sabato 30 gennaio 2016
venerdì 29 gennaio 2016
OGNI GIORNO È IL FAMILY DAY
EDITORIALE DI SAMIZDATONLINE
Il male vince sempre grazie agli uomini dabbene che trae in inganno; e in
ogni età si è avuta un'alleanza disastrosa tra abnorme ingenuità e abnorme
peccato.
La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale. (da Eugenetica e altri malanni)
Si va a Roma. Si è andati a Roma, se leggerete queste parole dopo il 30 gennaio 2016. Si va a Roma per due ragioni, che sono quelle che le due citazioni di Chesterton che aprono questo post dicono con tanta chiarezza e acume.
Si va a Roma perché ci sono tanti uomini per bene, tanti ragazzini imbottiti di youtube e slogan fessi, tante tante persone che non hanno mai riflettuto seriamente su chi sono veramente, e cosa vogliono. Non hanno mai pensato cosa voglia dire crescere senza padre o senza madre, o se sia davvero una condizione così desiderabile. Non hanno mai capito davvero cosa sia il matrimonio, che no, non è due che stanno insieme dato che si vogliono tanto tanto bene, un contratto, una formalità. Tanta gente - ma poi così tanta? - che chiede una legge che in fondo vuole solo tre cose:
*la reversibilità della pensione per gli
omosessuali,
*la possibilità di andarsi a ordinare e
acquistare un figlio,
*la distruzione del concetto stesso di
matrimonio.
Perché tutto il resto, tutti i diritti
individuali, in una maniera o l'altra già ci sono. Leggi e sentenze alla mano.
Allora andare a Roma tutti quanti può essere un modo per farli pensare. Un poco. Alcuni. Perché la stragrande maggioranza se ne frega di questa legge, omosessuali compresi. Se davvero gli omosessuali tutti volessero questa legge allora l'imbarazzante manifestazione svegliaitalia a favore della Cirinà non sarebbe andata quasi deserta. Altro che un milione, come gente senza misura né pudore ha sostenuto esserci.
Allora andare a Roma tutti quanti può essere un modo per farli pensare. Un poco. Alcuni. Perché la stragrande maggioranza se ne frega di questa legge, omosessuali compresi. Se davvero gli omosessuali tutti volessero questa legge allora l'imbarazzante manifestazione svegliaitalia a favore della Cirinà non sarebbe andata quasi deserta. Altro che un milione, come gente senza misura né pudore ha sostenuto esserci.
Andare a Roma può essere un modo per risvegliare anche certi politici che là abitano o vorrebbero abitare. Per ricordare loro che essere banderuola può servire durante le legislature, ma difficilmente quando è ora del voto. Quando in genere si sceglie di votare gente che sa cosa vuole e fa quel che dice di volere. E quel che vuole è ciò che vogliono pure gli elettori.
A questo potrà servire il family day. Per quanto ci saranno tentativi usando ogni trucco e menzogna di minimizzare quanto succederà al Circo Massimo, dopo ci sarà sicuramente un'ingenuità meno abnorme. Il peccato, quello rimane. Finché non è chiesto perdono.
E il grido lo si deve lanciare adesso. Non dopo, quando diventa pianto e rimpianto.
Ma c'è una terza ragione per andare.
Non basta opporsi. Non basta reagire. Se no combattiamo sempre una battaglia di retroguardia, sempre in ritirata, sempre in fuga. Quando siamo noi ad avere la bellezza, il senso, la gioia. Quando invece potremmo sbaragliare i fantasmi e le nebbie della menzogna in ogni momento.
Non dobbiamo aspettare Roma. Roma non c'è ogni giorno.
Non basta opporsi. Non basta reagire. Se no combattiamo sempre una battaglia di retroguardia, sempre in ritirata, sempre in fuga. Quando siamo noi ad avere la bellezza, il senso, la gioia. Quando invece potremmo sbaragliare i fantasmi e le nebbie della menzogna in ogni momento.
Non dobbiamo aspettare Roma. Roma non c'è ogni giorno.
Ma ogni giorno può essere un family day, se lo
diciamo, se lo annunciamo, se facciamo vedere che la realtà vera siamo noi.
Noi, da sempre, dai millenni che sono stati a quelli che verranno.
C'è chi ha perso la speranza, chi dà per scontata una sconfitta. Saremo sconfitti solo se smetteremo di combattere, e combattere nel nostro caso vuol dire semplicemente far vedere che il vero c'è, la bellezza c'è, la realtà c'è. Dirlo. Non avere paura di chi mente, perché sono loro ad essere già sconfitti, dentro. Morti senza saperlo.
E' tempo di alzare la testa, e dire che ogni giorno è un giorno della famiglia, perché la famiglia è quella che c'è ogni giorno, da che giorno è giorno e il sole sorge e tramonta sull'uomo e su questa terra.
