sabato 31 marzo 2018

SABATO SANTO : NELL'ORA DEL SEPOLCRO SONO LE DONNE A RESISTERE


  SUOR GLORIA RIVA

Quadrittico di Charles Stein (68 miniature radunate in quattro pannelli) attribuite aSimon Bening e soci, ca. 1525-1530 Walters Conservation Department Baltimora USA
                                                      
Il Venerdì Santo termina così: in silenzio. Un corpo avvolto in un lenzuolo con il volto già livido. Questa miniatura - non meno del Cristo di Holbain che ha fatto gridare al Principe Puskin: quale bellezza salverà il mondo? -, ci lascia con la stessa angosciosa domanda. Sì, chi ci salverà se Colui che credevamo essere il Messia ci consegna alla solitudine di un mondo che, a tratti, conserva ancora i segni di una non redenzione, di una ribellione al bene e al vero pertinace, testarda e quasi tronfia nelle sue sicurezze?
Appare così, ai più, la Chiesa oggi: sparuta, come questi pochi rimasti al sepolcro. In quest’ora di dolore, delle folle in attesa durante la moltiplicazione dei pani, nemmeno l’ombra; così pure nemmeno l’ombra dei settantadue, dei dodici, di quei cugini che un giorno avevano rivendicato la parentela. Il nostro artista ha voluto mettere Pietro, a capo chino, avvilito dal tradimento appena consumato. Non ha più neppure l’aureola, l’ha perduta nella mischia demoniaca che infuriava sopra la collina del Golgota.
A ben vedere agli occhi dei discepoli doveva apparire come il disfacimento totale. Se non ci fosse stata la Madre a tenere, dentro quel silenzio, la Madre e le altre Marie: Maria di Magdala, Maria di Cleofe, Salome. Nell’ora del sepolcro, come nell’ora del parto sono le donne a resistere.
Così in questo sabato santo mi sembra di dover pregare per loro, per le donne di questo secolo, per quelle che devono vincere la battaglia contro il disfacimento della loro dignità, contro la mercificazione del loro corpo, contro una cultura che fa del loro utero di vita un luogo di morte.
Se le donne non staranno salde in quest’ora che ne sarà di questa umanità desolata, stanca. È bella la miniatura del Quadrittico di Stein che mostra Maria mentre perde il velo blu, le cade. Il blu è il Mistero, dunque può senz’altro significare la desolazione della Madre di fronte alla divinità di Cristo oltraggiata, ma il blu è anche il colore della notte di un cielo che si è fatto cupo e non può vedere Dio. Sul suo capo brilla già l’alba di Pasqua, ella confida nel Signore. Si aggrappa a quel corpo come a un’ancora di salvezza.
Il sepolcro è lì dietro, con le sue fauci spalancate, mentre all’orizzonte svetta la croce con la scala della deposizione, tutto rimanda all’ora del dolore, ma la Madre bacia il Figlio come se fosse appena uscito dal suo grembo con la vivacità e la vita di un neonato.
Colgo lo sguardo, stupito per quel gesto materno, di Giuseppe d’Arimatea.Anche lui regge e trattiene, quasi, il corpo del Salvatore. Una lettura della V settimana di Quaresima, di Gregorio Nazianzeno, chiede di immedesimarsi in uno dei personaggi in scena nel corso della passione. Mi piace come presenta Giuseppe d’Arimatea: uno che chiede a Pilato il Corpo di Gesù, uno che osa. Uno che va dal potente di turno e non si lascia intimidire. Va e chiede ciò che la Chiesa ha di più caro: il Corpo del Salvatore.
Così dovremmo essere noi: gente disposta a perdere tutto ma non l’Eucaristia. Dovremmo consumare il gradino della porta dei potenti di turno e farci dare il Corpo di Gesù, la possibilità di celebrare, di adorare, di portare questo corpo in giro tra le strade e le piazze della città.
Sì, prego per le donne mie contemporanee, ma anche per gli uomini, per quelli che, come Giuseppe d’Arimatea, osano e per quelli che, come Nicodemo, non osano. Questo Corpo li ritrova uniti, fratelli.
Questo Corpo ha un’attrattiva senza precedenti. A lui ci dobbiamo aggrappare. L’Eucaristia è un perenne silenzio gravido di vita, nella storia dell’umanità. Un sabato santo senza fine che solca le tempeste della storia. Mi sovviene l’esempio di Satiro, fratello del grande Ambrogio. Ancora catecumeno si salvò da un terribile naufragio tenendo il Santissimo al collo, lui che non sapeva nuotare, per salvare se stesso salvò prima il Sacramento.
Ecco: che nelle tempeste della storia, nel sabato santo della fede, ci si possa aggrappare all’Eucaristia certi di essere salvati.

venerdì 30 marzo 2018

VENERDI' SANTO: IL CHIODO

Michelangelo, La Pietà (particolare)


Il chiodo

Quanto silenziosa la stanza d’ospedale
un silenzio denso di sospiri
lo sguardo che vaga
in cerca di qualcosa cui appigliarsi,
ma sopra il muro bianco
soltanto un chiodo inerte
con il suo moncone nero.

