LA TENTAZIONE DI PENSARE CHE IL VACCINO RISOLVERÀ TUTTO E PRESTO
14 MARZO 2021 - DI LUCA RICOLFI
Monet Ninfee (in uno stagno le ninfee raddoppiano ogni notte) |
Scenario A. Arrivano i vaccini
promessi. Il generale Figliolo fa miracoli, e riesce a far vaccinare il 70%
della popolazione entro l’estate. Pochi si spaventano per i casi di reazione
avversa, come quelli di questi giorni con AstraZeneca. Le aziende
farmaceutiche cominciano a produrre vaccini anche per gli under 16, il che
permette di portare la percentuale di vaccinati intorno all’80%. Non emergono,
né in Italia né altrove, varianti più trasmissibili o letali di quelle
attualmente in circolazione. Gli studiosi scoprono che i vaccinati non
trasmettono il virus, o lo fanno in misura molto ridotta. L’arrivo della bella
stagione abbatte drasticamente la circolazione del virus, nonostante cospicui
flussi turistici in entrata e in uscita. A settembre, dopo un’estate abbastanza
tranquilla, tutte le attività ripartono, e il numero di nuovi casi resta molto
basso. I pochi focolai che si ripresentano vengono facilmente spenti con il
tracciamento e, nei casi più ostici, con pochi, brevi, circoscritti lockdown.
Il Papa in persona propone che Mario Draghi sia proclamato santo, ancor prima
della sua trionfale elezione alla presidenza della Repubblica.
Se questo, che tutti sogniamo, fosse lo scenario che effettivamente ci
attende, la politica sanitaria in atto sarebbe abbastanza razionale, ancorché
leggermente cinica. Il rifiuto della linea Ricciardi (lockdown breve e
durissimo subito) avrebbe un costo di parecchie migliaia di morti, ma almeno si
tratterebbe dell’ultimo tributo al virus. Detto in altre parole: andremmo
avanti ancora 3-4 mesi con centinaia di morti al giorno, ma poi l’epidemia si
spegnerebbe. E noi incasseremmo il vantaggio di non spendere altri miliardi di
euro per controllare l’epidemia con le solite cose che invano si sono chieste
al governo Conte, e altrettanto invano una sparuta minoranza sta continuando a
chiedere al governo Draghi.
Ma è verosimile lo scenario A? Prima di provare a rispondere a questa
domanda vediamo lo scenario opposto.
Scenario B. Le dosi acquisite
entro l’estate non sono sufficienti ad attuare il piano vaccinale. Continuano a
non essere disponibili vaccini per gli under 16. I (rari) casi di reazioni
avverse fanno crescere la quota di popolazione che rifiuta i vaccini. Gli
studiosi scoprono che con alcuni (se non tutti) i vaccini utilizzati i soggetti
vaccinati continuano a trasmettere il virus. La scelta di vaccinare senza aver
prima ridotto la circolazione del virus favorisce la formazione di varianti
ancora più trasmissibili. La individuazione delle nuove varianti è sempre
tardiva, perché nel frattempo non si è rafforzata a sufficienza la capacità di
sequenziamento. L’estate, grazie alla vita all’aperto, conduce sì a un
rallentamento dell’epidemia, ma non a una drastica riduzione del numero di
nuovi casi, perché i flussi turistici favoriscono la circolazione del virus e
l’introduzione di nuove varianti. A settembre quasi tutte le attività
riprendono e, dopo poche settimane, ci si accorge dell’arrivo della quarta ondata (la terza, anche se non tutti se ne
sono accorti, è quella in corso). A quel punto al governo Draghi vengono
rivolti gli stessi (sacrosanti) rimproveri a suo tempo rivolti al governo
Conte: non aver rafforzato il trasporto
pubblico locale, non aver messo in sicurezza le scuole, non aver varato un
protocollo ufficiale di cure domestiche, non aver potenziato il tracciamento,
non aver controllato adeguatamente le frontiere, eccetera.
E’ verosimile lo
scenario B? O è più verosimile lo scenario A?