C'è chi ha perso la speranza, chi dà per scontata una sconfitta. Saremo sconfitti solo se smetteremo di combattere, e combattere nel nostro caso vuol dire semplicemente far vedere che il vero c'è, la bellezza c'è, la realtà c'è. Dirlo. Non avere paura di chi mente, perché sono loro ad essere già sconfitti, dentro. Morti senza saperlo.
E' tempo di alzare la testa, e dire che ogni giorno è un giorno della famiglia, perché la famiglia è quella che c'è ogni giorno, da che giorno è giorno e il sole sorge e tramonta sull'uomo e su questa terra.
Berlicche socio di SamizdatOnLine
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L’ERRORE DEI DEVOTI
Ecco la frase tremenda
con cui Péguy bolla l’errore dei devoti:
«Poiché essi non
hanno la forza e (la grazia) di essere della natura credono di essere della
grazia. Poiché non hanno il coraggio temporale credono di essere entrati nella
penetrazione dell’eterno. Poiché non hanno il coraggio di essere del mondo
credono di essere di Dio. Poiché non hanno il coraggio di essere di uno dei
partiti dell’uomo credono di essere del partito di Dio. Poiché non sono
dell’uomo credono di essere di Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare
Dio».
( Lui è qui, pag 486, I
libri dello spirito cristiano)
Camille Corot, Cattedrale di Chartes |
La bellezza del
cristianesimo, per contro, sta tutta nella semplicità bambina con cui l’uomo –
senza rinnegare nessuno degli avvenimenti che la realtà gli propone – li
affronta nella confidente compagnia dell’Eterno incarnato.
Dopo il celebre
pellegrinaggio a Chartres del 1912 Péguy disse di se stesso: «Non sono un
santo. Sono un testimone, un cristiano nella parrocchia, un peccatore, ma un
peccatore che ha tesori di grazia e un angelo custode incredibile. Non c’è
niente di meno cristiano del moralismo. Seguo il consiglio che Dio dà nei miei
"Innocenti". Mi abbandono».
Ecco come Dio stesso nel Mistero
dei santi Innocenti esemplifica tale atteggiamento di abbandono: «Nulla
è bello come un bambino che s’addormenti nel dire la preghiera. Sotto l’ala
dell’angelo custode e che sorride da solo scivolando nel sonno. E già mescola
tutto insieme e non ci capisce più nulla. E arruffa le parole del Padre
Nostro e le infila alla rinfusa tra le parole dell’Ave Maria».
ROUHANI SMASCHERA L'ITALIA POLITICALLY CORRECT
Giuseppe Frangi giovedì 28 gennaio 2016 fonte ilsussidiarionet
C'è un aspetto
parossistico nella polemica scoppiata attorno alla vicenda delle statue coperte
con dei box ai Musei capitolini di Roma, in occasione della visita del
presidente iraniano Hassan Rouhani. Una polemica un po' surreale scaturita
dalla scelta sfortunata di qualche funzionario troppo zelante. Una cosa
oggettivamente da poco, vagamente umoristica, è stata trasformata in un caso
internazionale, con titoli roboanti su giornali ("Un caso mondiale",
apriva ieri il Corriere della Sera) e siti, e ha scatenato il
furore di tutti i gazzettieri del "corretto pensiero". Riportata la
cosa nelle giuste dimensioni di una stupidata per eccesso di zelo, che si spera
non venga punita con la lapidazione del responsabile (sempre che nella palude
della burocrazia statale un responsabile lo si trovi mai), qualche riflessione
la si può fare.
Il presidente Rouhani,
che è il volto di un Iran moderato e moderno, molto diverso da quello
oscurantista del suo predecessore Mahmoud Ahmadinejad, non ha avuto problemi ad
affrontare nel corso della conferenza stampa la questione. Lo ha fatto con
eleganza e con una scaltrezza molto andreottiana. «È una questione
giornalistica», ha detto. «Non ci sono stati contatti a questo proposito. Posso
dire solo che gli italiani sono molto ospitali, cercano di fare di tutto per
mettere a proprio agio gli ospiti, e li ringrazio per questo». Dunque ha fatto capire che il caso
interessa solo un'informazione che perde la dimensione dei problemi e che va in
paranoia quando si sfiorano questioni che hanno a che vedere con le libertà
sessuali (le statue erano a quanto pare dei nudi). In secondo luogo Rouhani
ha precisato che quella di coprire le statue è stata un'attenzione non
richiesta, ma che è stata comunque un'attenzione notata: infatti ne ha ricavato
ulteriore conferma del carattere ospitale degli italiani.