Solo un chiodo sulla parete nuda.
Quanto più inumano un ospedale
senza Cristo con le braccia aperte.

Eppure quel chiodo abbandonato
evoca ancora chi reggeva,
un’assenza, la memoria
di quella croce che da secoli,
in milioni di stanze bianche,
ha accompagnato in silenzio
le pene, le sofferenze umane.

FRANCO CASADEI


giovedì 29 marzo 2018

GIOVEDI’ SANTO: IL PANE E LE PIETRE




Benedetto XVI nel suo Gesù di Nazareth 

ricorda una tentazione quaresimale di Gesù nel deserto: il diavolo lo invita a trasformare le pietre in pane.
In effetti, si chiede Benedetto, “il primo criterio di identificazione del redentore davanti al mondo e per il mondo non dovrebbe essere quello di dare il pane e mettere fine alla fame dell’uomo?… Il marxismo ha fatto proprio di questo ideale – in modo comprensibilissimo- il cuore della sua promessa di salvezza: avrebbe fatto sì che ogni fame fosse placata e che ‘il deserto diventasse pane“.

Botticelli: Le tentazioni di Cristo (Cappella Sistina, part.)
Ma Cristo non ha scelto, per la Chiesa, questa strada: ha dato da mangiare, ha moltiplicato i pani, ma non ha cancellato la fame e non ha invitato gli apostoli ad altro che ad “annunciare la buona novella. Li ha invitati a mettere Dio davanti a tutto, per avere poi tutto il resto, “in sovrappiù”.

Questo perché, scrive Benedetto, “è in gioco il primato di Dio. Si tratta di riconoscerlo come realtà, una realtà senza la quale nient’altro può essere buono. Non si può governare la storia con mere strutture materiali, prescindendo da Dio. Se il cuore dell’uomo non è buono, allora nessuna altra cosa può diventare buona. E la bontà di cuore può venire solo da Colui che è Egli stesso la Bontà, il Bene… In questo mondo dobbiamo opporci alle illusioni di false filosofie e riconoscere che non viviamo di solo pane, ma anzitutto dell’obbedienza alla parola di Dio. E solo dove si vive questa obbedienza nascono e crescono quei sentimenti che permettono di procurare anche pane per tutti.”.

Per questo coloro che si sono incaricati di far sparire la fame da soli, senza Dio, hanno sempre fallito.

I marxisti, scrive Benedetto, “credevano di poter trasformare le pietre in pane, ma hanno dato pietre al posto del pane”. Così “gli aiuti dell’Occidente in paesi in via di sviluppo, basati su principi puramente tecnico-materiali, che non solo hanno lasciato da parte Dio, ma hanno anche allontanato gli uomini da Lui con l’orgoglio della loro saccenteria, hanno fatto del Terzo Mondo, il Terzo Mondo in senso moderno”, mettendo da parte “strutture morali, religiose, sociali esistenti” per introdurre la loro “mentalità tecnicistica nel vuoto”.

Senza esito, anzi peggio.


lunedì 26 marzo 2018

VIVERE DA CRISTIANI IN UNA EUROPA POST CRISTIANA


LA LETTURA DEL POST PRECEDENTE  non dice nulla di nuovo e di sorprendente, ma conferma ancora una volta qualcosa che tutti sappiamo, ma a cui spesso preferiamo non pensare.
LEONARDO LUGARESI
L'Europa non è più – salvo qualche non del tutto irrilevante eccezione – cristiana. Sta rapidissimamente diventando, per ineluttabili ragioni di ricambio anagrafico, un continente popolato da persone per le quali il cristianesimo non rappresenta più niente, di fatto non esiste.


