemporanea. Presidente della Repubblica ceca dal 2003 al 2013, ha sancito la fine della Cecoslovacchia ricoprendo il ruolo di Primo Ministro dal 1993 al 1998. Klaus da sempre si batte per una revisione delle politiche dell'Unione europea, prima come politico e ora attraverso un intenso lavoro culturale e intellettuale che si concretizza con il progetto del Václav Klaus Institute a Praga e l'attività giornalistica ed editoriale.

VACLAV KLAUS :” L’UNIONE EUROPEA MI RICORDA L’UNIONE SOVIETICA”

“Per noi cechi l’Unione Europea non è un simbolo di liberazione, di libertà e democrazia. È un simbolo di postdemocrazia, di iper regolamentazione, e di attitudine ostile al mercato. Ci sono molte somiglianze con l’esperienza che noi cechi abbiamo vissuto 30, 40 anni fa dotto il dominio sovietico”

Ad esempio?
“Non voglio fare paragoni grossolani, ma in entrambi i casi, quello dell’Urss e quello dell’UE, i processi decisionali non si svolgono al livello dei singoli stati nazionali. Le regole si stabiliscono da qualche parte lontana: un tempo a Mosca, oggi a Bruxelles”.

Per questo nell’Europa dell’Est soffia questo vento sovranista?
“A parte che la Repubblica Ceca non è un paese dell’Est, ma dell’Europa Centrale, voi ragionate ancora come durante la guerra fredda. Indubbiamente questo è un aspetto in cui i paesi ex sovietici sono particolarmente sensibili. L’istanza cruciale della rivoluzione di velluto, che portò alla dissoluzione del regime comunista cecoslovacco era, come oggi, quella del recupero della sovranità. Non direi che oggi in Europa c’è un vero libero mercato. Noi lo volevamo, invece quello che stiamo ottenendo oggi dall’UE è un ritorno al vecchio sistema. Abbiamo meno libertà di 30 anni fa. Non sono pentito delle liberalizzazioni, ma dell’ingresso nell’UE.”

Nell’UE c’è un deficit di democrazia?
“Si. I politici europei sono lontani dagli elettori. E gli elettori non hanno alcuna possibilità di influenzare le decisioni che vengono prese a Bruxelles”.

Dicono che il ritorno dei nazionalismi metta in pericolo la pace.
“Non sono affatto d’accordo con l’idea che il nazionalismo costituisca un problema, e che l’Ue sia l’istituzione che garantisce la pace. E non confondiamo le idee paragonando il nazionalismo al nazismo. L’amore per la patria non può essere paragonato a questo”.

L'EUROPA HA UNA STORIA E UNA CULTURA, L'UNIONE EUROPEA E' UN ARTIFICIO

Cosa chiedono allora i sovranisti?
“Vogliamo conservare gli stati nazionali. Non vogliamo essere governati da Bruxelles”.
Non crede che il sovranismo possa mettere in pericolo la democrazia, l’indipendenza del potere giudiziari e la libertà di stampa in Polonia e Ungheria?
“Questa è la tesi del compagno Junker e del Compagno Tusk, o di quel belga che mi ricorda tanto i dirigenti sovietici (Verhofstadt). I paesi che sono stati sotto il dominio comunista sono sensibili a queste cose, forse anche troppo. Ogni volta che sentiamo odore di violazioni della libertà e della democrazia, facciamo resistenza”.

Che pensa del progetto di riforma dell’UE di Macron?
“Noi rigettiamo totalmente le idee del signor Macron, perché sono estremamente pericolose. Creerebbero una UE ancora più schiava delle regolamentazioni e della burocrazia, ancora più antidemocratica. Un mostro progressista”.

Questa Europa si può riformare?
“Non è la domanda giusta”.

Raffaello Sanzio "LA SCUOLA DI ATENE"

E qual è la domanda giusta?
“Se l’Unione Europea si possa riformare. Europa e Unione Europea sono due cose diverse, molto diverse. L’Europa ha una storia, una cultura, è fatta di città e nazioni molto antiche. L’UE è un artificio, un’istituzione creata dall’uomo che ha avuto un inizio e vedrà una fine”.


Secondo lei, quali sono le priorità per cambiare l'Unione europea?
«I problemi dell'Ue sono molteplici. A livello legislativo dovremmo tornare all'Europa precedente il trattato di Maastricht (per superare anche il trattato di Lisbona) cambiando radicalmente le due più importanti ambizioni di unificazione dell'era recente: Schengen e l'euro. Al tempo stesso dovremmo fermare la migrazione di massa e restituire potere decisionale e sovranità agli stati nazionali».

Perciò l'Italia e le altre nazioni che hanno adottato l'euro dovrebbero lasciare la moneta unica e abbandonare l'Unione europea?
«Paesi come l'Italia dovrebbero cercare insieme a noi di cambiare il modello attuale dell'integrazione europea. Se il nostro comune sforzo in questa direzione fallisce, lasciare l'UE è una possibilità. L'euro si è rivelato un esperimento economico sbagliato per l'Italia responsabile di due decenni di stagnazione e di scarse prestazioni economiche del vostro paese».

Alcuni stati europei, in particolare i paesi del gruppo di Visegrad, sono contrari alla ridistribuzione dei migranti giudicata positivamente in Italia anche dalle forze di governo, qual è la sua posizione sull'argomento?
«Invece di proteggere i confini dell'Ue, le élite europee propongono la ridistribuzione dei migranti e l'apertura dei confini minacciando la cultura e le tradizioni delle nazioni europee. Non dovrebbero esserci frizioni tra gli italiani e cittadini dell'Europa centrale su questo tema, il nostro nemico comune non sono i migranti ma le élite europee che hanno aperto le porte alle migrazioni di massa».
«La chiusura dei confini dell'Ue è una necessità. La società umana si basa su porte, recinti, muri, confini. Liberarsene è un'ambizione utopica, dovremmo dirlo molto chiaramente. Ho vissuto molti decenni dietro la cortina di ferro ma non ci è venuto in mente di sbarazzarci dei confini. Volevamo confini normali, non la cortina di ferro. Credo che quello che sta facendo il signor Matteo Salvini (chiudere i confini, difendere il territorio, difendere il paese) sia qualcosa di assolutamente razionale e necessario”.

Tratto da “La Verità”dell’11 marzo





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