di Matteo Matzuzzi, da Il Foglio - Newmann
Tante sono le
immagini iconiche che si sono susseguite in questi tre giorni intensi
idealmente trascorsi in compagnia del Papa in Iraq. Da venerdì a
domenica, prima della partenza di questa mattina, sono state giornate
piene e ricche di momenti che hanno segnato un pellegrinaggio nella terra dei martiri del
nostro tempo destinato a entrare nella Storia. Frase
abusata, certo, ma mai come stavolta concreta. | Papa Francesco a Mosul libera una colomba |
Si è detto e scritto che questo è il viaggio più importante del
pontificato, altri hanno sostenuto che è il più importante dell'ultimo
ventennio. Di sicuro sta già facendo la Storia. E non solo per le foto di
rito che per ore hanno invaso le timeline di Twitter o le bacheche di
Facebook, da quella con il Grande ayatollah Ali al Sistani alle
due messe celebrate a Baghdad ed Erbil. Sta facendo la Storia perché – banalissimo dirlo, ma è la verità
– il Papa è andato lì. A confermare nella fede popoli stremati,
offesi e vilipesi, che hanno preferito in non pochi casi perdere tutto
per salvare la fede (rileggersi le testimonianze ascoltate in questi
giorni per farsi un'idea). In questi anni anche sul Foglio abbiamo
ampiamente dato conto della persecuzione, sia quella "in guanti
bianchi" sia quella che ha inciso nella carne di famiglie costrette
all'esodo dopo che le loro case erano state marchiate dalla "N"
di nazareno. Il Papa era lì. Nessuno, quattro anni
fa, avrebbe potuto immaginarlo.
Ci arrivavano le immagini della profanazione, della cattedrale di
Qaraqosh trasformata in poligono di tiro per aspiranti jihadisti
califfali, che nelle pause tra un colpo e l'altro decapitavano le statue
della Vergine o sfregiavano il tabernacolo. Che effetto, allora, vedere
ieri mattina il Papa davanti all'altare restaurato, mentre la folla alle
sue spalle gioiva. La sintesi migliore l'ha offerta Francesco, quando nel suo discorso ha detto che
"con grande tristezza, ci guardiamo attorno e vediamo altri segni, i
segni del potere distruttivo della violenza, dell’odio e della guerra.
Quante cose sono state distrutte! E quanto dev’essere ricostruito! Questo
nostro incontro dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai
l’ultima parola. L’ultima parola appartiene a Dio e al suo Figlio,
vincitore del peccato e della morte. Anche in mezzo alle devastazioni del
terrorismo e della guerra, possiamo vedere, con gli occhi della fede, il
trionfo della vita sulla morte".
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Un viaggio
nella Storia perché l'Iraq martoriato è oggi il centro di quella che il Papa già nel 2014
definì la "Terza guerra mondiale a pezzi" |
Qaraqosh, la Cattedrale ricostruita |
. E' il centro di tutte le contraddizioni politiche
e geopolitiche. Lacerato per vie etniche e religiose, appetito da potenze
occidentali e mediorientali (va di moda sempre parlare dei cattivi americani ma
raramente si ricorda l'interesse iraniano per le vicende del grande vicino),
vittima di scorribande jihadiste. E perennemente instabile. Anche per questo
tanti
avevano sconsigliato al Papa di andare là: troppi rischi, sia legati alla sicurezza che alla
diplomazia. E poi l'incontro con al Sistani, il grande leader sciita. Cosa
avrebbero detto i sunniti? Tutto faceva pendere la bilancia dalla parte dei
dubbiosi e dei contrari. Ma il Papa si è impuntato, e ha avuto ragione.
Testimone tra i testimoni. Il cristianesimo è nato dal sangue dei suoi martiri,
e oggi che i martiri
"sono più che nei primi secoli", il Papa non poteva deludere ancora una volta il popolo
iracheno dopo che ventidue anni fa Saddam Hussein proibì a Giovanni Paolo II di
mettere piede a Ur. L'aveva detto mercoledì scorso al termine dell'Udienza
generale: "Il popolo iracheno ci aspetta; aspettava san Giovanni
Paolo II, al quale è stato vietato di andare. Non si può deludere un popolo per
la seconda volta. Preghiamo perché questo viaggio si possa fare bene".
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La Messa ad Erbil |
Al termine
della messa celebrata a Erbil, Francesco ha detto: "Abbraccio i cristiani delle
varie confessioni: in tanti qui hanno versato il sangue sullo stesso suolo! Ma i nostri martiri risplendono insieme, stelle nello stesso cielo! Da lassù ci chiedono di
camminare insieme, senza esitare, verso la pienezza dell’unità".
A Mosul, davanti alle rovine
della chiesa, Francesco ha
ricordato l'esodo e la persecuzione dei cristiani. Dopo la testimonianza
di Padre Raid, il Papa ha detto: "Grazie tante, Padre Raid. Lei ci ha
raccontato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane dalle loro case. Il tragico ridursi dei discepoli di Cristo, qui e in tutto
il medio oriente, è un danno incalcolabile non solo per le persone e le
comunità interessate, ma per la stessa società che si lasciano alle spalle. In
effetti, un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità è indebolito
dalla perdita di uno qualsiasi dei suoi membri, per quanto piccolo. Come in uno
dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo strappato può danneggiare
l’insieme. Lei, Padre, ha parlato dell’
esperienza fraterna che vive con i musulmani, dopo essere ritornato a Mosul. Lei ha trovato accoglienza,
rispetto, collaborazione. Grazie, Padre, per aver condiviso questi segni che lo
Spirito fa fiorire nel deserto e per averci indicato che è possibile sperare
nella riconciliazione e in una nuova vita".
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La Vergine Maria a Qaraqosh |
Più tardi, a
Qaraqosh, ha parlato della statua della Vergine da poche settimane tornata
a svettare sulla cattedrale: "Mentre arrivavo con l’elicottero, ho
visto la statua della Vergine Maria su questa chiesa dell’Immacolata Concezione, e ho affidato a lei la rinascita di questa città. La
Madonna non solo ci protegge dall’alto, ma con tenerezza materna scende verso
di noi. La sua effigie qui è stata persino ferita e calpestata, ma il volto
della Madre di Dio continua a guardarci con tenerezza".
Ha parlato anche di terrorismo. A Ur, quando ha
detto che "noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della
religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i
fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole
dell’odio! Sopra questo paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo,
della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose.
Vorrei ricordare in particolare quella yazida, che ha pianto la morte di molti
uomini e ha visto migliaia di donne, ragazze e bambini rapiti,
venduti come schiavi e sottoposti a violenze fisiche e a conversioni forzate. Oggi preghiamo per quanti hanno subito tali sofferenze,
per quanti sono ancora dispersi e sequestrati, perché tornino presto alle loro
case".
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