di Robi Ronza16-05-2014
Vale ogni tanto la pena di andarsi a leggere Internazionale, il
settimanale che sfuggendo coraggiosamente al rischio dell’umiltà proclama di
offrire ai propri lettori “il meglio dei giornali di tutto il mondo”. E’
infatti uno strumento, peraltro ben redatto, per capire che cosa pensa e di che
cosa vuole convincerci (le due cose non sempre coincidono) la vera razza
padrona del mondo globalizzato in cui viviamo, ossia l’intellighenzija
neo-giacobina che tiene stretto nelle sue mani lo spartito del politically
correct.
In questo quadro “il meglio dei giornali di tutto il mondo” è in effetti l’esito di una rigorosa opera di filtraggio che lascia passare soltanto il meglio vero o presunto dei giornali neo-giacobini di ogni angolo del globo. Anche perciò è di utile aiuto per farsene con poca fatica un personale censimento. Quelli dei maggiori Paesi già si conoscono, ma poi come fai a sapere come si chiamano L’Espresso o la Repubblica che so, del Paraguay, della Finlandia o della Nuova Zelanda? Leggi Internazionale e presto o tardi lo vieni a sapere.
In questo quadro “il meglio dei giornali di tutto il mondo” è in effetti l’esito di una rigorosa opera di filtraggio che lascia passare soltanto il meglio vero o presunto dei giornali neo-giacobini di ogni angolo del globo. Anche perciò è di utile aiuto per farsene con poca fatica un personale censimento. Quelli dei maggiori Paesi già si conoscono, ma poi come fai a sapere come si chiamano L’Espresso o la Repubblica che so, del Paraguay, della Finlandia o della Nuova Zelanda? Leggi Internazionale e presto o tardi lo vieni a sapere.
Due settimane fa Internazionale ha dedicato la sua
copertina all’attuale
presidente dell’Uruguay, Pepe Mujica, l’ex-sindacalista che anche da presidente
continua a vivere in campagna nella casupola col tetto di lamiera dove prima
abitava. L’uomo ha alle spalle un passato di militante rivoluzionario comunque
rispettabile dal momento che gli è costato anni di carcere. Arrestato e
incarcerato l’ultima volta nel 1972 tornò in libertà solo nel 1985. Poco dopo
divenne ministro per l’Agricoltura, l’Allevamento e la Pesca (ossia nel caso
dell’Uruguay in pratica ministro dell’Economia) e in quella veste ottenne
grandi risultati grazie ai quali nel 2009 venne appunto eletto presidente della
Repubblica. Da ministro dell’Agricoltura fu in Italia dove intervenne a una
sessione di una Conferenza Italia – America Latina facendo proposte originali e
ragionevoli. Il suo carisma è poi evidente, segno di un gusto della vita in pieno
contrasto con il suo proclamato nichilismo.
Al di là del fatto che Mujica, con cui ebbi occasione di incontrarmi, mi è
simpatico, non è su di lui
che voglio qui soffermarmi bensì sui titoli della copertina che gli ha dedicato
Internazionale: “Uruguay / Il presidente
che tutti vorrebbero / Ha ridotto disoccupazione e povertà. Ha legalizzato
aborto e marijuana” (E anche, aggiungiamo noi, il matrimonio tra
omosessuali).
Sono accostamenti che stringono il cuore, e che la dicono lunga
sul triste tramonto della cultura di sinistra. Germogliata nel secolo XIX per
rivendicare la dignità e i diritti umani e civili delle masse operaie, oggi è
arrivata a questo punto: a fare un sol fascio, per dirla con le parole di Nanni
Moretti, tra “cose di sinistra” come la sacrosanta lotta contro la
disoccupazione e la povertà da una parte, e dall’altra “cose di destra” che più
di “destra” non si può: in pratica per così dire l’agenda degli
aristocratici libertini del secolo XVIII.
Poveretti.
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