Il che significa che non esiste più l'Europa, nel senso che storicamente ha questo concetto, perché – come insegnava san Giovanni Paolo II, il cristianesimo e l'Europa «sono due realtà intimamente legate nel loro essere e nel loro destino. Hanno fatto insieme un percorso di secoli e rimangono marcate dalla stessa storia.
L’Europa è stata battezzata dal cristianesimo; e le nazioni europee, nella loro diversità, hanno dato corpo all’esistenza cristiana. Nel loro incontro si sono mutuamente arricchite di valori che non solo sono divenuti l’anima della civiltà europea, ma anche patrimonio dell’intera umanità. Se nel corso di crisi successive la cultura europea ha cercato di prendere le sue distanze dalla fede e dalla Chiesa, ciò che allora è stato proclamato come una volontà di emancipazione e di autonomia, in realtà era una crisi interiore alla stessa coscienza europea, messa alla prova e tentata nella sua identità profonda, nelle sue scelte fondamentali e nel suo destino storico. L’Europa non potrebbe abbandonare il cristianesimo come un compagno di viaggio diventatole estraneo, così come un uomo non può abbandonare le sue ragioni di vivere e di sperare senza cadere in una crisi drammatica. È per questo che le trasformazioni della coscienza europea spinte fino alle più radicali negazioni dell’eredità cristiana rimangono pienamente comprensibili solo in riferimento essenziale al cristianesimo. Le crisi dell’uomo europeo sono le crisi dell’uomo cristiano. Le crisi della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana».
Parole che sembrano venire da un remoto passato, ma che furono pronunciate appena 36 anni fa, nel memorabile discorso ai vescovi europei del 5 ottobre 1982, e che mantengono tutta la loro validità, come base per un giudizio cristiano da elaborare oggi, quando ciò che Giovanni Paolo II paventava è avvenuto e l'Europa ha abbandonato il cristianesimo come un compagno di viaggio diventatole estraneo.
I cristiani europei, però, non hanno abbandonato la fu Europa. Ci sono, e ci saranno sempre dei cristiani, perché Dio non cessa mai di scegliere i suoi, il suo resto, i suoi “eletti” come segno per tutto. E per questi pochi (noi!?), la fu Europa resta il "nostro mondo”. La domanda è dunque: come vivere da cristiani (europei) in una ex-Europa non cristiana?


EUROPA AL CAPOLINEA POST-CRISTIANO



Un continente senza Dio, una nuova drammatica ricerca del Guardian 
 tratto da ilfoglio 26 Marzo 2018

Già nel 1799 Novalis avvertiva il rischio di una crisi epocale, rimpiangendo nel suo “La Cristianità, ossia l’Europa”, i “bei tempi in cui l’Europa fu terra cristiana”. Il suo saggio non fu accolto benissimo, tanto da essere pubblicato quasi trent’anni più tardi, nel 1826.
La desacralizzazione del continente, da allora, non si è mai arrestata. Nel 2000, anno in cui si discuteva dell’inserimento del riferimento alle radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea, l’allora cardinale Joseph Ratzinger disse che, prima che un concetto geografico, l’Europa era cultura e storia.

Che l’Europa abbia perso la propria fede, insomma, non è una novità, ma la conferma definitiva arriva da un articolo del Guardian che indaga la crescita dei cosiddetti Nones, le persone senza affiliazione religiosa. La maggior parte dei giovani europei non crede in nessun Dio, ha perso ogni senso del sacro. Secondo  il sondaggio citato dal Guardian, effettuato dalla St. Mary University Twickenham di Londra, l’Europa sta marciando dritta verso una società post-cristiana. In Repubblica ceca il 91 per cento dei giovani tra i 16 e i 29 anni dichiara di non avere affiliazioni religiose. In Estonia, Svezia e Olanda, la percentuale scende (di poco) tra il 70 e l’80 per cento. I paesi più religiosi sono la Polonia, dove soltanto il 17 per cento dei giovani adulti si definisce “non religioso”, e la Lituania, con il 25 per cento. Intervistato dal quotidiano britannico, il responsabile della ricerca, Stephen Bullivant, ha detto che “la religione è moribonda”.
L’ateismo sta diventando la norma, anche se ci sono delle divergenze significative. “Paesi vicini, con una storia simile, hanno profili estremamente differenti”, specifica Bullivant. Si prendano i due paesi più religiosi e i due, all’opposto, più atei: Polonia e Lituania, Repubblica ceca ed Estonia. Si tratta in tutti e quattro i casi di stati post comunisti, che però affondano le proprie radici su identità differenti, anche nel modo in cui la transizione dal regime sovietico è stata affrontata. Fra chi si dichiara credente, però, non tutti affrontano la propria dimensione spirituale allo stesso modo: praticanti ce ne sono sempre meno. Il sondaggio della St. Mary’s University, effettuato da un centro di ricerca intitolato – non a caso – a Benedetto XVI, non considera l’Italia (su cui Bullivant ha promesso un aggiornamento dei dati) ed evidenzia come soltanto in Polonia, Portogallo e Irlanda più del 10 per cento dei giovani vada a messa almeno una volta alla settimana. Molti giovani europei “dopo il battesimo non hanno più varcato la porta di un edificio di culto”.
Senza considerare poi l’immigrazione: nel Regno Unito per esempio, i dati vanno tarati considerando le persone che arrivano da fuori: un cattolico su cinque non è nato in Gran Bretagna. E poi ci sono i musulmani, che hanno un tasso di natalità e “un’affiliazione religiosa” molto più alti. L’Europa ormai è una terra senza Dio, e senza il cristianesimo, di cui si perde traccia anche nei paesi che storicamente hanno rappresentato la cultura europea: in Francia i cristiani adulti sono soltanto il 26 per cento, il 20 in Germania. Cosa sarà l’Europa, se sottomessa al politically correct o a un nuovo Dio, non si può dire. Per la sopravvivenza delle nostre radici forse, sarà comunque troppo tardi. 