Certamente Rouhani non
potrà dire la stessa cosa dei francesi, che hanno preannunciato
l'indisponibilità a togliere il vino dal menu del pranzo di gala. Il vino per
l'islam è proibito e già a novembre, nel corso di un'altra visita a Parigi ne
era nato un caso, con pranzo annullato e incontro all'Eliseo solo per una prima
colazione. Il menu italiano invece aveva previsto una rispettosa rinuncia al
vino. «Gli italiani cercano di fare di tutto per mettere a loro agio gli
ospiti», ha sottolineato non a caso Rouhani. Dobbiamo farcene una colpa?
Dobbiamo per questo subire accuse di calabraghismo?
Le cose stanno
diversamente. E più che mettere in croce questa Italia, è il caso di chiedersi quali danni faccia quel
fondamentalismo culturale che ammantandosi di belle parole, non perde occasione
di guardare alle civiltà diverse dalla nostra come a civiltà inferiori,
reclamando imperiosamente un allineamento ai nostri "valori".
Infatti, a parte
l'infierire sui poveri e ignoti funzionari, tutti i commenti alla fine non
riuscivano a trattenere un vero disprezzo nei confronti di una cultura e di una
civiltà "arretrata" che non si adegua ai parametri di libertà e di
emancipazione dell'Occidente. Libertà ed emancipazione che alla fine toccano
sempre e solo la sfera del costume e dei diritti privati. E non toccano ad
esempio quello del diritto al lavoro, che invece proprio Rouhani ha
sottolineato come cruciale: perché, ha detto, è la mancanza di lavoro per i
giovani la causa di tante derive, non ultima quella del terrorismo.
Coprire le statue con
quei box (che per la verità sembravano un po' una riedizione dei vespasiani…) è
stata una scelta indubbiamente fuori luogo. Ma alla fine è meglio l'istintivo e
un po' goffo senso di rispetto che ha mosso quei funzionari (non c'è solo
prudenza e ossequio…), che non la
sicurezza un po' proterva di chi ne ha approfittato per sbandierare ancora una
volta la superiorità di questi "valori occidentali" in faccia
all'ospite Rouhani e al popolo che rappresentava. La realtà è che dobbiamo
liberarci da una cultura vecchia e fondamentalmente dogmatica, incapace di
aprirsi all'altro, e soprattutto di accettare la diversità dell'altro.
Accettare questa diversità, non subirla: cioè conoscerla, e imparare a
rispettarla per essere poi rispettati. Ed essere tutti più ricchi, in ogni
senso.
martedì 26 gennaio 2016
RICOMPARE IL DUALISMO
RIDURRE LA FEDE A TESTIMONIANZA PERSONALE È LA NEGAZIONE DELLA DOTTRINA
SOCIALE DELLA CHIESA
Mons. LUIGI NEGRI Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa
E' impensabile identificare la posizione di don Giussani con il riformularsi di quei dualismi che egli aveva combattuto appassionatamente lungo tutto la sua storia.
Nel dibattito che caratterizza questo momento della vita ecclesiale e
sociale italiana attorno al disegno di legge sul riconoscimento delle unioni
civili, e sulla possibilità di adottare figli da parte delle coppie
omosessuali, si stanno profilando
soprattutto in campo cattolico alcuni elementi che ripropongono in modo
artificioso una situazione culturale che si pensava fosse stata definitivamente
superata.
foto ANSA |
Ricompare il dualismo. Dualismo fra
l’esperienza della fede ridotta a impegno della coscienza personale privata,
caratterizzata da espressioni di autentica spiritualità; e l’impegno culturale,
sociale e politico che non si collega strutturalmente alla fede, ma risponde ad
una logica mondana che ha una sua consistenza, una sua dignità.
Questo dualismo tra fede e cultura, tra fede e impegno culturale, sociale e politico, ha rappresentato il
più grosso handicap per la vita della Chiesa - almeno quella italiana, che
conosco più direttamente – grosso modo dal Concilio Ecumenico Vaticano II fino
all’inizio del pontificato di san Giovanni Paolo II. Questa tendenziale separazione fra la vita di fede personale e
l’impegno culturale sociale e politico ha fatto sì che la Chiesa
sostanzialmente rischiasse di autoemarginarsi dalla vita della società.
Ritorna dunque questo dualismo per cui il problema di fronte
alla vicenda politica attuale non sembra essere quello di contestare nei modi
possibili l’approvazione di questa legge, che è evidentemente negativa nei
confronti della struttura stessa della vita sociale, ma quello di comprendere
personalmente le ragioni che stanno alla base di questo disegno di legge,
immedesimandosi per quanto è possibile con i desideri umani che sostengono poi
il cammino socio-politico.
Ora è qui che secondo me avviene un ritorno a una situazione che è già stata portata a
maturazione e superata da Giovanni Paolo e Benedetto. L’esperienza della fede è un’esperienza che unifica la persona e tale
unificazione diviene matura nella misura in cui la persona partecipa alla vita
e all’esperienza ecclesiale. Non sono due logiche diverse e contrapposte.
