GIUSSANI : FEDE CULTURA E
POLITICA
Brani da una intervista
rilasciata nel settembre del 1984 a Luigi Accattoli, e pubblicata sul Corriere
della Sera
(…)
Il rapporto con gli altri movimenti
cattolici Non è un montarsi la testa quel dare sempre un giudizio negativo
della Chiesa italiana?
« Non direi che
io abbia un giudizio negativo sulla Chiesa italiana. Anzi ha una grandissima
tradizione. Dico che bisogna lottare per
la verità di questa tradizione e perché questa tradizione sappia comunicarsi e
sappia ispirare atteggiamenti e opere utili al bene comune. Al bene comune
degli uomini. Mi pare che la Chiesa italiana dovrebbe assumersi in modo più
adeguato il compito di valorizzare la profondità e la sicurezza tradizionale
della fede popolare. L'aspetto che può generare più disagio nell'assetto della
Chiesa italiana si può riassumere nella preoccupazione, espressa dal Papa a
quasi tutte le Conferenze episcopali regionali, sul pericolo del divorzio tra fede e cultura » .
Don Giussani, questa frase la deve
spiegare.
«Per
abolire il divorzio tra fede e cultura è necessario che la realtà del popolo
cristiano, e quindi la Chiesa, sia
energicamente presente nella problematica e nel dibattito che angustia la vita
del mondo di oggi. Sulla difesa della vita, per esempio, o della libertà. Non sarebbe una fede vissuta quella che non
dicesse qualcosa su tutta la vita dell'uomo. Sarebbe una grave iattura
favorire una riduzione della vita della Chiesa a culto e rito, con qualche
spinta a interessarsi degli emarginati».
Vede questa tendenza nella
Chiesa Italiana?
Si, nel tipo di educazione
che ora si da:
non frequento i centri studi, non praticole statistiche, perciò non vorrei
essere ingiusto nel dare un valore assoluto a osservazioni, che comunque
potrebbero valere in moli casi. Se
abbiamo un difetto è l’entusiasmo
(…)
Ciò che vi crea nemici è la
vostra “politica. Io stesso credo di apprezzare la vostra religiosità, ma non
la vostra politica.
Forse
un approfondimento del nostro concetto di religiosità favorirebbe la
comprensione della nostra posizione. La
religiosità è l’affermazione di un senso ultimo che ogni coscienza implica,
lo sappia o non lo sappia, criticamente o acriticamente. Tutto quello che la
persona compie, criticamente o no, è illuminato da quel senso ultimo. Perciò
esso funziona come un orizzonte totale, che tende a qualificare e a determinare
tutto quello che l’uomo fa. Se questo vale per i rapporti fra genitori e figli,
tra uomo e donna, tra uomo e uomo; se questo vale per il lavoro personale e per
l’espressione personale, come potrebbe
non valere per l’impegno dato alla sfera della politica, intesa come la realtà
totale dei rapporti sociali? Dio ha forse detto che la fede deve fermarsi ai
rapporti primari e familiari e non cercare di investire il mondo?
(…) Ciò che definisce
ultimamente la nostra posizione è una passione per l’uomo. Per l’uomo di questa
terra. Che stia meglio come uomo.
E dall’altra parte una
passione per Cristo, incontrato come fattore ideale di questo umanesimo
migliore.
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