IL VOLANTINO DI CL
In seguito all'approvazione della "Legge per la morte medicalmente assistita", la comunità locale del movimento ha scritto un documento: «Che coraggio è necessario per sostenere la nostra speranza»17.03.2021
L’attuale discussione sull’eutanasia è sintomatica di una perdita del
desiderio di vivere, molto più diffusa di quanto vorremmo ammettere o
affrontare. Un momento come questo ci ricorda quanto coraggio ci vuole per
sostenere la nostra speranza e quella di chi ha gli occhi puntati su di
noi. Di fronte alla sofferenza, le domande esplodono: «Perché io?
Come è possibile sopportare questo? Se questa è la vita, vale ancora la pena
viverla?».
Abbiamo tutti queste domande che, in un certo senso, urlano, anche se spesso
sembrano oscurate o anestetizzate, come se quello che fino a poco tempo fa era
evidente non lo fosse più, sia nei giovani, spesso soffocati dal contesto in
cui vivono, sia in chi, imprigionato in un letto e in un dolore per il quale
non vede né fine né scopo, percepisce la realtà come un ostacolo al suo
desiderio di felicità. Ma l’eutanasia non risolve questo dramma.
1. Dice un medico
malato di Sla
(sclerosi laterale amiotrofica) in un’intervista: «Scusi, ma pensa
che ci sia qualcuno che vorrebbe vivere così? Secondo lei, quando dieci anni fa
sono entrato nelle stanze di terapia intensiva e ho visto persone intubate, che
vivevano di tubi e in condizioni precarie, cosa crede che abbia detto e
pensato? Non vorrei mai, mai vivere così. Piuttosto, lasciatemi morire». E
aggiunge: «Eppure la malattia mi ha permesso di rendermi conto di quanto sia
bello chiedere aiuto e, soprattutto, che se noi, i malati, siamo adeguatamente
assistiti, non c'è malattia che impedisce alla vita di essere un diritto e di
rimanere un dono in modo da essere vissuto sino alla fine».Lisbona, San Vincente de Fora
2. Anche un'oncologa dice: «Quando arriva il cancro, quando arriva
il dolore, è come se la vita fosse messa a nudo. Tutto si semplifica, nascono
le vere domande. Ho scoperto che il cancro non sempre prende la vita, ma può
darla. Perché l'uomo vivente è l'uomo che chiede».
3. Un’insegnante delle medie aggiunge: «Come insegnante, vedo che i
più piccoli ci guardano e ci chiedono di aiutarli a mantenere viva la speranza
che valga la pena nascere, che sia possibile essere felici. Sono in grado di
bombardarci di domande esistenziali, domande sul significato della vita e della
morte e della sofferenza». Per questa insegnante, il dramma che affronta ogni
giorno quando entra in classe è quello di decidere di sostenere il desiderio
infinito del cuore dei suoi studenti o di relativizzarlo.
4. All’inizio di questo secondo lockdown, la struttura di
emergenza dell’ospedale di Lisbona ha lanciato un appello ai volontari per
sostenere gli operatori sanitari nelle attività di assistenza ai pazienti e per
un supporto amministrativo, richiedendo di avere più di 18 anni e di essere già
stati infettati dal virus. Servivano 80 volontari. Ci sono state 845
iscrizioni.
In questa pandemia, abbiamo visto emergere tracce di speranza in
tanti che non hanno mancato di affermarla, anche sacrificandosi: nei cappellani
ospedalieri o in tanti giovani volontari ComVidas nelle case di cura in cui
c’era il Covid (dove tutti sono fuggiti, loro sono entrati ); in medici e
infermieri che lavorano senza rinunciare a rispondere ai loro pazienti; nella
dedizione di tanti docenti nella proseguire il rapporto con i propri studenti,
ora a distanza, perché è la modalità che la realtà permette; ancora, nella
creatività di imprenditori e lavoratori che reinventano le loro aziende per non
chiudere.
Una speranza che trova eco in quei tanti che si sono offerti volontari per
aiutare in prima linea, anche con discrezione e in lavori semplici (dieci
volte più del necessario, e in un contesto di estrema crisi e difficoltà),
dimostrando come a spingerci sia la voglia di vivere e di non lasciar morire.
Questo stesso desiderio ha spinto alcuni a partecipare al dibattito
pubblico, mossi dalla necessità di affermare e testimoniare che il problema
posto meritava la ricerca di una vera risposta che non poteva esaurirsi
solamente nel dibattito politico-partitico.
Le domande che la vita pone richiedono una risposta credibile, una
risposta che può essere data solo da chi le ha incrociate, da chi non le ha
cancellate, da chi vive la ragione come un’apertura, lasciandosi interrogare
dalla vita, da chi non vive una ragione stentata, chiusa, che le cancella.
Abbiamo bisogno di adulti che non abbiano paura delle domande della ragione.
Soprattutto quelle che esplodono di fronte alla sofferenza: «Perché io? Come è
possibile sopportare questo? Se questa è la vita, vale ancora la pena viverla?».
Queste domande hanno dentro una strada di bene che può essere percorsa
in compagnia di Cristo che è venuto da noi e che, per dare l'unica
risposta totale, ha sofferto ed è morto come noi, ha attraversato la
contraddizione di una vita che sembra perdere. E lo ha fatto vincendo la morte,
rimanendo al nostro fianco, per sempre. Risponde alle nostre domande con la sua
presenza, visibile oggi, accanto a chi soffre.
Per questo i nostri Vescovi ci ricordano con insistenza che
tutta la vita umana ha valore e «ora più che mai rafforziamo il nostro intento
di accompagnare con cura e amore tutti i malati, in tutte le fasi della loro
vita terrena e, in modo particolare quella finale».
Guardare chi già lo fa sostiene la nostra speranza e apre la possibilità di un
percorso che non vogliamo perdere, con tutti coloro che incontriamo.
Comunione e Liberazione Portogallo
NOTA
A pochi
giorni dall’approvazione definitiva della legge sull’eutanasia al Congresso dei
deputati in Spagna, la Corte costituzionale in Portogallo ha cassato la
normativa che depenalizza la morte medicalmente assistita. Con l’argomentazione
che impiega concetti
«eccessivamente indeterminati» nella definizione dei requisiti di accesso
all’eutanasia. Ha accolto così parzialmente le riserve espresse
dal presidente della Repubblica, il conservatore Marcelo Rebelo de Sousa,
che aveva rimesso la legge, approvata lo scorso 29 gennaio dal Parlamento, alla
verifica di conformità costituzionale, facendo uso della prerogativa di veto
del capo dello Sato.
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