I giovani rapiti dalla
battaglia per il clima non hanno una cultura ecologica globale: conoscono solo
qualche slogan fatto in casa. O dai media
Ecologista da tempi non sospetti, resto
allibito da questo scoppio di “amor naturae”
negli adolescenti. A proposito di clima e ambiente, non sono il
solo ad aver visto il nulla nella coscienza ecologica giovanile negli ultimi
vent’anni, notando invece una generazione tutta dedita ad inquinare, sprecare,
ammalarsi di sostanze tossiche; certo non per colpa loro, ma per insipienza
della generazione precedente che li ha svuotati di ogni contenuto. Oggi
d’improvviso l’esplosione di coscienza. Mah.
Già da quando scrivevo con altri
ecologisti il libro Una gravidanza ecologica mettevo in
guardia dal disimpegno generale rispetto ai temi dell’ecologia, salvo gli
sporadici (e conditi di politica) richiami al surriscaldamento globale.
Anche
qualche anno dopo, quando scrivevo il libro La cultura dello scarto,
lamentavo che nelle generazioni che affollano le scuole si moltiplicassero i
cellulari (inquinanti), le plastiche (inquinanti), le emissioni di tabacco e di
smog (inquinanti); addirittura che reclamassero come diritto l’avere il
cellulare acceso a scuola, come se loro e i politici che gli andavano dietro
non avessero mai sentito parlare di elettrosmog.
Quest’esplosione di
“coscienza” mi ricorda l’esplosione di “tifo” per le regate di barca a vela che
costringevano vent’anni fa un’intera generazione a improvvisarsi esperti di skipper
e rande perché lo diceva la tv mentre mai ne avevano sentito parlare fino al
giorno prima. Oggi non è la tv a dettare il programma, ma sono i più efficienti
social media (veicolati da strumenti altamente inquinanti, ma tant’è…!). Quello
che dunque lascia attoniti non è la potenza dei giovani, ma la potenza dei mass
media che in 24 ore riescono a far fare alla popolazione quello che vogliono a
tavolino, con strategie chiare e rodate.
Quello che sappiamo è che i ragazzi non hanno una reale
coscienza ecologica (basta far loro qualche domanda che non
richieda solo uno slogan come risposta), anche perché se l’avessero
butterebbero via i cellulari, smetterebbero di andare in giro griffati, non
butterebbero nella spazzatura metà del loro pranzo che snobbano per principio.
Non farebbero viaggi aerei e in auto per solo svago, sapendo quanto inquina un
auto o un aereo, e farebbero catene umane per ripulire spiagge e boschi.
Soprattutto, avrebbero una coscienza ecologica globale, cioè la chiara
consapevolezza che inquinamento non significa solo gas serra, e non significa
solo plastiche, cadmio, mercurio… significa giustizia sociale, lotta contro le
diseguaglianze globali, perché l’inquinamento peggiore è quello dei popoli
ricchi che riversano le loro scorie nei paesi poveri, dei paesi occidentali che
ripuliscono la loro coscienza limitando le fabbriche inquinanti, semplicemente
trasferendole nei paesi poveri.
Io non credo a questi miracolose
conversioni; e nemmeno mi piacciono perché dovrebbero essere ben altri i temi
di preoccupazione accanto al giusto allarme contro lo smog: una
generazione di ragazzi che parla contro l’inquinamento dell’aria di Roma, ma
non si preoccupa dello sfruttamento delle donne a Nairobi o della guerra ad
Addis Abeba, della predazione delle risorse africane da parte dei popoli
europei… o che non si preoccupa della disoccupazione in Italia, Spagna e Grecia
non è credibile.
Come scriveva Pasolini, “generazione sfortunata / Arriverai
alla mezza età e alla vecchiaia / ti accorgerai di aver servito il mondo
/contro cui con zelo / “portasti avanti” la lotta !!”.
19.03.2019
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