La fede è un fatto eminentemente personale che tende per sua forza a investire
la vita personale, i rapporti fondamentali che la persona ha, fino all’impegno
nelle vicende e nelle situazioni socio-politiche.
Ricordo ancora a tantissimi anni di distanza con infinita gratitudine, che mons. Luigi
Giussani mi consigliò di leggere un libretto aureo del cardinale Danielou: «La preghiera problema politico».
Questa unità della persona si esprime poi a livello dei rapporti personali,
delle capacità di coinvolgersi nella vita delle persone, di comprendere i
problemi e le difficoltà, ma si esprime anche nel tentativo di investire la vita sociale offrendo a
questa punti di riferimento, criteri di giudizio, valutazioni e prospettive in
cui i cristiani credono di poter dare un contributo originale e di
caratteristico alla vita della società.
È indubbio che i mezzi di comunicazione sociale, le forze anticattoliche che sono alle spalle di
questo movimento che sostiene il ddl Cirinnà, considerano già acquisito il
risultato, falsificando alcuni elementi; per esempio quelli – come dimostrato –
che riguardano il numero dei paesi in cui queste nuove strutture giuridiche
sono in atto. Ritenendo che l’Italia sia obbligata dalle decisioni o, meglio
ancora, dagli inviti dell’Unione Europea ad attuare questo.
Don Giussani voleva creare un movimento, cioè un popolo cristiano, che forte della sua identità, animato dalla carità e dalla missione, sapesse intervenire in maniera originale e creativa in tutti gli spazi della vita culturale, sociale e politica.
In questo momento lo stesso impeto che apre la nostra vita personale ai nostri fratelli uomini, ci deve costringere ad essere presenti nell’ambito specifico della
vita politica e addirittura nel tentativo di entrare in maniera positiva nel
dibattito parlamentare. Ed è la stessa logica di fede e di missione che
caratterizza la vita di carità personale, che impone a una minoranza come
quella cattolica, priva ormai di effettive rappresentanze parlamentari, se non
in numero ridotto, di farsi presente
attraverso uno strumento - la manifestazione pubblica - che la vita sociale e
politica attuale considera una autentica e correttissima forma di pressione.
Dire che l’uomo di fede deve ridursi agli impegni della coscienza personale, della cosiddetta
testimonianza privata, tralasciando tutto
quel che riguarda l’impegno a giudicare dal punto di vista della fede e a
intervenire dal punto di vista della cultura che nasce dalla fede nelle
questioni significative della vita culturale e sociale, è una posizione che è
di certa parte della Chiesa cattolica nei decenni scorsi, ma che oggi può
essere assunta tanto in quanto si pretende di eliminare l’insegnamento del
magistero della Chiesa lungo tutto i grandi momenti della Dottrina sociale nel
XIX e XX secolo e soprattutto nel magistero morale, sociale e politico di san
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
La vicenda che si svolge nel cosiddetto mondo della cristianità italiana è una vicenda di grande importanza che deve
essere affrontata con grande chiarezza teologica senza quegli emotivismi e
sentimentalismi che non fanno procedere il discorso ma lo confondono sempre di
più.
Siccome in questa vicenda, dalla stampa più di una volta è stato fatto riferimento alla
testimonianza, all’insegnamento, alla presenza di mons. Luigi Giussani, con cui ho potuto
sostanzialmente convivere per oltre 50 anni, posso affermare che è impensabile identificare la sua posizione
con il riformularsi di quei dualismi che egli aveva combattuto
appassionatamente lungo tutto la sua storia.
Il rifiuto del dualismo delle scelte religiose, della riduzione privatistica della fede, del
silenzio di fronte alle questioni della vita politica, cultura, sociale, sono
stati di grande intendimento ecclesiale e pastorale di mons. Giussani. Voleva creare un movimento, cioè un popolo
cristiano, che forte della sua identità, animato dalla carità e dalla missione,
sapesse intervenire in maniera originale e creativa in tutti gli spazi della
vita culturale, sociale e politica. E non attento agli esiti, che dipendono
sempre da molti fattori, ma attenti al fatto che attraverso questa
testimonianza pubblica si incrementasse la fede. Dopo averla sentita, don
Giussani aveva fatto sua la grande espressione di san Giovanni Paolo II: la
fede si incrementa donandola, si irrobustisce donandola. E quell’altra grande
intuizione: che è cioè la missione, l’identità e il movimento di ogni realtà
ecclesiale.
IL VESCOVO REGATTIERI: "IO STO CON IL FAMILY DAY"
Monsignor
Regattieri avverte "I cristiani hanno diritto di manifestare, bisogna
rispettare chi ‘sbaglia’, ma condannare il male"
Cesena, 25 gennaio 2016
Netta presa di posizione del vescovo
Douglas Regattieri sul tema delle unioni civili. «I cristiani hanno diritto a manifestare.
Per questo esprimo il mio sostegno al family
day di sabato prossimo».
