di Pierfrancesco De Robertis
ilrestodelcarlinoonline
SICCOME la parola «porcata» è
ormai entrata nel gergo politico, da ieri esiste anche la «porcata
democratica». Più o meno simile a quella inventata a suo tempo da Calderoli per
farci votare senza scegliere gli eletti, non troppo diversa da quelle messe in
atto negli anni da Berlusconi con le tante leggi ad personam suggerite dai suoi
avvocati per arginare l’onda d’urto delle procure. Il nuovo che avanza, quello
che «la politica è una cosa bella», non è insomma molto diverso dal vecchio che
vuole scacciare, e quando si tratta di piegare a proprio uso le leggi e i
regolamenti la forza vale più del diritto. Storia vecchia.
La realtà è che da ieri il governo è molto più debole di quanto lo fosse una settimana fa, e il due ottobre appare un lontano ricordo. L’orizzonte delle elezioni anticipate è abbastanza chiaro; non si sa con quale inchiostro verrà scritta la parole fine, ma si sa che di qui a qualche settimana qualcuno si prenderà la briga di vergarla.
La realtà è che da ieri il governo è molto più debole di quanto lo fosse una settimana fa, e il due ottobre appare un lontano ricordo. L’orizzonte delle elezioni anticipate è abbastanza chiaro; non si sa con quale inchiostro verrà scritta la parole fine, ma si sa che di qui a qualche settimana qualcuno si prenderà la briga di vergarla.
SE INFATTI ieri il Pd non avesse
voluto forzare la mano avrebbe avuto semplicemente la possibilità di attenersi
alla prassi parlamentare e decidere per il voto segreto come accade nei casi
che riguardano persone. Ci avrebbe pensato l’Aula a decretare la fine del
Cavaliere, o al più la Cassazione convalidando tra un paio di mesi la decisione
della Corte d’Appello di Milano sulla decadenza dai pubblici uffici.
Certo, aver voluto invece uccidere un uomo morto lasciando le impronte digitali sul cadavere può significare che il Partito democratico è la solita accozzaglia di teste calde incapaci di governare i propri sentimenti (vedi elezione del presidente della Repubblica), che i democratici non riescono a emanciparsi da quella miscela di antiberlusconismo manettaro tra fan delle procure e dei siti web più scalmanati, ma — dato che al Nazareno qualcuno la scuola dell’obbligo della politica l’ha fatta — può con più probabilità voler dire che la rotta è stata decisa: elezioni. E siccome la «porcata» di ieri ha avuto come primo effetto quello di ricompattare il fronte pidiellino e di risospingere nelle braccia del Cavaliere quelle colombe che il due ottobre scorso avevano retto Letta, è evidente che la fragile maggioranza di governo non ha una ma due gambe di meno a sorreggerla.
GODE quindi Renzi, che vuole al
più presto giocarsi la chance di Palazzo Chigi, avendo già capito dalle prime
avvisaglie sul tesseramento che il Pd è un animale molto più difficile da
domare di una Leopolda qualunque, e che il proprio gioco del vedo-non vedo non può
durare molto; gode Grillo, che dal caos generalizzato ha solo da guadagnare e
tanto messi lì cento Carneadi se ne sostituiscono con altri cento; alla fine
non si dispiace più di tanto il Cavaliere, che per come si erano messe le cose
e vista l’inaffidabilità di un Pd incapace di reggere la pressione esterna e
interna, non aveva altra scelta. Se metti all’angolo il gatto, il gatto
graffia, ed è quello che ha fatto e che farà Berlusconi.
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