L’ALTRA FACCIA DELL’EUROPA



il cinismo delle nazioni unite supera ogni limite


Il 23 marzo il quotidiano polacco Nasz Dziennik ha smascherato  i piani dell'Unione europea per promuovere l'aborto e l'ideologia di genere cosi come vuole imporre l’ONU. 
Solo due paesi membri finora rifiutano questa imposizione.
i premier Orban (Ungheria) e Morawieck (Polonia)

Il Consiglio dell'Unione europea chiama "diritti umani" la concessione di uccidere i bambini non ancora nati
Questa agenda ideologica, che va contro ai diritti umani dei bambini non nati e che mira a rendere obbligatori i dogmi del femminismo di sinistra nell'Unione europea, deriva da un documento intitolato "Conclusioni del Consiglio sulle priorità dell'UE per il 2018 nei forum dell'Unione europea. Nazioni Unite sui diritti umani "(vedi PDF qui) , approvato il 26 febbraio dal Consiglio dell'Unione Europea a Bruxelles. È un paradosso che il documento invochi i diritti umani per negarli, perché al punto 6 di tale documento, il Consiglio dell'UE manifesta il suo sostegno a "salute e diritti sessuali e riproduttivi " , un eufemismo con cui diverse organizzazioni internazionali stanno promuovendo anni una serie di politiche sull'aborto che hanno come base principale la soppressione dei diritti umani dei bambini non nati.

L'ideologia di genere, mascherata da "prospettiva"
Nello stesso punto 6, il Consiglio dell'UE afferma che continuerà a "cercare l'integrazione della prospettiva di genere attraverso il lavoro del Consiglio dei diritti umani, dell'Assemblea generale e di altri forum sui diritti umani". Il concetto di "prospettiva di genere" è l'eufemismo usato dal progressismo internazionale per mascherare l'ideologia di genere , una dottrina politica creata nelle file marxiste che nega le basi biologiche delle differenze sociali e culturali tra uomini e donne, e sostiene che la donna è oppressa da l'uomo. In pratica, questa ideologia trasferisce la tesi marxista della lotta di classe ai sessi.

Ungheria e Polonia prendono le distanze da queste due imposizioni ideologiche
Nasz Dziennik sottolinea che solo la Polonia e l'Ungheria si sono distinte dalla "formulazione più pericolosa" di quel documento. Entrambi i paesi hanno rilasciato precise dichiarazioni d’intenti, secondo il quotidiano polacco. Secondo il trattato di Lisbona, uno Stato non è tenuto ad applicare la decisione presa dal resto dell’unione. Le decisioni sulla politica estera comune dell'UE devono essere prese all'unanimità, secondo l'art. 31 del Trattato di Lisbona , così la Polonia o l'Ungheria potrebbero semplicemente porre un veto su quel documento, ma hanno scelto un'altra opzione meno impegnativa. Secondo l'eurodeputato polacco Marek Jurek, del partito Prawica Rzeczypospolitej (ala destra della Repubblica), "la Polonia deve opporsi fermamente e presentare un'alternativa come questo rullo mette in discussione i principi di base e le istituzioni sociali in modo inarrestabile ".

L'ONU sollecita la Polonia a non proteggere i bambini non nati
Inoltre, questo giovedì, 22 marzo, un "gruppo di esperti" del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha attaccato la Polonia perché con un'iniziativa legislativa popolare intitolata "Zatrzymaj aborcję" (Stop all'aborto) cerca di offrire protezione legale ai bambini non nati che soffrono una disabilità. Allo stato attuale, e sebbene la Polonia abbia una delle leggi europee che proteggono maggiormente i bambini non ancora nati, nel paese slavo è ancora permesso abortire quando il nascituro soffre di sindrome di Down o di qualsiasi altra disabilità. Lunedì, l'iniziativa legislativa è stata approvata dalla Commissione Giustizia e Diritti Umani del Sejm , la camera bassa del Parlamento polacco. Se questa iniziativa dovesse passare,La Polonia farebbe un passo storico per combattere l'aborto eugenetico e proteggere i disabili dall'inizio della loro vita.

