lunedì 15 aprile 2013

LIBERTA' DI EDUCARE OVUNQUE


Il referendum bolognese antiparitarie è un rimasuglio di un passato ottocentesco che non vuol morire.

Non è solo una querelle sulla scuola, o su cosa sia uno stato laico o sui fondi “pubblici”. E’ l’ennesimo segnale di un Paese che, dopo 150 anni, non riesce a vivere con se stesso, con le sue identità, con la sua pluralità, con le sue radici. E’ la riprova, semmai ce ne fosse bisogno, che alcuni non hanno ancora capito cosa è democrazia, cioè una società plurale che ha però denominatori comuni.

 Non è l’egemonia di alcuni e l’esclusioni di altri, in omaggio ad un principio di “proprietà” dei fondi pubblici di cui si sono autonominati guardiani.

I fatti parlano. Senza la scuola paritaria calerebbe l’offerta pubblica. Ma già Guareschi ci spiegava che alcuni “credono più al loro odio che ai loro occhi”. Per alcuni, fatti e dati oggettivi non scalfiscono l’ideologia. Detto questo, proviamo a spiegare la questione partendo proprio a favore dalla scuola gestita dalla pubblica amministrazione.

 Oggi, l’esigenza di assicurare l’educazione come diritto universale impone una forte presenza di scuola a gestione pubblica. Non ci piove su questo. Ma cosa può mantenere viva, di qualità, una scuola statale (e comunale), fatta da impiegati pubblici (garantiti)?  Cosa può far sì che resti di qualità e non decada (come normalmente decade il pubblico impiego quando è garantito)?

 Da un semplice punto di vista laico, dell’interesse generale, serve che non sia monopolistica. Non c’è un solo esempio nella storia di un monopolio che non sia decaduto. Solo una pluralità di presenze – e quindi di possibilità di scelte da parte delle famiglie – può aiutare seriamente la scuola, privato o pubblica che sia, a non decadere. Un amministratore pubblico, laico e intelligente, deve far sì che non ci sia un monopolio nell’offerta educativa scolastica (a prescindere anche dal mero calcolo economico, che comunque dimostra quanto il privato con le scuole dell’infanzia può fare spendendo meno).

Il fine intelligente, sussidiario, costituzionale, è che ci sia una ampia offerta, che non sia monocolore e che questa offerta mantenga qualità nel tempo. Non è questione solo di soldi, peraltro oggi sempre meno. Chi pensa che basti pompar soldi nella scuola amministrata da stato o enti locali, s’illude (e se lo può oramai scordare). Serve un sistema plurale. Questa è democrazia matura. Questa è la possibilità perché ci sia una offerta e sia una buona offerta scolastica.

E, sia ben chiaro, siamo ancora ben lontani dall’aver messo le famiglie nelle condizioni ottimali di scegliere liberamente e con equità fiscale. Quanto fatto a Bologna è solo un inizio. Alcuni vorrebbero tornare indietro, all'800, cancellando anche questo timido inizio di parità. 

Gianni Varani

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