PRIMA PREMESSA: REALISMO
“Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”: questa provocante espressione del premio Nobel per la medicina Alexis Carrel ci fa capire che anzitutto per capire la vita occorre realismo, cioè la capacità di considerare-osservare la realtà. Allora si scopre che la realtà è un dato, non una teoria. E fa parte di questo dato anche il nostro io. Incontriamo così la nostra esperienza elementare: un insieme di evidenze e di esigenze (esigenza di verità, di bontà, di bellezza, di felicità, di giustizia, di amore vero…) con cui siamo lanciati nell’esistenza.
“La Moldava” di Smetana: metafora della vita
Smetana descrive il corso del fiume nazionale boemo, la Moldava. Le scene descritte sono le seguenti:
la sorgente
il cammino del fiume (melodia-ritornello)
la caccia nei boschi
la festa di nozze dei contadini
la pianura di notte
le cascate
l’attraversamento trionfale di Praga
l’addio
La melodia-ritornello, che ha reso celebre questo poema sinfonico, è tratta da un antico canto dei pellegrini: essa dunque richiama in se stessa e nella sua tradizione l’idea di cammino o di pellegrinaggio: l’uomo come homo viator. E’ abbastanza evidente quindi che il cammino del fiume è una metafora del cammino dell’uomo. E’ un cammino pieno di speranza, orientato verso un grande orizzonte. E tutto ciò che si attraversa in questo cammino acquista significato solo guardando a questo grande orizzonte.
Anzitutto il mistero della sorgente. Uno zampillare di vita che emerge dalle profondità della madre-terra o patria (termine molto caro all’autore): non c’è cosa più evidente infatti che non ci diamo l’essere noi, ma lo riceviamo, in continuazione, anche in questo medesimo istante, come un fiume che riceve continuamente la sua acqua da altro. L’osservazione della realtà deve quindi portarci anzitutto a guardare questo fatto: senza questa osservazione si può equivocare tutto il resto.
La caccia nei boschi è in realtà un aumento dello stupore: i corni imitano l’abbaiare dei cani, i richiami tra i cacciatori, la misteriosa profondità dei boschi. Metafora forse della necessità di affrontare le situazioni e i problemi dell’esistenza, con creatività e astuzia.
La festa di nozze dei contadini è un’espressione felice della bellezza della vita condivisa con gli altri, cioè della vita di un popolo: tutti insieme dentro la danza misteriosa della vita.
La pianura di notte è un momento di silenzio e di struggimento: il fiume attraversa silenziosamente la pianura mentre gli uomini si riposano dalle loro fatiche e ripensano ai grandi desideri che portano nel cuore. E’ il desiderio di qualcosa di grande che continuamente riemerge.
Le cascate sono come un momento di lotta: la vita come combattimento drammatico, come affronto coraggioso di situazioni difficili, di ostacoli, di impedimenti. Ed il ritornello arriva trionfalmente a descrivere l’ingresso del fiume in Praga, la “città dorata”: la festa si ripresenta e sembra quasi di assistere alla conclusione del viaggio del fiume.
Ma la conclusione vera e propria è un misterioso addio. Può essere il semplice allontanamento del fiume dalla città, come un nostalgico addio alla vita (e così lo interpreta Friksai); ma può essere anche la descrizione dell’arrivo del fiume al mare e il suo immergersi dentro la profondità del mare medesimo, come un’immagine del destino infinito cui misteriosamente la vita giunge. Qualunque sia l’interpretazione corretta, rimane la suggestione finale di un mistero. E l’osservazione della realtà porta proprio ad incontrarsi con questo mistero.
Val la pena ricordare qui quello che scriveva Jacopone da Todi: “Amore, amore, grida tutto il mondo, amore, amore, omne cosa conclama”; è l’indicazione del Destino ultimo come il destino di amore che si compie in quel “regno celesto, che compie omne festo che’l core ha bramato”.
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