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La rottura col passato, il passaggio dal teologo bavarese al gesuita
argentino, è chiara e netta: “Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI erano accademici abituati a fare distinzioni e parlare
in astratto. Francesco, invece, è un pastore che mette al centro la
comunicazione su ciò che è l’essenza del Vangelo. Bergoglio parla con immagini
vive, spiega ad esempio che la chiesa è un ospedale da campo. Crede che le
persone siano attirate verso la cristianità non dalle dispute, ma dalla
bellezza, la bellezza di una comunità capace di amare seguendo il messaggio
meraviglioso dell’amore di Dio”. C’era bisogno, insomma, di un uomo che
sapesse comunicare con chiarezza il Vangelo; ci voleva “uno che riconciliasse”
il popolo fedele con la chiesa intesa come Istituzione dopo le contrapposizioni
e il calvario degli ultimi anni.
Il cardinale Timothy Dolan, combattivo presidente della Conferenza
episcopale americana (il rinnovo delle cariche è in
programma il prossimo novembre durante l’assemblea annuale di Baltimora), dopo
qualche perplessità sul cambiamento di rotta riguardo i princìpi non
negoziabili – il Papa ha chiarito che non bisogna parlarne sempre, che le
priorità sono altre – e sulle scarse capacità manageriali del Pontefice, ha
parlato di una “ventata d’aria fresca” che soffierebbe ormai impetuosa sulla
cupola di San Pietro e sui vetri dell’albergo Santa Marta. Evangelizzazione,
missione, periferia. E’ l’invito a uscire, a non chiudersi nelle chiese, a non
essere cristiani di sacrestia, come ha ripetuto Francesco mercoledì scorso nell’udienza
generale.
Thomas Reese SJ |
La verità, dice padre Reese, è che più delle agende pastorali e di
programmi più o meno chiari di pontificato, “è lui, il Papa, la ventata d’aria fresca”
che si attendeva da tempo. Il gesuita preso quasi alla fine del mondo “ha come obiettivo quello di comunicare il
Vangelo in parole comprensibili e attraenti. Rifiuta la pompa che separa lui e
gli altri esponenti del clero dal popolo cattolico. E’ in grado di capire che
parole, paramenti e simboli del Tredicesimo secolo non potranno mai comunicare
qualcosa alla gente del Ventunesimo secolo. Francesco vuole tornare all’essenza
del Vangelo e trovare nuove strade per comunicarlo ai fedeli d’oggi”.
Niente dubbi, per l’ex direttore di America, neppure sul Papa che rilascia
interviste (senza controllarne il testo prima della pubblicazione) come fossero
piccole encicliche da diffondere al mondo: “Non c’è alcun pericolo, nessun
rischio di ingenerare confusione e di creare incomprensioni. La vecchia maniera di comunicare era
inefficace. Quanta gente legge le encicliche papali? Quanti sono in grado di
capirle? Più che parlare a un ristretto gruppo di ecclesiastici, Francesco
vuole parlare al mondo”. E questo non significa venire a patti con esso,
non porta a scendere su un piano mondano? Tutt’altro: “Bergoglio non è un
relativista. Come gesuita, crede semplicemente nello Spirito, quindi tenta di
trovare Dio in ogni cosa. Francesco venera la storia e la tradizione della
chiesa, ma interpreta ciò non come nostalgia di un tempo perfetto ormai
perduto, bensì come strada per imparare come entrare nel futuro con l’aiuto
dello Spirito Santo”.
Il Papa, aggiunge Reese, “è convinto che nel messaggio della chiesa c’è
molto di più che regole e regolamenti”. Il suo messaggio è chiaro: “I fedeli
non possono più essere spinti a fare il bene sotto minacce e ammonimenti, con
la paura. Devono prima essere
conquistati con l’amore”, spiega il nostro interlocutore. La strategia è
semplice: meno dottrina e precetti, più pastorale. E’ questa “la ventata d’aria
fresca” necessaria per la salvezza della chiesa.
il foglio 19 ottobre 2013
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