A CHI SERVE LA SCUOLA?
Una della novità più interessanti degli ultimi giorni, almeno da quanto appare dalle notizie che il sistema dell’informazione evidenzia o lascia passare, è sicuramente quella di una forte richiesta popolare di ritorno alla scuola in presenza.
L’emergenza
ancora presente sul fronte Covid (l’andamento della campagna di
vaccinazione, con tutti suoi imprevisti; il modificarsi dei dati dell’epidemia;
la riffa quindicinale dei colori delle Regioni) riduce l’evidenza di
questa richiesta, la rende in qualche modo inopportuna, come una sorta di lusso
che non ci si può permettere, dati i possibili guai più grossi.
Ma la realtà è un’altra. Disturbi mentali tra giovani e
giovanissimi in aumento: 500 ricoveri al “Bambino Gesù” di Roma entro la fine
dell'anno per tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, disturbi
alimentari. Denuncie
di genitori impossibilitati a seguire i figli, e di altri che stanno
riscontrando come il dramma dei loro figli non sia far frequentare la lezione
davanti al computer o al tablet, ma convincerli di nuovo ad uscire di casa.
Perché
la Dad, che pure l’anno scorso aveva fatto gridare al miracolo di una
scuola reattiva, vicina e vitale, in una Italia tramortita dalla prima ondata
di Covid, spaventata e depressa davanti al lockdown, oggi ci sembra
la certificazione di una disfatta?
A
cosa serve, o meglio ancora, a chi serve, la scuola di cui adesso
avvertiamo così crudamente l’assenza? Cosa manca, quando diciamo che manca la
scuola in presenza e con questo la presenza della scuola?
Manca
la presenza di una istituzione sociale, alleata di madri, padri e figli. Di una
istituzione che sia capace di tenere insieme un popolo, in un tempo, come
l’attuale, in cui si avverte che la fragilità del singolo non è soccorsa ma
sgretolata dalla presenza di un potere che parla per decreti e per piani. Abbiamo
necessità di tenere conto dei nostri bisogni. Della solitudine,
dell’incertezza, della depressione e della paura dei nostri figli. Delle nostre
intenzioni. Un luogo in cui entrare in relazione che sia in grado di dare
occasioni di risposta al bisogno educativo che le madri e i padri
hanno per i loro figli e per se stessi.
Oggi
tutti si dicono favorevoli alla riapertura delle scuole, ma nei fatti?
IL COMUNE E LE IDEOLOGIE
Prendiamo
il caso del nostro Consiglio Comunale. Una mozione del gruppo “ Cambiamo”, che formulava
proposte concrete, riguardava la messa in sicurezza delle aule mediante
meccanismi di controllo dell'umidità dell'aria, in quanto le evidenze
scientifiche riferiscono come, in un ambiente confinato e ad alto tasso di
umidità, i virioni che sfuggono alle mascherine restano in circolazione per più
tempo". In Italia un'azione similare è stata varata in modo
strutturale solo dalla regione Marche. Il costo per dotare tutte le aule
scolastiche italiane di filtri HEPA è dell’ordine di 300 milioni di euro, circa
la metà della spesa per i favolosi banchi a rotelle, procacciati
dall’impareggiabile governo Conte. Questa invece era un'iniziativa a
portata dell'Ente e su cui si stanno muovendo anche comuni limitrofi, vedi
l'annuncio del sindaco Zattini a Forlì di poche settimane fa".
Questa
mozione è stata bocciata dal PD con motivazioni confuse e totalmente mancanti
di fondamento, usando critiche del tutto prive di giustificazioni tecniche, formulate
da persone che si dovranno prendere la responsabilità di non aver fatto nulla
per contrastare la propagazione del virus in ambienti confinati, come l’aula di
lezione. Ma evidentemente appellarsi alla scienza fa comodo solo a correnti
alterne.
Cosa
manca ora, che prima forse c’era?
Niente. Solo che ora sono finite le illusioni. E il desiderio del ritorno alla scuola in presenza rischia di essere il sogno di una Arcadia percepita come una normalità perduta. A meno che non diventi il sintomo doloroso che fa affrontare un nuovo percorso diagnostico e terapeutico.
Nessun commento:
Posta un commento