Pur di salvarlo dal tribunale di Aosta, Crocetta ne fa un mezzadro

I due si parlano. “Ci incontriamo”, dice il governatore delle due Sicilie (una è quella disgraziatissima che sta affondando, l’altra è quella che lui racconta a Daria Bignardi, a Fabio Fazio e a Massimo Giletti). “Ci incrociamo”, conferma il magistrato interpellato dal Giornale. L’ipotesi avanzata in questi colloqui è quella di ritagliare per il fondatore di Rivoluzione civile il ruolo di responsabile della sede romana della regione siciliana. Il paladino dell’antimafia, insomma, dovrebbe ritrovarsi a capo di una sorta di ufficio diplomatico con sede a Roma, in via Marghera.
Per Ingroia, che non vuole saperne di tornare a
lavorare, è quasi una laurea. Ed è certo un brodino rispetto al
dottorato negatogli dagli elettori. Resterebbe, comunque, in magistratura e si
tratterebbe di un lavoro neppure troppo impegnativo che gli consenta comunque
di tenere in caldo le ambizioni politiche. Per Crocetta sarebbe un outing:
svelare infine la sua vera natura di mezzadria clientelare: la prosecuzione del
lombardismo con altri mezzi. E con un’altra toga. Ha voglia di dire col suo
libro “E io non ci sto”. Ci sta tutto. In tutte e due le sue Sicilie.
dal foglio quotidiano
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