Beatificazione di Rolando Rivi,
il seminarista quattordicenne trucidato “in odium fidei”
dai partigiani comunisti
«Domani avremo un prete in meno»: con queste parole,
disarmanti in quanto a cinismo, i partigiani che nell’aprile 1945 uccisero il
giovane seminarista Rolando Rivi, commentarono la barbarie appena compiuta.
Aveva solo 14 anni, Rolando Rivi. Era un seminarista, al principio di un
cammino che avrebbe dovuto condurlo a realizzare il suo sogno, quello di
diventare sacerdote e missionario. Le sue ali ancora acerbe vennero però
brutalmente spezzate in un bosco situato nel mezzo del cosiddetto Triangolo
della Morte, fazzoletto di terra emiliana che durante la Seconda Guerra
Mondiale fu imbevuto di sangue dalla ferocia dei partigiani comunisti.
Era il 10 aprile 1945, quando una pattuglia
partigiana, appartenente a un battaglione inquadrato nella divisione Modena
Montagna, sequestrò Rivi e lo costrinse a seguirla nella boscaglia nei pressi
di San Valentino, la frazione di Castellarano in cui il giovane viveva. Ai
genitori venne lasciato un biglietto con scritto «Non cercatelo. Viene un
attimo con noi partigiani». Solo dopo quattro giorni, il padre Roberto Rivi e
don Alberto Camellini, curato di San Valentino, ne ritrovarono la salma in
condizioni strazianti: il volto era coperto di lividi, il busto martoriato e
due fori di proiettile ad indicare le ferite mortali, uno alla tempia sinistra
e un altro all’altezza del cuore.
Gli fu fatale il coraggio dell’appartenenza al
Signore. Ai tanti cari che, per prudenza innanzi all’odio assassino
anti-clericale dei partigiani, lo invitavano a smettere l’abito talare, Rolando
Rivi rispondeva: «Non posso, non devo togliermi la veste. Io non ho paura, io
sono orgoglioso di portarla. Non posso nascondermi. Io sono del Signore». Così,
quella veste gli fu sottratta e venne esibita come trofeo di guerra da un
drappello di spietati esecutori di un’ideologia atea e truculenta.
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