venerdì 19 marzo 2021

RACCONTARE IL VANGELO IN VERSI: L'ULTIMA FATICA DI FRANCO CASADEI

 di MARINO MENGOZZI

Il Vangelo, si sa, è la “buona notizia”: nessun tempo come il nostro ha necessità di buone notizie, mai l’uomo è stato tanto assetato di speranza. E la speranza arriva da una buona notizia. Le parole più audaci – perché più vere – sono custodite proprio nel Libro della Parola, di quel logos che sta all’origine di tutto, come enuncia solennemente il prologo del Vangelo di Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Vervo era Dio».

Che cosa accade se la Parola incrocia la parola poetica? La veste di verità e la traveste da messaggera di speranza.

Il compito che si è assunto Franco Casadei con questa nuova raccolta – Nostro fratello Giuda. Il Vangelo in poesia, Borgomanero, Giuliano Ladolfi Editore, 2021 – è anche una sfida coraggiosa: portare all’uomo e alla sua odierna mendicanza i tesori dei Vangeli trasfigurati e semplificati nella forma del linguaggio poetico, che scarnifica il messaggio adornandolo di bellezza ordinata, misurata e gratuita.

Già il titolo intriga, soprattutto perché dissonante al primo impatto: Giuda è il prototipo di traditore del Maestro e del suo Vangelo, dunque come si legano e accostano i due soggetti? E perché mai l’autore qualifica l’Iscariota “fratello” e gl’intesta l’intera silloge a partire dall’onore della copertina?

Gli interrogativi erano già chiari al poeta, che opportunamente premette «Come è nato questo libro»: e da qui deve partire il lettore, non senza aver prima apprezzato quale lanterna necessaria e sicura l’autorevole Prefazione del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, mons. Massimo Camisasca, che addita – con la consueta efficacia – la chiave di lettura del testo e dei suoi fattori primari: esperienza, dramma esistenziale, grido dell’uomo, ricerca del senso, ragioni della speranza.

Casadei parte dalle suggestioni di un incontro con madre Anna Maria Cànopi (1931-2019), carismatica monaca benedettina fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio sul lago d’Orta, e della lettura della celebre omelia del Servo di Dio don Primo Mazzolari (1890-1959) tenuta a Bozzolo il Giovedì Santo del 1958, incentrata proprio su «Giuda, fratello nostro». Non può non commuovere il pianto amaro – lo stesso, si badi, di Pietro! – di questo discepolo che arriva a vendere per trenta denari il suo Maestro, così come non può non coinvolgere ogni uomo quella sua scandalosa e orribile azione (chi infatti può dire di non aver mai tradito?).

Parte dunque dal tradimento il viaggio poetico, scandito in tre tappe/sezioni: 1. «Ed io che sono?» (la più affascinante delle domande di Giacomo Leopardi); 2. «Ciò che occorre è un Uomo» (un famoso incipit di Carlo Betocchi); 3. «E duemila anni dopo?» (con esergo da Thomas Stearns Eliot); tre fra i più amati ispiratori del cammino poetico ed esistenziale dell’autore.

Nel percorso dei testi (57 in totale) s’innesta il Vangelo, “tradotto” da Casadei, cioè esposto e indagato per episodi e personaggi lungo la vicenda terrena di Gesù di Nazareth (dall’Annunciazione alla Pentecoste), ruminato e introiettato, antologizzando e suscitando questioni e domande che investono e interpellano la nostra vita, portandola – ecco la buona notizia! – dalla caduta al risollevamento, dalla disperazione alla speranza, dalle tenebre alla luce, dal tradimento alla misericordia e alla redenzione.

LORENZO LOTTO
Annunciazione di Recanati
 Il Vangelo della nostra memoria ha grande familiarità con pagine, parabole e personaggi peculiari, con episodi e figure da sempre transitati pure nel linguaggio figurativo (pensiamo alla Biblia pauperum della straordinaria stagione medievale, dove le pareti delle chiese si trasformavano in mirabili pagine illustrate): Casadei li sceglie con destrezza e ne rinnova il racconto in forma asciutta e suadente, efficace e autorevole.


Così L’Annunciazione: «Il momento decisivo / per il destino del mondo / è avvolto dal silenzio»;

così L’anno zero: «Il vasaio si è fatto argilla, / è voluto venire /inaugurando l’anno zero»; così I Re Magi: «per loro contava la verità / – non l’opinione – / e la verità si incontra, / non si può inventare»;

così Il primo annuncio: «Dio non è oltre le stelle, / ma è all’opera fra le colline e il lago / […] Ogni strada del mondo è Galilea»;

così Zaccheo: «Mi si aprì, senza volerlo, il cuore. / Non capii del tutto quel che mi accadeva, / ma Lui era lì / e questa impensata misericordia mi bastava»;

così Il figliol prodigo: «Dio non regge il dolore dei suoi figli, / si arrende / e quando il mondo li considera perduti / Lui li abbraccia come fossero rinati»; e via poetando.

Fra i vari tratti distintivi, merita segnalare l’esito felice delle chiuse, come a ricapitolare il messaggio prima di premere il “tasto invia”:

«Le bilance di Dio / non pesano il quanto, / ma il come» (Il quanto e il come);

«L’ovile non sarà mai una prigione, / ma una soglia spalancata / in transumanza verso il destino» (Il Buon Pastore);

«Tutti guariti, uno solo salvato. / Nella guarigione si chiudono le piaghe, / nella salvezza rifiorisce la vita» (I dieci lebbrosi);

«La salvezza ha il colore del sangue, / estratte le spine, vola felice / il pettirosso nella luce che si sgrana» (Il sepolcro vuoto);

«la Parola è di un Altro, / noi soltanto voce» (Non noi).

Questa è una raccolta lirico-narrativa (al limite di una nuova forma catechetica?) che manifesta mestiere e, di più, vocazione: il primo sa porgere con navigata politezza, la seconda àncora alla realtà il dato esperienziale; così l’io del poeta sollecita e accompagna il tu del lettore ed entrambi si avviano su un cammino in compagnia e amicizia.

L’amicizia speciale e sincera dei poeti: che può risultare sofferta là dove gli aneliti s’incontrano e sovrappongono, ma che infine denuda la zavorra, spariglia il superfluo e produce una sconosciuta, lucida serenità.               

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