Federico
Pichetto
sabato 24
maggio 2014
Nietzsche
sosteneva che nella società nichilista non esistono fatti, ma solo
interpretazioni. Alla vigilia delle elezioni europee si confrontano
interpretazioni molteplici del voto e degli schieramenti in campo. Queste
interpretazioni sono espresse attraverso delle descrizioni di vicende, dei
racconti, che vengono offerti da politici e commentatori come
"mantra" da ripetere costantemente nella speranza di imporli come la
lettura ufficiale della realtà attuale.
Così, in quello
che una volta si sarebbe definito il blocco moderato, il Movimento 5 Stelle è
rappresentato come l'icona della deresponsabilizzazione e del nichilismo,
mentre - nel blocco grillino - Renzi è dipinto come il canto del cigno di una
politica corrotta arrivata al capolinea. Queste definizioni sono costruite
apposta per togliere agli interlocutori la possibilità stessa di un confronto
autentico con la realtà delle cose. Nel passato questo succedeva quando si
accostava d'ufficio l'aggettivo mafioso a certi democristiani o quando i
comunisti erano bollati senza appello come sovversivi e miscredenti. La nostra
società, insomma, è maestra nell'eliminare preventivamente l'avversario,
nell'eludere la fatica del confronto con chi apparentemente sembra agli
antipodi della propria esperienza e delle propria tradizione.
Accadeva anche
ai tempi di Cristo, quando pubblicani e prostitute erano bollati come
"peccatori" e quindi immondi, non degni neppure di essere presi in
considerazione. Accade tutti i giorni a noi quando, con un aggettivo, facciamo
fuori il marito, la moglie, i figli, gli amici. Accade perché vogliamo evitare
che quelle vite, quei volti, ci mettano in discussione, ci spingano a cambiare.
È questa l'ideologia. Quella stessa ideologia che definisce Berlusconi un
delinquente, Alfano un protettore di vecchie cariatidi, Renzi un "figlio
di troika", Grillo un dittatore. Io non metto in dubbio che questi epiteti
possano prendere spunto da episodi realmente accaduti, ma dico che così facendo
si condanna il paese allo scetticismo e alla voglia di "sfascismo".
Ogni volta che
noi non facciamo i conti con la realtà, come fece Cristo nei confronti
dell'adultera o di Zaccheo, perdiamo l'occasione migliore della nostra vita:
quella di imparare, di capire. L'uomo sembra oggi in balia di un accecante
desiderio di essere confermato, approvato, rassicurato, in quello che sa già.
Per questo liquida l'altro, il diverso, con un epiteto. Per questo non accetta
di stare in silenzio, di non commentare, di attendere: perché ha fretta di
chiudere, di tarpare, la domanda che la realtà pone.
Il successo di
Grillo, infatti, deve essere capito, la speranza che suscita Renzi deve essere
compresa, l'immortalità elettorale di Berlusconi deve essere indagata, la
voglia di un movimento moderato unito, rappresentata da Alfano, deve essere
ascoltata. Ma questo vale anche per Tsipras, per Salvini, per la Meloni, per il
brontolio di mia moglie e per la diversità di mio figlio: io non posso
liquidare tutto con quello che so, perché io - davanti a quello che accade - ho
la possibilità di vedere Qualcosa di nuovo, di ascoltare - ancora una volta -
la Parola di un Altro, l'invito di un Mistero.
A riprova di
ciò va detto che questo è il paese dove si è fatto fuori Mussolini senza cercar
di capire fino in fondo l'infatuazione del popolo per il fascismo, dove si è
mandata al macero l'esperienza craxiana senza provare a custodirne la preziosa
eredità, dove si è cantato l'Alleluia di Hendel per l'uscita di scena di
Berlusconi senza neppure domandarsi che cosa il paese aspettasse veramente da
lui. Oggi tutto questo atteggiamento snob, lobbista, settario, è ancora in
agguato. Con Renzi, con Grillo, con Alfano. Ma soprattutto con i nostri amici e
con noi stessi.
Per questo, per
andare a votare seriamente alle elezioni di domenica, abbiamo bisogno di una
sola cosa: che riaccada nella nostra vita lo sguardo di Cristo. Questo non è
"confessionalismo" o "spiritualismo", ma è la posizione di
chi non ha paura di verificare concretamente il fatto che le forze che cambiano
la storia siano le stesse che cambiano il cuore dell'uomo. Altrimenti possiamo
pure promuovere tanti assiomi apodittici − universalmente ineccepibili o
affascinanti − ma poi, alla fine dei conti, essere come tutti gli altri. Per
alcune persone dire queste cose potrebbe risultare una perdita di tempo, un
distrarsi dalla "battaglia politica", per me − che vivo su una
montagna alla periferia del mondo − è l'unica cosa che conta. L'unica cosa che,
domenica prossima, mi farà alzare ed andare − con ironia e libertà − ad
esprimere il mio voto.
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