ANTONIO SOCCI
Caro Matteo,
come sai, da anni sono un tuo estimatore. Nella
campagna per le primarie – che ho sperato tu vincessi – ho apprezzato anche uno
“stilnovo” che rappresenta una salutare novità per il nostro Paese, troppo
dilaniato da odi politici e faziosità.
Dunque sono nel novero dei tuoi potenziali
elettori. Per questo devo porti una domanda relativa a ciò che abbiamo in
comune: la fede cattolica e la sua rilevanza sociale.
FAZIONI
Tu ne hai parlato nell’articolo di ieri su
“Repubblica”. Hai proclamato: è insopportabile candidarsi al Quirinale “in
quanto cattolico”, cioè strumentalizzando la fede religiosa.
Benissimo. Condivido al cento per cento. Ma il
fatto che tu corredi questa netta condanna con un solo nome – quello di Franco
Marini – immeschinisce la forza del tuo giudizio morale e fa sospettare che
pure il tuo orizzonte sia la “politique politicienne”.
Dovevi evitare di fare nomi oppure farli tutti.
Infatti citando solo Marini e non citando Prodi, che è per antonomasia, da
decenni, il cattolico che viene candidato alle poltrone della casta, usi un
argomento teologico, con tanto di evocazione del papa, per un banale e brutale
scazzo fra correnti di partito.
Siccome ti stimo, penso che tu non abbia
chiamato in causa il Papa e il Vangelo di domenica, con Gesù e Pietro,
semplicemente per azzoppare Marini. Ma hai dato questa impressione. Inoltre
resta aperto il problema di fondo.
VENDERE L’ANIMA?
Già nell’aprile 2009, quando sei venuto a Roma a
presentare il mio libro “Indagine su Gesù”, ho colto la tua sincera e convinta
fede cattolica.
Ma ho pure sentito emergere in me una domanda
scottante: per te il cristianesimo c’entra con il tuo impegno politico? Il
pensiero cattolico ha qualcosa da dire sulla società e l’Europa di oggi o è
totalmente irrilevante e limitato ad un ambito privato e intimistico?
La domanda mi si è riproposta ascoltando i tuoi
interventi durante le primarie. Ti ho apprezzato molto, ma restava irrisolto il
nodo della tua – per così dire – leggerezza culturale, che qualcuno definisce
paraculaggine e che nella pratica può facilmente diventare cinismo politico.
Il dubbio di alcuni amici è che tu sia
l’ennesimo politico cattolico che – pur simpatico e giovane – svende la sua
fede per conquistare la poltrona di Palazzo Chigi.
Saresti un autolesionista. Il grande Tommaso
Moro diceva: “è già un pessimo affare perdere la propria anima per il mondo
intero, figuriamoci per la Cornovaglia…”.
Tu mi dirai (spero) che non è questo che vuoi
fare. Ma il tuo articolo suscita molti dubbi.
UNA STORIA
Anzitutto leggendolo sembra che tu non abbia
cognizione della ricchezza di pensiero e di presenza sociale e politica dei
cattolici che in questo Paese hanno una lunga storia.
Forse per questo sei così sprezzante con un uomo
come Marini che ne rappresenta una parte bella, quella dei lavoratori cattolici
della Cisl di Giulio Pastore.
Del resto nemmeno citi mai il tuo più illustre
predecessore a Palazzo Vecchio, quel Giorgio La Pira che – a parte la sua
santità personale – da cattolico ha dato un contributo fondamentale alla Costituzione,
specie con quel decisivo articolo 2 che proclama “i diritti inviolabili
dell’uomo” e afferma il primato della persona e della società (i corpi
intermedi) sullo Stato.
E non è un caso che proprio La Pira nel 1977
ispirò la decisa battaglia dei cattolici in difesa della vita nascente.
La storia del movimento cattolico, Matteo,
sembra essere da te totalmente ignorata. Sostituita da affermazioni generiche e
sentenze sommarie.
Tu affermi che “i politici che si richiamano
alla tradizione cattolica sono spesso propensi a porsi come custodi di una
visione etica molto rigida”.
Che vuol dire? A chi ti riferisci con una frase
così superficiale?
Di politici cattolici ce n’è una quantità. Da La
Pira alla Pivetti, da Scalfaro a Giovanardi, da Andreotti a Leoluca Orlando, da
Rosy Bindi a Gasparri, da Prodi a Marini, da Buttiglione a Dossetti, da Di
Pietro alla Roccella, da Carniti a Formigoni, da Casini a Ignazio Marino e a
Magdi Allam.