Nel consueto appuntamento annuale
con la stampa, dedicato al patrono dei giornalisti San Francesco di Sales,
monsignor Regattieri ha commentato le recenti manifestazioni pro e contro
unioni civili che hanno animato la città sabato scorso: «Bisogna avere rispetto per le persone che ‘sbagliano’ – ha detto –. Ma noi dobbiamo condannare il
male».
“Anche Gesù lo disse: non sono
venuto a portare la pace, ma la spada. Il Vangelo divide, perché costringe a
fare delle scelte. Penso che si debba applicare il criterio di Papa Giovanni
XXIII. Non usare più la condanna, ma la misericordia. Questo però non significa
accettare le norme legislative che aprono alle unioni civili fra persone dello
stesso sesso, e alla cosiddetta adozione del figliastro, che farebbero
proliferare la pratica abominevole dell’utero in affitto. Non si possono
equiparare le unioni civili alle famiglie”.
domenica 24 gennaio 2016
IL GIUDIZIO CHIARO DI MONS. LUIGI NEGRI
Riportiamo il Messaggio
di Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di
Pomposa, alla sua Diocesi
Carissimi figli e figlie della chiesa particolare
di Ferrara-Comacchio, le decisioni gravissime che si stanno prendendo nei
confronti della famiglia, su cui è fondata la convivenza sociale - ovvero il
tentativo del disegno di legge Cirinnà di mettere le condizioni per mutare
nella sostanza il concetto stesso di famiglia - rende necessaria una presenza
esplicita, impegnata e responsabile del popolo cristiano.
Una presenza largamente intesa, di tutti i
laici di buona volontà che vivono nello spazio della nostra vita sociale.
Sono molto lieto per le indicazioni date dalla Conferenza Episcopale Italiana, attraverso il Cardinale Angelo Bagnasco, che vanno nella direzione dell'incoraggiamento a partecipare all'iniziativa - di matrice e responsabilità decisamente laicale - programmata per il prossimo 30 gennaio a Roma.
Invito pertanto le famiglie, le comunità parrocchiali, i gruppi, i movimenti, le associazioni e quanti hanno a cuore il bene comune della società, a considerare e ad assecondare questa iniziativa con il massimo dell'impegno e della generosità.
I modi e i tempi della partecipazione vi saranno indicati dal nostro Ufficio per la pastorale familiare e dal neo costituito Comitato ferrarese “Difendiamo i nostri figli".
Fate il sacrificio di uscire allo scoperto e di andare verso il mondo, ma non un mondo generico e anonimo, del quale non si leggano e non si valutino i contorni obiettivi, sia culturali che politico-sociali.
La famiglia, così attaccata e devastata da una mentalità consumista e tecnoscientifica, è un'immensa periferia e noi vogliamo addentrarci in questa periferia.
Se non lo facciamo, se non difendiamo i suoi diritti fondamentali - e penso primariamente ai figli per i quali vogliamo preparare un futuro migliore - anche il continuo richiamare le piccole periferie dei nostri paesi o le periferie della povertà materiali, diverrebbe incomprensibile e inefficace.
È a Roma, il 30 gennaio, che si vedrà il volto genuino del popolo cristiano preoccupato del bene comune della società. È a Roma che si vedranno sia i cattolici che gli uomini e le donne di buona volontà preoccupati del destino delle prossime generazioni, assumersi la responsabilità di un giudizio chiaro rispetto alle iniziative di intervento, per quanto possibile, nel dibattito che si sta svolgendo in parlamento.
Vi incoraggio, dunque, ad essere generosi nella vostra risposta e a fare di questa occasione un gesto importante di carattere ecclesiale e sociale.
Vi benedico di cuore
+ Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa
IL “PASTORALISMO”, MALATTIA INFANTILE DEL CATTO-PIETISMO
di Stefano Fontana
la nuova bussola 13-01-2016
Le incertezze e le paralisi che la
Chiesa italiana ha reso evidenti nella confusione sulla linea da prendere a
proposito del disegno di legge Cirinnà hanno un nome: pastoralismo.
Una Chiesa che si è così a lungo macerata e lacerata su una cosa in vero
molto semplice da fare, come opporsi ad una legge disumana da tutti i punti di
vista, richiede una ragione culturale: il pastoralismo. Il pastoralismo ha
fatto dire a tanti vescovi e sacerdoti che le manifestazioni di piazza rompono
il dialogo e non costruiscono.
Il pastoralismo ha fatto pensare a molti che non bisogna più intervenire sulle leggi, ma solo sulle
coscienze delle persone. Il pastoralismo
ha fatto pensare che la Chiesa debba solo formare – chissà poi chi, dove e come
– e poi ognuno entra nella pubblica piazza con la propria coscienza.