Proteggere la vita dei più innocenti significa "violare i diritti umani"?
Nella sua dichiarazione, il "gruppo di esperti" delle Nazioni Unite accusa la Polonia di "violare gli obblighi internazionali della Polonia in materia di diritti umani", limitando l'accesso all'aborto per le madri che vogliono liberarsi dei propri figli. La dichiarazione è l'apice del cinismo, poiché con questa iniziativa legislativa popolare si vogliono proteggere i diritti umani di tutti, compresi i non nati. Le politiche abortiste sono quelle che violano tali diritti. Dobbiamo ricordare che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo , che è il testo fondamentale dell'ONU, è chiara nell'articolo 3: Ogni individuo ha diritto alla vita. L'articolo non distingue tra umani nati e umani non ancora nati. In tutta la Dichiarazione non si fa menzione dell'aborto come "giusto". 
Tuttavia, alcuni paesi membri e potenti gruppi di pressione sono riusciti, per anni, a includere l'aborto nelle politiche delle Nazioni Unite mascherato dal summenzionato eufemismo dei "diritti sessuali e riproduttivi". Ma dobbiamo ricordare l'ovvio: l' aborto non è un diritto, sta violando il diritto alla vita del più innocente e indifeso. E in questo senso dobbiamo congratularci con la Polonia e l'Ungheria per aver respinto le imposizioni abortiste di alcune organizzazioni internazionali. 


mercoledì 21 marzo 2018

DIO E' GIOVANE


Papa Francesco, quello tra adulti e ragazzi è un dialogo di cuori
Il nuovo libro intervista di Papa Francesco, "Dio è giovane", promette di essere molto utile a tutti i prof. 
Purché disponibili a prendere sul serio il proprio compito.


Sono state diffuse solo le prime anticipazioni a mezzo stampa, ma il nuovo libro intervista di Papa Francesco, dal titolo eloquente Dio è giovane, promette di essere una vera rivoluzione copernicana dell'educazione alla vigilia di uno dei Sinodi dei Vescovi più sorprendenti della recente storia della Chiesa, ossia quello che in autunno metterà a tema proprio i giovani. Il carattere rivoluzionario del libro sta in cinque passaggi che sono una sorta di antipasto del dibattito e del lavoro che Bergoglio indica a chiunque si trovi alle prese con i ragazzi. 


Anzitutto i giovani per il Papa smettono di essere una categoria sociologica, un oggetto di studio e di esperimenti, per trasformarsi in interlocutori: non siamo noi a parlare ai giovani, ma sono i giovani che ci parlano. I loro comportamenti, i loro giudizi, perfino le loro provocazioni, sono la sfida che il Mistero di Dio ci rivolge per iniziare tutti una strada di comprensione e di consapevolezza.

In seconda battuta perciò viene meno per il Papa la dialettica pseudo-educativa giovani/adulti per lasciare spazio al dialogo fra cuori: il cuore dei ragazzi dialoga col nostro cuore, per cui non è possibile incontrare nessuno di loro se non a partire dalla nostra umanità, dal nostro desiderio vissuto nel tempo. L'adulto non è chi sa come vivere, l'adulto è colui che ha compiuto di più, e più volte, la verifica tra ciò che il proprio cuore desidera e le risposte che ciascuno prova a dare. L'adulto è autorevole solo per aver verificato di più, solo per questo suo essere passato dentro le circostanze e averle guardate in faccia. Uno è adulto non perché é più grande, ma perché ha fatto una strada, un cammino, di autenticità che non lo porta ad essere migliore del giovane, ma più bisognoso di ciò che nella vita è essenziale. 

In terzo luogo, dunque, si può dire che per Francesco è il desiderio che decide della dignità del rapporto educativo: i ragazzi non sono qualcosa da correggere secondo un'idea che uno ha in testa, né un raggruppamento da avvicinare mostrandosi loro più "amiconi", ma qualcuno da prendere sul serio, un Mistero da scoprire. Il lavoro educativo non sta tanto nella trasmissione o nella plasmazione ideale del giovane, quanto nell'impegno appassionato di sé con le istanze del cuore che il ragazzo brandisce o manifesta. Il compito di un adulto non è giudicare la libertà del giovane, quanto misurare la propria libertà di uomo con il desiderio che si fa strada, anche confusamente, tra i ragazzi. 

In quarto luogo il vero nemico dell'educazione non è l'errore, ma il peccato, ovvero la tentazione di vivere sradicati, dimentichi, dell'ampiezza e della profondità del proprio Io. Lo sballo, le dipendenze, la trasgressione, la stessa sindrome di Peter Pan di molti adulti, sono il segno più eloquente del tentativo di allontanarsi dal proprio desiderio, del tentativo di vivere le circostanze lontano da quel tormento che ci rende uomini e che si manifesta come disagio e come radicale mendicanza di bene. 

