È di santità, non di management che ha bisogno la Chiesa
Quali le intenzioni del Sinodo mondiale e dei sinodi locali che impegneranno il popolo di Dio nei prossimi tre anni?
Invertire la rotta tornando quantomeno a provare ad elevare la fede delle
persone alla statura del Vangelo, oppure continuare sulla linea intrapresa da
otto anni a questa parte di abbassare l’asticella del Vangelo alla statura
della fede delle persone, i cui esiti sono sotto gli occhi di tutti.
Sta tutto qui, in questa scelta con cui sempre la Chiesa ha dovuto fare i
conti, il dilemma del Sinodo mondiale e dei sinodi locali che impegneranno il
popolo di Dio nei prossimi tre anni.
“Il” problema
A dire il vero la soluzione del dilemma dovrebbe apparire scontata, posto
che il problema numero uno, fuori ma soprattutto dentro la Chiesa, è dato da una spaventosa crisi di fede che, almeno
in Europa in Occidente, non sembra allentare la presa; il fatto però è che non
sembra affatto esserci questa consapevolezza, la coscienza cioè di quale sia
“il” problema della Chiesa di oggi, stando almeno all’agenda ecclesiale degli
ultimi anni. Il che naturalmente complica di parecchio le cose, col rischio
neanche troppo remoto di proporre soluzioni sbagliate partendo da premesse
sbagliate.
Di cosa ha bisogno la Chiesa
Bien penser pour bien agir, diceva Pascal. E fermo restando che al di là
delle modalità pastorali (le quali poi, è bene ricordarlo, devono sempre
confrontarsi con il “fattore S” – ossia l’intervento dello Spirito Santo che
spesso e volentieri spariglia piani e programmi, come è avvenuto ad esempio con
la fioritura di movimenti e carismi laicali negli anni del Vaticano II), al di
là dicevamo delle modalità e delle scelte pastorali, resta di straordinaria
attualità il monito di Giovanni Paolo II:
«La Chiesa di oggi non ha bisogno di nuovi riformatori. La Chiesa ha bisogno di
nuovi santi».
Monito cui fece eco l’allora card. Ratzinger, che nel
libro-intervista Rapporto sulla fede con Vittorio Messori
parlando proprio di riforma e rinnovamento della Chiesa ebbe a dire: «È di santità, non di management che ha
bisogno la Chiesa per rispondere ai bisogni dell’uomo contemporaneo».
Fede e santità
La santità, dunque. Questa è l’unica e vera riforma che serve. Non a caso tutte le epoche di grandi cambiamenti nella storia della Chiesa e dell’umanità hanno visto e sono state accompagnate da una straordinaria fioritura di santità: dai martiri e dai Padri della Chiesa nei secoli dell’impero romano a S. Benedetto e al monachesimo agli albori del Medioevo; dagli ordini mendicanti di S.Francesco e S. Domenico nel XIII secolo ai santi della Controriforma cosiddetta nel XVI; e ancora dai “santi sociali” dell’Ottocento a S. Pio da Pietrelcina negli anni terribili della Grande Guerra ai grandi papi santi del Concilio e alla fioritura di santità che c’è stata nel post Concilio e fino ai nostri giorni. Una storia che solo uno sprovveduto definirebbe casuale.
Fede e santità, due facce di una stessa
medaglia. Per questo la Chiesa, come diceva il card. Biffi, «non ha bisogno di
essere credibile, ha bisogno di essere credente». Il resto conta poco e niente.
Luca Del Pozzo TEMPI
Nessun commento:
Posta un commento