Il pastoralismo fa ritenere a tanti preti che la Chiesa non debba dire mai
di no, ma piuttosto debba accompagnare tutti e sempre. Il pastoralismo ha fatto
sì che per qualcuno una presa di posizione contro l’omosessualità toglierebbe
spazio alla pastorale delle situazioni di frontiera, tra cui quella delle
persone con tendenze omosessuali.
Il pastorialismo fa ritenere che scendendo sul terreno delle leggi civili
la fede cattolica diventi ideologia. Il pastoralismo ha impedito a tante comunità cattoliche di
trattare certi temi, perché troppo carichi di valenze politiche e quindi
potenzialmente divisivi. Il pastoralismo ha indirizzato tante Diocesi a
trattare certi temi, ma con l’intervento di tutte le opinioni in campo e senza
prendere posizione. Il pastoralismo, per non precludere la via dell’azione
pastorale, ha bloccato ogni azione. Una Chiesa molto pastorale, ma per questo
afasica e aprassica.
Il pastoralismo è una malattia della Chiesa italiana di oggi. Secondo il
pastoralismo non solo noi ma anche Dio non deve giudicare le situazioni e i comportamenti, perché
giudicando impedirebbe l’incontro pastorale con tutti. Anche questo dei
pastoralisti è una forma di giudizio, naturalmente, dato che non si prende
posizione nei confronti della realtà se non giudicandola, ma ciò non toglie che
il nemico mortale del pastoralismo, pur contraddittoriamente, sia il giudicare.
Nemmeno una legge, secondo il pastoralismo, si può giudicare perché in questo
caso la fede diventerebbe dottrina imposta e impedirebbe la pastorale.
Giudicata male una legge, ti tagli i rapporti con coloro che invece in quella
legge credono. Il pastoralismo è senza verità, perché senza giudizio non c’è
più verità. Il pastoralismo è un sentimento, un atteggiamento agnostico, un
prendere posizione senza prendere posizione, un inganno.
(....) continua al link
GIORGIO PONTE: “SARÒ AL FAMILY DAY”
E’ un romanziere
milanese Giorgio Ponte, omosessuale, e attento al dibattito sulle unioni
civili. Per lui il Ddl Cirinnà non deve proprio passare, “già oggi il
cosiddetto affido in prova è di fatto una prassi per qualsiasi bambino resti
senza genitori” e non è d’accordo “sul fatto che dire che due uomini non
possono crescere un bambino sia omofobo”. Attraverso IntelligoNews fa anche un appello agli omosessuali perché vadano al Family Day: “Facciano
sentire la loro voce”.
La piazza del Family Day è contro gli omosessuali?
“Oggi qualsiasi cosa non rispetti la dottrina gay è omofoba. Quindi dire
che non sono d’accordo sul fatto che due uomini possano crescere un bambino è
omofobo. Ma in realtà è ben altro. Dire che non sono d’accordo con una
scelta non vuol dire che io odi o non riconosca la dignità di persona umana di
chi quella scelta la compie.
Questa manifestazione non è contro gli
omosessuali, per questo è
importante che gli omosessuali che ci saranno, e ce ne saranno tanti, in
qualche modo facciano sentire la loro voce. La nostra presenza smonta questo
pregiudizio. Qua non si discute sulle scelte personali di nessuno. Si può
andare a letto con chi si vuole, comprare casa con chi si vuole, condividere la
vita con chi si vuole, persino amare chi si vuole, e questo già lo si può fare.
Ma da qui a volere ribaltare l’essenza
della persona umana riducendola al suo desiderio, e arrivando a dire che due
uomini o due donne sono nella sostanza intercambiabili e atti a concepire,
questo è un altro discorso.
La manifestazione non è contro gli
omosessuali, ma in difesa della famiglia
naturale, fatta da uomo e donna che portano avanti la vita insieme. Ci sono
molti modi di dare la vita in senso lato, ma uno solo è peculiare dell’unione
di maschile e femminile. La generatività e la fecondità per chi ha tendenze
omosessuali, così come per chi è single d’altra parte, non può manifestarsi in
una genitorialità intesa come quella propria e peculiare della famiglia. Noi
siamo chiamati a dare la vita come padri e madri sempre, per coloro che abbiamo
attorno a noi. Mentre un bambino per crescere bene, ha bisogno di avere
garantite dallo Stato almeno le condizioni minime cui ha diritto e che sono
evidenti poiché inscritte nel suo concepimento: che possa conoscere le sue
radici e che sia cresciuto da un padre e da una madre”.
Perchè la stepchild o
l’affido rafforzato o l’adozione in prova non possono essere accettati neanche
dai gay?