È chiaro, allora, come il quinto punto che il Papa sembra offrirci abbia a che fare con il potere — potere oggettivo dell'educatore, potere psicologico dettato dal fascino dell'età, potere della volontà del singolo che in ultima istanza sempre può disporre di sé —, potere che o si realizza come servizio all'altro, come servizio affinché il mio Io e il tuo Tu crescano, oppure favorirà solo episodiche infatuazioni, sudditanze psicologiche o indicibili violenze che deformeranno per sempre il volto nostro e di coloro che abbiamo incontrato lungo la strada.

Bergoglio accenna a tutto questo e queste prospettive sono solo un inizio di riflessione. Ma se il buon giorno si vede dal mattino, possiamo tranquillamente prendere atto che ciò a cui ci chiama il successore di Pietro non è una riflessione su come gestire la giovinezza e portare la gioventù al cattolicesimo, quanto su come non smarrire — nel rapporto con i ragazzi — quell'impeto di Verità che ci rende giovani, tutti tesi a non perdere nemmeno un istante della promessa che ci è stata fatta e che si chiama vita. 

Quello che si prospetta è quindi un libro per i giovani, un Sinodo per l'attesa che in ognuno di noi mendica che nessuno dei sospiri dell'esistenza resti piccolo o inutile. Siamo dunque di fronte ad un'altra puntata di quella rivoluzione della tenerezza che cinque anni fa si è affacciata dal balcone di San Pietro e ha iniziato a darci la sua buona sera.


LA “SORPRESA” DEL PAPA EMERITO E IL PASSATO CHE RITORNA



SCRITTO DA ALDO MARIA VALLI

«Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professor Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali».
Scrive così Benedetto XVI nell’ultima parte della lettera inviata al prefetto della Segreteria vaticana per la comunicazione, facendogli sapere che, per ovvie ragioni, non scriverà la «breve e densa pagina» che gli era stata chiesta sugli undici libretti dedicati dalla Libreria editrice vaticana alla teologia di Francesco, visto che tra gli autori c’è proprio Hünermann.
Questa parte della lettera del papa emerito, com’è ormai noto, è stata resa pubblica dalla sala stampa della Santa Sede in ritardo, su pressione dei giornalisti, dopo che in un primo tempo era stata tenuta nascosta. Ma qui non vorrei tornare su come la lettera è stata gestita. Desidero invece capire un po’ meglio perché, per Joseph Ratzinger, evocare il nome di Hünermann e, in parte, anche quello di Jürgen Werbick, un altro degli autori scelti dalla Lev, significa riaprire una ferita.
Torniamo dunque alle parole di Benedetto XVI, il quale, a proposito di Hünermann, spiega nella lettera: «Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della Kölner Erklärung che, in relazione all’enciclica Veritats splendor, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa, specialmente su questioni di teologia morale. Anche la Europäische  Theologen Gesellschaft, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito quest’orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento di incontro fra teologi».
La Kölner Erklärung, ricordata da Benedetto XVI, è  la Dichiarazione di Colonia, documento del 1989 sottoscritto da numerosi prelati e teologi, tra i quali appunto Hünermann e Werbick (c’erano anche Küng, Metz, Mieth, Häring) e che rappresentò un attacco senza precedenti nei confronti dell’autorità papale.
Il papa era all’epoca Giovanni Paolo II e a capo della Congregazione per la dottrina della fede c’era, dal 1981, il cardinale Joseph Ratzinger. Nel testo, pubblicato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, i firmatari, dichiarandosi «per una cattolicità aperta, contro una cattolicità messa sotto tutela», contestavano quello che definivano il «nuovo centralismo romano», specie a proposito della nomina dei vescovi e dell’autorizzazione ecclesiastica all’insegnamento per i teologi. E arrivavano ad accusare Karol Wojtyła di «far valere in modo inammissibile, e al di là dei limiti dovuti, la competenza magisteriale, oltre che giurisdizionale, del papa».
Come si vede, un attacco frontale, portato non solo al papa polacco, ma anche al suo fido scudiero tedesco.
«Siamo convinti che non ci sia più consentito tacere», scrivevano i firmatari in preda all’indignazione. E denunciavano: «In questi ultimi tempi l’obbedienza al papa, dichiarata e richiesta da parte dei vescovi e dei cardinali, acquista sempre più sovente l’aspetto di un’obbedienza cieca». Di qui la richiesta di maggiore libertà in tutti i campi, compresa la ricerca teologica (attacco diretto ovviamente al prefetto Ratzinger), ma soprattutto una forte contestazione del primato del magistero papale in campo morale.

lunedì 19 marzo 2018

NOTIZIE DALLA KAY PÈ GIUSS DI HAITI



In Haiti  la Kay Pè Giuss, è una casa d’accoglienza intitolata a don Luigi Giussani che ospita 130 bimbi orfani di genitori deceduti per lo più a causa dell’AIDS.
newsletter febbraio - marzo 2018

