Papa Francesco, quello tra adulti e ragazzi è un dialogo di cuori
Il nuovo libro intervista di Papa Francesco, "Dio
è giovane", promette di essere molto utile a tutti i prof.
Purché
disponibili a prendere sul serio il proprio compito.
Sono state diffuse solo
le prime anticipazioni a mezzo stampa, ma il nuovo libro intervista di Papa
Francesco, dal titolo eloquente Dio è giovane, promette di essere
una vera rivoluzione copernicana dell'educazione alla vigilia di uno dei Sinodi
dei Vescovi più sorprendenti della recente storia della Chiesa, ossia quello
che in autunno metterà a tema proprio i giovani. Il carattere rivoluzionario
del libro sta in cinque passaggi che sono una sorta di antipasto del dibattito
e del lavoro che Bergoglio indica a chiunque si trovi alle prese con i
ragazzi.
Anzitutto i giovani per il Papa smettono di essere una
categoria sociologica, un oggetto di studio e
di esperimenti, per trasformarsi in
interlocutori: non siamo noi a parlare ai giovani, ma sono i giovani che ci
parlano. I loro comportamenti, i loro giudizi, perfino le loro provocazioni,
sono la sfida che il Mistero di Dio ci rivolge per iniziare tutti una strada di
comprensione e di consapevolezza.
In seconda battuta
perciò viene meno per il Papa la
dialettica pseudo-educativa giovani/adulti per lasciare spazio al dialogo fra
cuori: il cuore dei ragazzi dialoga col nostro cuore, per cui non è
possibile incontrare nessuno di loro se non a partire dalla nostra umanità, dal
nostro desiderio vissuto nel tempo.
L'adulto non è chi sa come vivere, l'adulto è colui che ha compiuto di più, e
più volte, la verifica tra ciò che il proprio cuore desidera e le risposte che
ciascuno prova a dare. L'adulto è autorevole solo per aver verificato di
più, solo per questo suo essere passato dentro le circostanze e averle guardate
in faccia. Uno è adulto non perché é più grande, ma perché ha fatto una strada,
un cammino, di autenticità che non lo porta ad essere migliore del giovane, ma
più bisognoso di ciò che nella vita è essenziale.
In terzo luogo, dunque, si può dire che per Francesco
è il desiderio che decide della dignità del rapporto educativo: i ragazzi non sono qualcosa da correggere secondo
un'idea che uno ha in testa, né un raggruppamento da avvicinare mostrandosi
loro più "amiconi", ma qualcuno da prendere sul serio, un Mistero da
scoprire. Il lavoro educativo non sta tanto nella trasmissione o nella
plasmazione ideale del giovane, quanto nell'impegno appassionato di sé con le
istanze del cuore che il ragazzo brandisce o manifesta. Il compito di un adulto
non è giudicare la libertà del giovane, quanto misurare la propria libertà di
uomo con il desiderio che si fa strada, anche confusamente, tra i
ragazzi.
In quarto luogo il vero nemico dell'educazione non è
l'errore, ma il peccato, ovvero la tentazione di
vivere sradicati, dimentichi, dell'ampiezza e della profondità del proprio Io.
Lo sballo, le dipendenze, la trasgressione, la stessa sindrome di Peter Pan di
molti adulti, sono il segno più eloquente del tentativo di allontanarsi dal
proprio desiderio, del tentativo di vivere le circostanze lontano da quel
tormento che ci rende uomini e che si manifesta come disagio e come radicale
mendicanza di bene.
È chiaro, allora, come
il quinto punto che il Papa sembra
offrirci abbia a che fare con il potere — potere oggettivo dell'educatore,
potere psicologico dettato dal fascino dell'età, potere della volontà del
singolo che in ultima istanza sempre può disporre di sé —, potere che o si
realizza come servizio all'altro, come servizio affinché il mio Io e il tuo Tu
crescano, oppure favorirà solo episodiche infatuazioni, sudditanze psicologiche
o indicibili violenze che deformeranno per sempre il volto nostro e di coloro
che abbiamo incontrato lungo la strada.
Bergoglio accenna a
tutto questo e queste prospettive sono solo un inizio di riflessione. Ma se il
buon giorno si vede dal mattino, possiamo tranquillamente prendere atto che ciò
a cui ci chiama il successore di Pietro
non è una riflessione su come gestire la giovinezza e portare la gioventù al
cattolicesimo, quanto su come non smarrire — nel rapporto con i ragazzi —
quell'impeto di Verità che ci rende giovani, tutti tesi a non perdere
nemmeno un istante della promessa che ci è stata fatta e che si chiama
vita.
Quello che si prospetta
è quindi un libro per i giovani, un Sinodo per l'attesa che in ognuno di noi
mendica che nessuno dei sospiri dell'esistenza resti piccolo o inutile. Siamo
dunque di fronte ad un'altra puntata di quella rivoluzione della tenerezza che cinque anni fa si è affacciata dal
balcone di San Pietro e ha iniziato a darci la sua buona sera.
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