A mio parere sono entrambi inverosimili, perché il primo ipotizza che quasi
tutto vada per il verso dritto, e il secondo che quasi tutto vada per il verso
storto. E’ molto più probabile che, di qui alla fine dell’anno, lo scenario con cui dovremo fare i
conti sia intermedio fra
l’iper-ottimistico scenario A il catastrofico scenario B. E’ verosimile, in
altre parole, che la vaccinazione di massa riduca la circolazione del virus e
la mortalità, senza tuttavia condurre alla sostanziale soppressione del virus,
come invece è accaduto nei paesi del Pacifico (dal Giappone alla Corea del Sud,
dall’Australia alla Nuova Zelanda).
Se questo scenario
intermedio è plausibile, la politica sanitaria finora adottata dal nuovo
governo non è razionale. Ad essa mancano infatti sia i tasselli preventivi
classici (quelli dimenticati da Conte), sia i tasselli – li chimerò tasselli
tardivi – su cui una certa consapevolezza sta emergendo solo negli ultimi
tempi, grazie alla meritoria opera di studiosi indipendenti.
Senza ripercorrere qui la lista delle omissioni del governo Conte (chi
fosse interessato può consultare la petizione del 2 novembre sul sito della
Fondazione Hume), vorrei ricordare
almeno cinque fra le misure con il rapporto costi-benefici più favorevole. Considerate
tutte insieme, costerebbero meno di 2 miliardi, ovvero meno dell’1% del
Recovery Fund, e una frazione minuscola dei tanti scostamenti di bilancio
varati fin qui.
LA PRIMA MISURA, invano invocata da
centinaia di scienziati fin dai primi mesi dell’epidemia, è la messa in sicurezza delle scuole mediante impianti di filtrazione
dell’aria. Caldeggiata dall’ing. Giorgio Buonanno e da centinaia di
scienziati fin dai primi mesi dell’epidemia, in Italia è stata varata in modo
strutturale solo dalla regione Marche, ed è uno dei cavalli di battaglia
“costruttivi” di Giorgia Meloni. Il costo per dotare tutte le aule scolastiche
italiane di filtri HEPA è
dell’ordine di 300 milioni di euro, circa la metà della spesa per i banchi a
rotelle.
LA SECONDA MISURA, incredibilmente
ignorata fin qui, è l’attuazione del piano Crisanti per aumentare il numero di
tamponi e rafforzare il tracciamento. Il costo è di circa 600 milioni di euro.
LA TERZA MISURA, anch’essa
caldeggiata da decine di scienziati (e in particolare dal prof. Giancarlo
Isaia, presidente dell’Accademia di Medicina di Torino), è la somministrazione controllata di vitamina D
per rafforzare le difese immunitarie contro il Covid (per un resoconto si
vedano i contributi di Mario Menichella sul sito della Fondazione Hume). Si
tratta di una misura già da tempo in vigore nel Regno Unito, e finora presa
seriamente in considerazione solo dalla Regione Piemonte. Il costo è talmente
basso che non richiede necessariamente stanziamenti pubblici.
UNA QUARTA MISURA è il potenziamento,
eventualmente in accordo con le Università, delle capacità di sequenziamento del virus, uno dei
talloni d’Achille dell’Italia. Il costo dipende ovviamente dall’ambiziosità
degli obiettivi, ma pare fuori discussione che l’individuazione precoce di varianti pericolose potrebbe diventare
sempre più cruciale per spegnere tempestivamente i focolai più pericolosi. (in pochi giorni il virus raddoppia , come le ninfee in uno stagno)
INFINE UNA MISURA A
COSTO ZERO ma di puro buon senso potrebbe essere il varo di un protocollo nazionale ufficiale, il più possibile condiviso, di cura del
Covid nelle fasi inziali, che superi l’attuale balcanizzazione delle cure
domestiche, con la sconcertante coesistenza di protocolli più o meno
fantasiosamente denominati (Remuzzi, Bassetti Galli, ecc.).
Capisco che la tentazione di pensare
che il vaccino risolverà tutto e presto sia, per i governanti, quasi
irresistibile. Ma credo che l’esperienza passata, in cui la sordità dei
politici e delle autorità sanitarie agli appelli degli scienziati già ci è
costata prima l’arrivo della seconda ondata (ottobre), poi quello della terza
(febbraio), dovrebbe indurre a fare tutto il possibile per evitare – almeno –
l’arrivo della quarta.
Pubblicato su Il
Messaggero del 13 marzo 2021
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