SUOR MARCELLA
A causa del terremoto che ha devastato Haiti suor Marcella è rientrata per aiutare la sua gente a ricominciare. Il vescovo di San Pedro, monsignor Francisco Ozoria, l’ha inviata come missionaria della diocesi e la sostiene con visite mensili ed invio di beni di prima necessità e di volontari.
Per tutte le informazioni vai a questi link

LA VIA LATTEA

LA SFIDA DELL’EDUCAZIONE

Ogni mattina alle 6.30 il nostro super tap tap scuolabus lascia nel buio della notte che tarda ad andarsene la Kay Pè Giuss con il suo carico scoppiettante di vocine allegre.
Sono circa 100 i bambini che lo affollano e, come su tutti gli scuolabus che si rispettino, anche qui c’ è la corsa ai posti, ma siccome in Haiti funziona tutto al contrario, qui si corre per sedersi sui posti davanti, vicino alla porta. E quando alla due e mezza il tap tap rientra con il suo carico non si finisce più di veder scendere bambini!!! Una bella possibilità questa che permette a tanti bambini del quartiere oltre che ai nostri di frequentare scuole di buon livello in altre zone della città. Una possibilità che porta tanti genitori a ringraziare ogni volta che mi incontrano e tanti bambini a cercare di costruirsi un futuro diverso da quello che si aspettavano.

Sapete già che con la scuola salesiana purtroppo abbiamo sempre problemi: pochi giorni fa hanno impedito a Richelo di sostenere gli esami accusandolo di avere i capelli troppo lunghi…. forse 1,5 cm.!!! E ancora hanno parlato di sospensione a Bedgina che pare abbia punto con la matita un compagno. Ovviamente non ci si chiede perché l’ abbia fatto, si punisce e basta. Per questo lo scorso anno avevamo cercato un’alternativa a questa scuola che purtroppo non è all’ altezza della fama dell’educazione salesiana ed avevamo trovato la scuola di Mere Delia ma solo per le bambine. Dieci bimbe della kay avevano sostenuto l’esame di ammissione e stanno frequentando la prima elementare o l’anno preparatorio alla prima. Non tutte ce la faranno: Mickencia agli ultimi esami ha preso…. 0….. mai visto!!! Tamara alterna 2 a 10 ma la media finale è molto molto bassa e non sarà accettata il prossimo anno. E ancora Rosalinda, Dadà, già bocciata alla scuola salesiana ha per ora un media che non le farebbe raggiungere la promozione e Dina che alterna 4 a 10 e che è in bilico. Non parliamo di Jesimel che non ha più neanche i libri perché li ha ridotti a striscioline sottili. Poi abbiamo Jorimel che ha mandato a quel paese la suora direttrice ed è stata espulsa a fine anno!!! Ma abbiamo invece Bethnie-Flore e Chrtistine che la media del 10 la confermano ogni giorno, o Biensè e Roodi che se non è 10 è 9.
Finalmente però abbiamo trovato una scuola anche per i bambini: la San Luigi Gonzaga, una vera istituzione in Haiti da 125 anni, fondata dai Fratelli della Dottrina Cristiana francesi. Da lì sono usciti tutti i presidenti e tanti uomini che hanno fatto la storia di Haiti… il che… visti i risultati… non sappiamo bene se è un punto a favore!!!! Il fratello che abbiamo incontrato giovedì mattina è stato molto accogliente nel presentarci la scuola e le sue attività e molto educatamente ci ha detto che forse però non è nelle nostre possibilità sostenere la retta annuale che la scuola chiede: 1.800 U$. Invece vogliamo provarci lo stesso certi di non essere soli in questa sfida e con la convinzione che solo una buona scuola potrà aiutare questi bambini ad aprire la testa e portarla fuori dalla baraccopoli. E così Chico, Richelo, Rubens, Edson e Fredson stanno aspettando con trepidazione il giorno del test di ammissione e li trovo la sera tardi, nei loro letti a studiare per mettercela davvero tutta! Non è l’ alternativa a studiare in Italia ma, in attesa del compimento dei 14 anni, età in cui potranno ricevere i visti per motivo di studio, cerchiamo di mettere delle buone basi.

