LA LETTURA DEL POST PRECEDENTE non dice nulla di nuovo e di sorprendente, ma conferma ancora una volta
qualcosa che tutti sappiamo, ma a cui spesso preferiamo non pensare.
LEONARDO LUGARESI
L'Europa
non è più – salvo qualche non del tutto irrilevante eccezione – cristiana. Sta
rapidissimamente diventando, per ineluttabili ragioni di ricambio anagrafico, un continente popolato da persone per le
quali il cristianesimo non rappresenta più niente, di fatto non esiste.
Il che significa che non esiste più l'Europa, nel senso che storicamente ha questo concetto, perché –
come insegnava san Giovanni Paolo II, il cristianesimo e l'Europa «sono due
realtà intimamente legate nel loro essere e nel loro destino. Hanno fatto
insieme un percorso di secoli e rimangono marcate dalla stessa storia.
L’Europa
è stata battezzata dal cristianesimo; e le nazioni europee, nella loro
diversità, hanno dato corpo all’esistenza cristiana. Nel loro incontro si sono
mutuamente arricchite di valori che non solo sono divenuti l’anima della
civiltà europea, ma anche patrimonio dell’intera umanità. Se nel corso di crisi
successive la cultura europea ha cercato di prendere le sue distanze dalla fede
e dalla Chiesa, ciò che allora è stato proclamato come una volontà di
emancipazione e di autonomia, in realtà era una crisi interiore alla stessa
coscienza europea, messa alla prova e tentata nella sua identità profonda,
nelle sue scelte fondamentali e nel suo destino storico. L’Europa non potrebbe
abbandonare il cristianesimo come un compagno di viaggio diventatole estraneo,
così come un uomo non può abbandonare le sue ragioni di vivere e di sperare
senza cadere in una crisi drammatica. È per questo che le trasformazioni della
coscienza europea spinte fino alle più radicali negazioni dell’eredità
cristiana rimangono pienamente comprensibili solo in riferimento essenziale al
cristianesimo. Le crisi dell’uomo europeo sono le crisi dell’uomo cristiano. Le
crisi della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana».
Parole
che sembrano venire da un remoto passato, ma che furono pronunciate appena 36
anni fa, nel memorabile discorso ai vescovi europei del 5 ottobre 1982, e che
mantengono tutta la loro validità, come base per un giudizio cristiano da
elaborare oggi, quando ciò che Giovanni Paolo II paventava è avvenuto e
l'Europa ha abbandonato il cristianesimo come un compagno di viaggio
diventatole estraneo.
I
cristiani europei, però, non hanno abbandonato la fu Europa. Ci sono, e ci
saranno sempre dei cristiani, perché Dio non cessa mai di scegliere i suoi, il
suo resto, i suoi “eletti” come segno per tutto. E per questi pochi (noi!?), la
fu Europa resta il "nostro mondo”. La domanda è dunque: come vivere da
cristiani (europei) in una ex-Europa non cristiana?
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