lunedì 8 marzo 2021

IL PAPA IN IRAQ PELLEGRINO FRA I MARTIRI DEL NOSTRO TEMPO

 di Matteo Matzuzzi, da Il Foglio - Newmann

Tante sono le immagini iconiche che si sono susseguite in questi tre giorni intensi idealmente trascorsi in compagnia del Papa in Iraq. Da venerdì a domenica, prima della partenza di questa mattina, sono state giornate piene e ricche di momenti che hanno segnato un pellegrinaggio nella terra dei martiri del nostro tempo destinato a entrare nella Storia. Frase abusata, certo, ma mai come stavolta concreta.

Papa Francesco a Mosul libera una colomba

Si è detto e scritto che questo è il viaggio più importante del pontificato, altri hanno sostenuto che è il più importante dell'ultimo ventennio. Di sicuro sta già facendo la Storia. E non solo per le foto di rito che per ore hanno invaso le timeline di Twitter o le bacheche di Facebook, da quella con il Grande ayatollah Ali al Sistani alle due messe celebrate a Baghdad ed Erbil. Sta facendo la Storia perché – banalissimo dirlo, ma è la verità – il Papa è andato lì. A confermare nella fede popoli stremati, offesi e vilipesi, che hanno preferito in non pochi casi perdere tutto per salvare la fede (rileggersi le testimonianze ascoltate in questi giorni per farsi un'idea). In questi anni anche sul Foglio abbiamo ampiamente dato conto della persecuzione, sia quella "in guanti bianchi" sia quella che ha inciso nella carne di famiglie costrette all'esodo dopo che le loro case erano state marchiate dalla "N" di nazareno. Il Papa era lìNessuno, quattro anni fa, avrebbe potuto immaginarlo
Ci arrivavano le immagini della profanazione, della cattedrale di Qaraqosh trasformata in poligono di tiro per aspiranti jihadisti califfali, che nelle pause tra un colpo e l'altro decapitavano le statue della Vergine o sfregiavano il tabernacolo. Che effetto, allora, vedere ieri mattina il Papa davanti all'altare restaurato, mentre la folla alle sue spalle gioiva. La sintesi migliore l'ha offerta Francesco, quando nel suo discorso ha detto che "con grande tristezza, ci guardiamo attorno e vediamo altri segni, i segni del potere distruttivo della violenza, dell’odio e della guerra. Quante cose sono state distrutte! E quanto dev’essere ricostruito! Questo nostro incontro dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio e al suo Figlio, vincitore del peccato e della morte. Anche in mezzo alle devastazioni del terrorismo e della guerra, possiamo vedere, con gli occhi della fede, il trionfo della vita sulla morte".

Un viaggio nella Storia perché l'Iraq martoriato è oggi il centro di quella che il Papa già nel 2014 definì la "Terza guerra mondiale a pezzi"
Qaraqosh, la Cattedrale ricostruita
. E' il centro di tutte le contraddizioni politiche e geopolitiche. Lacerato per vie etniche e religiose, appetito da potenze occidentali e mediorientali (va di moda sempre parlare dei cattivi americani ma raramente si ricorda l'interesse iraniano per le vicende del grande vicino), vittima di scorribande jihadiste. E perennemente instabile. Anche per questo tanti avevano sconsigliato al Papa di andare là: troppi rischi, sia legati alla sicurezza che alla diplomazia. E poi l'incontro con al Sistani, il grande leader sciita. Cosa avrebbero detto i sunniti? Tutto faceva pendere la bilancia dalla parte dei dubbiosi e dei contrari. Ma il Papa si è impuntato, e ha avuto ragione. Testimone tra i testimoni. Il cristianesimo è nato dal sangue dei suoi martiri, e oggi che i martiri "sono più che nei primi secoli", il Papa non poteva deludere ancora una volta il popolo iracheno dopo che ventidue anni fa Saddam Hussein proibì a Giovanni Paolo II di mettere piede a Ur. L'aveva detto mercoledì scorso al termine dell'Udienza generale: "Il popolo iracheno ci aspetta; aspettava san Giovanni Paolo II, al quale è stato vietato di andare. Non si può deludere un popolo per la seconda volta. Preghiamo perché questo viaggio si possa fare bene".

La Messa ad Erbil

Al termine della messa celebrata a Erbil, Francesco ha detto: "Abbraccio i cristiani delle varie confessioni: in tanti qui hanno versato il sangue sullo stesso suolo! Ma i nostri martiri risplendono insieme, stelle nello stesso cielo! Da lassù ci chiedono di camminare insieme, senza esitare, verso la pienezza dell’unità". 

A Mosul, davanti alle rovine della chiesa, Francesco ha ricordato l'esodo e la persecuzione dei cristiani. Dopo la testimonianza di Padre Raid, il Papa ha detto: "Grazie tante, Padre Raid. Lei ci ha raccontato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il medio oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle. In effetti, un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare l’insieme. Lei, Padre, ha parlato dell’esperienza fraterna che vive con i musulmani, dopo essere ritornato a Mosul. Lei ha trovato accoglienza, rispetto, collaborazione. Grazie, Padre, per aver condiviso questi segni che lo Spirito fa fiorire nel deserto e per averci indicato che è possibile sperare nella riconciliazione e in una nuova vita".
 
La Vergine Maria a Qaraqosh
Più tardi, a Qaraqosh, ha parlato della statua della Vergine da poche settimane tornata a svettare sulla cattedrale: "Mentre arrivavo con l’elicottero, ho visto la statua della Vergine Maria su questa chiesa dell’Immacolata Concezione, e ho affidato a lei la rinascita di questa città. La Madonna non solo ci protegge dall’alto, ma con tenerezza materna scende verso di noi. La sua effigie qui è stata persino ferita e calpestata, ma il volto della Madre di Dio continua a guardarci con tenerezza".

 

Ha parlato anche di terrorismo. A Ur, quando ha detto che "noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio! Sopra questo paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose. Vorrei ricordare in particolare quella yazida, che ha pianto la morte di molti uomini e ha visto migliaia di donne, ragazze e bambini rapiti, venduti come schiavi e sottoposti a violenze fisiche e a conversioni forzate. Oggi preghiamo per quanti hanno subito tali sofferenze, per quanti sono ancora dispersi e sequestrati, perché tornino presto alle loro case".

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