Botticelli La Primavera (part.) |
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, intervenendo con intelligente
tempestività nella situazione, la Chiesa mise comunque l’Italia al sicuro
dal possibile bagno di sangue che si prospettava se, come ad esempio accadde
invece in Grecia, la collocazione concordemente assegnata al nostro Paese dalle
Potenze vincitrici fosse stata rimessa in ballo. Nei trent’anni che seguirono,
sotto i governi guidati dalla Democrazia Cristiana quello che era un Paese
giunto soltanto alle soglie dell’industrializzazione e poi ridotto in macerie
dalla guerra arrivò infine a far parte del G 7, il gruppo delle sette maggiori
economie industriali del mondo.
Oggi che tale stagione politica è del tutto conclusa, e in nessun modo ha
senso venga ripresa, è tuttavia giusto ricordarne il cruciale valore storico.
D’altra parte non soltanto allora ma anche adesso non conviene a nessuno che
nel nostro Paese la presenza cristiana sia silente. Tutto conferma che oggi,
malgrado la sua posizione dominante, la
cultura secolare post-illuminista da sola non ce la fa ad affrontare con
successo quella che non è una crisi dell’economia e della politica bensì in
primo luogo ed essenzialmente una crisi della speranza.
Nella misura in cui i cristiani sono realmente tali, la visione del mondo cristiana diventa perciò anche una risorsa civile
di cui conviene a tutti tener conto. In via preliminare rispetto al
dibattito sui nuovi modi in cui essa può riaffacciarsi sulla scena pubblica
della società plurale in viviamo, proviamo allora a fare un primo elenco (che beninteso non pretende di essere né
indiscutibile né esauriente) di che cosa di buono può venire oggi dalla gente
di fede all’edificazione della casa comune di tutti gli uomini
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In primo luogo un saldo e solido fondamento del principio di laicità. Tale
principio infatti è radicalmente e originariamente cristiano: entra nella
storia con Gesù Cristo e il suo “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio
quel che è di Dio” (Mt, 22,21), e risulta stabilmente fondato solo in aree e
in culture di matrice cristiana. Altrove si diffonde soltanto per così
dire per osmosi, e fatica a trovare spazio e stabilità. Non solo nel mondo islamico
ma pure altrove. Nella storia si è ampiamente attuato solo verso la fine
dell’età moderna, ma in ultima analisi sempre in forza delle sue antiche radici
cristiane. E sono queste che si oppongono alla sua distorsione in forma
laicistica. In una forma cioè che mentre pretende di dargli piena espressione
in effetti lo contraddice.
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La motivata affermazione del valore primario della persona, base essenziale
della democrazia, e quindi del suo primato rispetto non solo alle istituzioni
politiche, allo Stato, ma anche alle nuove potenze dell’era digitale, oggi
spesso più potenti e più penetranti del potere politico tradizionale.
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La memoria consapevole delle radici cristiane della cultura europea,
occidentale, che peraltro costituisce il nucleo principale della civiltà
contemporanea in quanto tale. Ignorando tali radici non si riesce più a capire
e quindi a governare né l’una né l’altra. Perciò i cristiani, che per
definizione ne sono i primi eredi, hanno al riguardo un ruolo tanto
ineliminabile quanto importante.
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Il realismo, tuttavia non cinico, che deriva da una concezione dell’uomo,
ispirata alla dottrina del peccato originale, che lo vede orientato al bene ma
fragile di fronte al male. Tale dottrina mette al riparo da due equivoci
opposti in sé ma uguali nelle loro nefaste conseguenze: quello che consiste nel
ritenere l’uomo soltanto buono (in pratica non tutti gli uomini bensì un certo
popolo ovvero una certa classe sociale) oppure soltanto cattivo, homo
homini lupus. Da ciascuno di tali equivoci derivano culture opposte
altrettanto nefaste nelle conseguenze, come la storia dell’età moderna non ha
mai smesso di confermare.
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La disponibilità reale a ragionare in termini di lungo periodo che è tipica
di chi, considerandosi all’opera insieme a un Dio eterno creatore, pensa alla
vita terrena come alla prima tappa di una vita senza fine. Siccome tutte le
grandi idee e i grandi progetti hanno un respiro più che generazionale, nella
misura in cui l’ateismo pratico diventa mentalità comune per conseguenza
si blocca lo sviluppo; e per analoghi motivi declina il desiderio
di mettere al mondo dei figli. L’uomo cessa infatti di essere generativo
e non pensa ad altro che a sé ed a quanto può raggiungere nella propria
personale vita terrena.
La tendenza ad avere uno sguardo equilibrato e inclusivo su tutta la realtà
che è propria di chi è stato educato a considerare la realtà in tutti i suoi
fattori, e a vedere il tutto in qualsiasi frammento. E a situare normalmente
ogni questione nella vastissima prospettiva che è propria di chi vive
nell’orizzonte della Chiesa, plurimillenario in quanto al tempo e
planetario in quanto allo spazio.
Per motivi come questi — osserviamo
concludendo — i cristiani sono tra l’altro una risorsa politica utile sempre,
ma utile più che mai nell’attuale fase di confusa transizione dall’età moderna
alla nuova età nascente cui non si sa finora quale nome dare.
Pubblicato il 26 marzo 2019
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