Pur di salvarlo dal tribunale di Aosta, Crocetta ne fa un mezzadro
Non porta certo decoro al sacro principio
d’indipendenza della magistratura questo opaco traccheggio tra Rosario
Crocetta, presidente della regione siciliana, e Antonio Ingroia, il pm
palermitano che voleva farsi leader e che dopo il tonfo elettorale rischia di
essere spedito dal Csm al tribunale di Aosta, lontano, troppo lontano dalla
succosa pugna politica.
I due si parlano. “Ci incontriamo”, dice il governatore delle due Sicilie (una è quella disgraziatissima che sta affondando, l’altra è quella che lui racconta a Daria Bignardi, a Fabio Fazio e a Massimo Giletti). “Ci incrociamo”, conferma il magistrato interpellato dal Giornale. L’ipotesi avanzata in questi colloqui è quella di ritagliare per il fondatore di Rivoluzione civile il ruolo di responsabile della sede romana della regione siciliana. Il paladino dell’antimafia, insomma, dovrebbe ritrovarsi a capo di una sorta di ufficio diplomatico con sede a Roma, in via Marghera.
I due si parlano. “Ci incontriamo”, dice il governatore delle due Sicilie (una è quella disgraziatissima che sta affondando, l’altra è quella che lui racconta a Daria Bignardi, a Fabio Fazio e a Massimo Giletti). “Ci incrociamo”, conferma il magistrato interpellato dal Giornale. L’ipotesi avanzata in questi colloqui è quella di ritagliare per il fondatore di Rivoluzione civile il ruolo di responsabile della sede romana della regione siciliana. Il paladino dell’antimafia, insomma, dovrebbe ritrovarsi a capo di una sorta di ufficio diplomatico con sede a Roma, in via Marghera.
Per Ingroia, che non vuole saperne di tornare a
lavorare, è quasi una laurea. Ed è certo un brodino rispetto al
dottorato negatogli dagli elettori. Resterebbe, comunque, in magistratura e si
tratterebbe di un lavoro neppure troppo impegnativo che gli consenta comunque
di tenere in caldo le ambizioni politiche. Per Crocetta sarebbe un outing:
svelare infine la sua vera natura di mezzadria clientelare: la prosecuzione del
lombardismo con altri mezzi. E con un’altra toga. Ha voglia di dire col suo
libro “E io non ci sto”. Ci sta tutto. In tutte e due le sue Sicilie.
dal foglio quotidiano
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