Ma l’educazione non è fatta solo di scuola.
L’educazione è alla base di ogni rapporto umano vero nel senso che ogni rapporto è educativo ed ogni circostanza che accade diventa la possibilità di essere educati, ma educati a cosa, a chi?
Ci pensavo sabato pomeriggio quando sono andata con la gente di Waf al funerale di Job uno dei ragazzoni del quartiere morto in poche ore in circostanze molto strane. Avevamo messo a disposizione i nostri tap tap per portare la gente in chiesa visto che si trattava di un funerale vero e proprio. All’arrivo nella chiesa di Sant’ Anna, una specie di hangar fatto di lamiera e legno perché a otto anni dal terremoto non è ancora stata ricostruita, mi sono trovata sette b a r e … sette funerali in contemporanea. Ognuno aveva a disposizione un pezzetto di chiesa con le sedie posizionate verso la bare, qualche fiore ed un tappeto lercio davanti. Davanti alle altre bare la gente più o meno composta aspettava l’inizio della funzione ma nel nostro spazio stava accadendo di tutto: gente che urlava, donne che si buttavano a terra rotolandosi lanciando scarpe e gridando, bambini allucinati con gli spalancati davanti a queste scene davvero squallide e decine e decine di telefonini a riprendere, fotografare, registrare.

Ho respirato la miseria, l’ ignoranza, il vuoto. Non si tratta di un fattore culturale diverso dal nostro, ma bensì di un vuoto culturale. Poi le bare sono state portate davanti all’ altare e tutti abbiamo preso posto sulle panche. La funzione è cominciata. Un diacono celebrava il rito del funerale fuori dalla messa: letture, omelia, preghiera, benedizioni varie in mezzo al caos più incredibile: chi urlava, chi sveniva, chi chiacchierava, chi filmava… non si sentiva nulla ed era una pena vedere tutta quella gente che non aveva la coscienza di quello che stava celebrando.

Cosi, cercando di estraniarmi da questo caos, mi sono messa a pensare al compito della Chiesa in particolare della Chiesa missionaria, che poi dovrebbe essere tutta la Chiesa per la stessa definizione di Chiesa. Se non c’ è un’educazione tutto il nostro lavoro perde di significato. Guardavo quella gente centinaia e centinaia di persone in un certo senso tradite: accolte in una chiesa ma alla fine non educate al significato del gesto che si stava compiendo. Un sale che perde di sapore.
La carità non basta, come non bastano neanche i proverbi cinesi di Confucio che ci dicono di insegnare a pescare invece di dare il pesce. 

Anche insegnare a pescare non serve se non si educa all’ amore per la pesca ed alla ragione che ci muove a farla. Anche la missione è quindi un problema di educazione ed in questo senso la Chiesa deve trovare il suo equilibrio e non aver paura di educare, forse non arriverà alle masse, ma cominciando da uno cambierà il mondo.

venerdì 16 marzo 2018

DOPO LE ELEZIONI: UNA VITA CHE CONTINUA



Le previsioni dei sondaggi si sono realizzate solo parzialmente. È vero che, come previsto ha vinto la coalizione di centro-destra, ma il parziale fallimento dell’operazione di Berlusconi, che ha tentato di ricondurre il centro-destra nell’alveo del popolarismo italiano ed europeo, porta l’Italia in una situazione drammatica che molto probabilmente costringerà a breve a nuove elezioni

La realtà è che la gente è stufa e vuole provare a cambiare. I problemi che vive sono tanti e pesanti, ma drammaticamente pensa che la soluzione sia il ritorno a quello stato assistenzialista e paternalista che è, invece, la causa di tutti i problemi dell’Italia. Lo dimostra il fatto che al sud hanno stravinto i 5 stelle che propongono il reddito di cittadinanza e al nord la Lega che vuole abolire la legge Fornero e bloccare l’immigrazione. La  vera colpa della sinistra riformista che ha governato negli ultimi 5 anni è stata quella di aver addirittura accelerato l’ulteriore frammentazione e individualizzazione della società approvando leggi che hanno favorito le libertà individuali ma indebolito pesantemente quei legami che ne costituivano il tessuto connettivo. Una società spappolata e senza identità inevitabilmente chiede più stato e proprio questo è ciò che è avvenuto.

In campagna elettorale noi, in coerenza col nostro patrimonio di valori, opere e intermediazione sociale, abbiamo sostenuto la coalizione di centro-destra, valorizzando la sua maggiore disponibilità verso una visione popolare, meno statalista e più attenta a una concezione della persona e della società rispettosa della nostra tradizione e capace di valorizzare quei corpi intermedi (famiglie, associazioni, imprese, ecc.) che ne sono il pilastro.

Oggi, alla luce dei risultati elettorali, sentiamo ancora più urgente e decisivo l’impegno di lavorare per ricostruire una società civile forte e certa, cioè capace di immaginare e costruire un futuro condiviso per questa città e per questo paese. Certo non sarà facile e richiederà un impegno lungo, ampio e continuativo sul piano culturale e su quello sociale.

Per questo continueremo ad impegnarci anche sul piano politico, per cercare di far si che fra un anno a Cesena si possa dar vita ad un nuovo governo cittadino attento alle istanze popolari e valorizzatore della cultura della sussidiarietà e delle solidarietà
IL CROCEVIA
16 MARZO 2018