“Molte persone dicono che le unioni
civili vanno bene, ma non le adozioni. Ma i politici in primis sanno che se
viene approvata una legge a metà, oggi c’è una sentenza della Corte Europea che
stabilisce che se gli Stati membri decidono di concedere un riconoscimento
legale alle unioni tra persone dello stesso sesso devono garantire tutti gli
stessi diritti del matrimonio. Perciò qualsiasi legge a metà, a prescindere da quale sia la gradazione di
questa via di mezzo, nel momento in cui venisse approvata sarebbe impugnabile
davanti alla Corte Europea e a quel punto lo Stato sarebbe costretto a
trasformare quella legge in un matrimonio gay a tutti gli effetti, con anche la
possibilità di procreare. Attraverso i metodi artificiali che ben conosciamo.
Per questo oggi non si può approvare
nessun disegno di legge orientato in tal senso, nemmeno parzialmente: chi sta
guidando questa battaglia per i presunti diritti lo sa, mira a quell’obiettivo
e adesso ha le carte in Europa per arrivarci. In questo senso i compromessi che
si stanno proponendo sono tutti dei camuffamenti. Già con la stepchild adoption. Il
punto è: se io ho un figlio dal mio precedente matrimonio, questo figlio ha già
una madre quindi non c’è bisogno che il mio compagno lo adotti. Nel caso in cui
la madre fosse morta, già oggi il giudice stabilisce l’affidatario del bambino
in base a chi ha avuto la maggiore continuità affettiva. Dunque già oggi il
cosiddetto affido in prova è di fatto una prassi e non serve una legge
apposita. Ciò significa che la legge
riguarda nella sostanza solo i casi di figli nati da inseminazione artificiale
o utero in affitto, dove uno dei genitori biologici (e entrambi) non sono
presenti. E questo tipo di pratica non può essere appoggiata da una legge dello
Stato”. (....)
fonte: Intelligo news
http://costanzamiriano.com/2016/01/23/giorgio-ponte-scrittore-omosessuale-saro-al-family-day/ponte/
giovedì 21 gennaio 2016
LA LIBERTA’ INNANZITUTTO
MONS. LUIGI GIUSSANI
“La libertà
innanzitutto, la libertà è l’uomo. Questo è il cristiano, nella storia questo è
il cristiano, e se non è così non è cristiano....
Resistenti bisogna
essere. Come resistenti? Resistenti, resistenza. Rivoluzione: è un
rivoluzionario, e un rivoluzionario deve essere combattuto. Qual è l’unica
risposta all’omologazione? Fare la rivoluzione. Non è un concetto mio, è un
concetto di Gesù, è la prima parola detta da Gesù: ‘Cambiate mentalità’,
cambiate modo di giudicare, di vedere, di sentire, di gustare, di amare, di
fare le cose……
Non possono non
odiarti, amica mia, perché non sei come loro.
Non è che tu nasca contro di loro, anzi nasci per gridare quello che loro desiderano nel loro cuore originale, che hanno soffocato perché plagiati anche loro; e vorrebbero plagiare te.
Non è che tu nasca contro di loro, anzi nasci per gridare quello che loro desiderano nel loro cuore originale, che hanno soffocato perché plagiati anche loro; e vorrebbero plagiare te.
Tu gridi in modo tale
da risvegliare, se fosse possibile, nel loro cuore, l’assetto originale, la
ragione, desiderio di piena spiegazione, di verità e di pieno godimento, di
felicità; tu gridi in modo tale da risvegliare questi sentimenti costitutivi di
ciò che la Bibbia chiama il cuore dell’uomo, che in loro tutti e in tutto il
mondo di oggi è soffocato…
Il cristiano entra
dentro la folla del mondo dicendo il contrario degli altri: afferma che la vita
è responsabilità, è libertà, che la vita dell’uomo dovrà render conto di questa
libertà e di questa responsabilità…
È la libertà l’idea
forte dell’uomo cristiano…
Per questo il problema
politico diventa grave per noi; perchè noi vogliamo un governo che protegga la
libertà, per cui possa entrare in scuola anche un cristiano….”
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DOVREMO SGUAINARE LE SPADE PER DIMOSTRARE CHE L'ERBA E' VERDE IN ESTATE?
STEFANO SPINELLI
Credo sia necessario che la politica si
riappropri di spazi capaci di ridare speranza e dignità all’uomo. E che torni
ad essere rappresentativa. Rappresentativa di un popolo che vive, che lavora,
che fa famiglia, che si impegna nel sociale, che cresce e fa crescere, che non
cede all’ideologia dominante e al potere di turno.
Un popolo che si ritroverà di nuovo in
piazza il 30 gennaio, per riaffermare che “l’erba è verde in estate”, che la
famiglia ha bisogno, per essere tale, dell’incontro di un ragazzo e di una
ragazza che si promettono amore per sempre e che diventano marito e moglie e
decidono di incrociare i loro destini in uno più grande, aperto alla bellezza
del dare alla vita i figli che Dio concederà loro, alla responsabilità del
crescerli, alla grandezza dell’educarli.
Un popolo per riaffermare che un
bambino ha bisogno innanzitutto di una mamma, dell’amore complementare di un
babbo e di una mamma, di un luogo fatto di relazioni parentali il più certe
possibili che ne definiscano via via la propria identità.
