Non è bello
barare. E far dire agli altri quello che noi pensiamo. Gesù ci ha ricordato:
«Sia il vostro parlare sì, sì e no, no» ed ha aggiunto che il resto «viene dal
maligno». Ora: non ritengo che, pur nel rispetto del Presidente della
Repubblica (quel rispetto che la Scrittura chiede per ogni autorità
costituita), sia buona cosa dimenticare le scelte storiche che Egli ha compiuto.
Non abbiamo approvato la scelta di nominare Napolitano «uomo dell’anno 2011» operata da Famiglia Cristiana (e abbiamo preferito ricordare il grande martire e testimone Shahbaz Bhatti) proprio ricordando quanto dal Presidente affermato in occasione della vicenda di Eluana. Così riportava il Corriere della Sera: «Caso Englaro: lo scontro istituzionale. Napolitano: ecco perché non firmerò. Il testo della lettera che il capo dello Stato ha inviato a Berlusconi prima che il CdM approvasse il decreto. Il presidente, si legge in un comunicato, “ha preso atto con rammarico della deliberazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto legge relativo al caso Englaro. Avendo verificato che il testo approvato non supera le obiezioni di incostituzionalità da lui tempestivamente rappresentate e motivate, il presidente - conclude la nota - ritiene di non poter procedere alla emanazione del decreto”».
In un mondo dalla memoria corta, noi non dimentichiamo. Crediamo che ogni forma di perdono - e non siamo assolutamente contrari a questo gesto di misericordia - debba partire dal riconoscimento del male. La morte di Eluana non è l’affermazione di un diritto. La sua morte è un atto che ha portato una gravissima ferita nella coscienza del popolo italiano. Non possiamo accettare che il Presidente Napolitano sia riconosciuto come «il punto di riferimento degli italiani». Per noi, in questo, non lo è stato. E uno strumento di comunicazione che si voglia al servizio della verità, come Famiglia Cristiana, questo lo deve riconoscere.
Ci spiace che l’aggettivo «cristiano» stia accanto a questa operazione di piaggeria nei confronti del potere. Avevamo in mente la «coscienza critica» come caratteristica di un certo cristianesimo. E vorremmo che questa criticità fosse a 360 gradi, e non solo livore contro Berlusconi e i suoi comportamenti immorali.
Ci risuonano nel cuore le parole di Benedetto XVI a Milano, riferite alla tragedia del sisma che ha sconvolto l’Emilia: «Le parole riprese dall’Inno alla gioia di Schiller suonano come vuote per noi, anzi, sembrano non vere. Non proviamo affatto le scintille divine dell’Elisio. Non siamo ebbri di fuoco, ma piuttosto paralizzati dal dolore per così tanta e incomprensibile distruzione che è costata vite umane, che ha tolto casa e dimora a tanti. Anche l’ipotesi che sopra il cielo stellato deve abitare un buon padre, ci pare discutibile. Il buon padre è solo sopra il cielo stellato? La sua bontà non arriva giù fino a noi? Noi cerchiamo un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza.»
Anche una sola vita (quella di Eluana) ci provoca a chiedere che la bontà [di Dio] arrivi giù fino a noi.
don Gabriele Mangiarotti www.culturacattolica.it
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