Come si può fare di tutta l’erba un fascio? Devo
pensare che tu non abbia le conoscenze culturali per distinguere i diversi
filoni e le diverse correnti del mondo cattolico?
E poi, dopo quell’approssimativa considerazione,
passi a fustigare “i moralisti. Specie quelli senza morale”.
Cioè? A chi alludi? Tu che giustamente dici di
prediligere il “parlar chiaro”, tu che condanni le lingue biforcute e le
allusioni in politichese, dovresti specificare. Non barricarti dietro accuse
fumose.
Poi salti totalmente i piani (distinzione
maritainiana) e passi a condannare “chi riduce il cristianesimo a insieme di
precetti, norme etiche alle quali cercare di obbedire”.
D’accordo al cento per cento. Sono contento di
sentire qui l’eco di un insegnamento che entrambi abbiamo amato e seguito. Ma
subito dopo tu aggiungi l’argomento tipico dei politici che non vogliono
rischiare il potere per gli ideali.
Dici infatti che non ci sarebbero “norme etiche”
da “difendere dalle insidie della contemporaneità” e aggiungi che “larga parte
del mondo cattolico” che fa questa battaglia “è a mio giudizio perdente”.
Ahi ahi, caro Matteo. Qui ti tradisci. Che
criterio sarebbe l’essere perdenti o vincenti?
PERDENTI?
Gesù Cristo cosa fu? Un perdente, immagino.
Mentre Pilato ed Erode erano vincenti?
E i cristiani perseguitati che il papa Francesco
ci ha ricordato domenica scorsa (ma tu questa parte del suo discorso l’hai
ignorata) cosa sono? Perdenti?
E i martiri cristiani? Padre Kolbe cosa fu? Un
perdente? E i ragazzi della Rosa Bianca che nella Germania degli anni Trenta,
per i valori cristiani in cui credevano, si opposero al nazismo pagando con la
vita? Anche loro furono dei perdenti?
E Solzenicyn? E Lech Walesa? E Karol Wojtyla? Un
altro perdente? E Madre Teresa di Calcutta?
E invece chi barattò quei principi non
negoziabili per un posto di potere in questo o quel regime, sotto l’ombra di
questa o quella ideologia cosa fu? Un vincente?
Caro Matteo, spero che questo non sia diventato
davvero il tuo criterio di giudizio. Altrimenti avresti contro noi cattolici
perché noi non possiamo abbandonare i più deboli, i piccoli e i più poveri.
E non avresti certo l’appoggio di papa Francesco
su cui tenti di mettere il cappello cercando di contrapporlo ai suoi
predecessori. Non è questa la strada.
Non perché noi cattolici identifichiamo la
politica con le “crociate” sulle questioni etiche. Nessuno di noi ha desiderio
di un Paese continuamente spaccato su questioni così drammatiche e delicate.
Inoltre sappiamo che il nostro compito primario
è l’evangelizzazione, l’annuncio di Gesù Cristo.
SEGUIRE
Ma tu dovresti considerare con meno
superficialità il magistero costante della Chiesa, da Giovanni Paolo II in
avanti, che parla di una “emergenza antropologica” nell’Occidente di oggi.
Perché – restando alla sola Italia – perfino
autorevoli pensatori di area marxista, come Mario Tronti, Giuseppe Vacca e
Pietro Barcellona, hanno convenuto con l’allarmata riflessione della Chiesa, al
punto da essere stati definiti “marxisti ratzingeriani”.
Inoltre fa parte dell’insegnamento morale della
Chiesa anche la sua dottrina sociale che ha più di cento anni e che ha
perfettamente azzeccato la previsione del fallimento sia del collettivismo
comunista sia del liberismo senza regole, cioè la finanza che divora l’economia
reale, i popoli e gli stati.
La più acuta lettura della crisi finanziaria
planetaria scoppiata nel 2006 con i subprime è contenuta nell’enciclica di
Benedetto XVI “Caritas in veritate”. Ma tu l’hai letta? Hai la consapevolezza
di quanto è ricco e importante per il Paese il patrimonio ideale, di pensiero e
di presenza sociale dei cattolici?
Se sì, perché lo ignori o lo riduci a
caricatura? In tanti ti vediamo come una speranza seria per l’Italia, ma se
davvero la tua nuova via è contro il mondo cattolico, come appare dal tuo
articolo, vai pure a farti benedire. In tutti i sensi. Con simpatia,
Antonio Socci
Da “Libero”, 16 aprile 2013
Facebook:
“Antonio Socci pagina ufficiale”
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