Un popolo che non si
pieghi alla nuova schiavitù dell’utero in affitto, all’acquisto di una
maternità, sottraendo poi il figlio alla donna che l’ha partorito, per
contratto! Un popolo che non vuole rassegnarsi a scegliere quale debba essere
la madre di un bambino (quella biologica, quella gestante o quella sociale) per
disposizione negoziali tra le parti, come se la nuova vita fosse un bene o un
oggetto per il quale si debba decidere a chi spetti.
La vita umana ridotta a patrimonio, a commercio,
a scambio economico contro prezzo.
Qui credo sia il limite oltre il quale la
nostra civiltà non possa spingersi, e di fronte al quale debbano cedere i
desideri degli adulti, pur esistenti, ma cedevoli di fronte alla necessità di
tutelare un bene superiore, come il diritto di un bambino di essere chiamato
alla vita da una mamma e da un babbo. Qui credo debba essere fissata la linea Maginot, oltre la quale l’autodeterminazione di ciascun individuo non possa
spingersi, pena la perdita progressiva dell’umanità di ciascuno e di tutti.
Questi sono i motivi per andare a Roma e
manifestare il 30. Almeno io vado per questo. Non per meno.
mercoledì 20 gennaio 2016
NON FATE COME PILATO!!
NOI SUORE DI
CLAUSURA VI CHIEDIAMO DI ANDARE AL FAMILY DAY!
dal blog di costanza miriano
Questa mail che pubblichiamo viene dalle
suore di clausura trappiste della Repubblica Ceca e di Vitorchiano.
Suor Lucia, badessa delle trappiste di Praga ha mobilitato il suo convento e
quello d’origine pregando tutti di andare a Roma per il Family Day.
Carissimo,
dí a tutti da parte mia (puoi girare questo e-mail a chi vuoi) che per amore dei più deboli, i nostri bambini e i nostri ragazzi, DEVONO andare e non fare come Pilato!!
dí a tutti da parte mia (puoi girare questo e-mail a chi vuoi) che per amore dei più deboli, i nostri bambini e i nostri ragazzi, DEVONO andare e non fare come Pilato!!
Un peccato di omissione può essere peggio di molti altri peccati.
Noi qui siamo 25, siamo suore di clausura e non possiamo andare.
CHI VUOLE
ANDARE AL POSTO DI OGNUNA DI NOI?
E’un favore personale che chiediamo a degli
amici. Rimborseremo le spese del viaggio.
Noi preghiamo, adoriamo, digiuniamo. Voi andateci. E’ in nome della
comunione tra laici e suore di clausura che ve lo chiedo.
A Carron dite
che ve lo chiediamo noi monache di clausura.
Inoltre assieme a Bagnasco ve lo chiede la chiesa italiana che é rappresentata da lui e non da altri, per la grazia di stato del mandato di presidente.
Gira questo e-mail a tutti. Grazie.
Inoltre assieme a Bagnasco ve lo chiede la chiesa italiana che é rappresentata da lui e non da altri, per la grazia di stato del mandato di presidente.
Gira questo e-mail a tutti. Grazie.
sr Lucia e le sorelle di Naší Paní
martedì 19 gennaio 2016
L’IPOCRISIA SULLE UNIONI CIVILI
Bazoli (Pd) ci spiega
i dubbi da sinistra sul ddl Cirinnà, in particolare sulle nozze omosessuali
Fonte ilfoglio | 19 Gennaio 2016
Roma. “L’ipocrisia c’è. Sarebbe stata meglio
una limpida battaglia sul matrimonio da estendere agli omosessuali, una contesa
chiara, fuori e dentro il Parlamento, senza arabeschi, più giusta nei confronti
dell’opinione pubblica e forse anche più coraggiosa, onesta. Dunque un po’
d’ipocrisia c’è nella legge sulle unioni civili. Ma è involontaria”, dice
attenuando, ricorrendo al tono segreto della sommissione, “eppure c’è”, ripete
Alfredo Bazoli, bresciano, quarantasette anni, deputato del Pd dal cognome
altisonante – democristiano “cristiano e cattolico”. E Bazoli occupa una
posizione speciale nel Pd che si divide, e un po’ s’incarta, intorno al
dibattito sulle unioni civili: è il primo firmatario di un manifesto di
parlamentari cattolici molto critici con la legge e fa anche parte di quel
gruppo di cinque senatori e cinque deputati del Pd incaricato di tirare fuori
il partito e la maggioranza dal pasticcio d’obiezioni costituzionali (e dalla
selva di insidie politiche) sollevate con silente cautela dal Quirinale, da
Sergio Mattarella, e con piglio d’altri tempi, tempi ruiniani, anche dal
presidente della Cei Angelo Bagnasco. “Se ci trovassimo a discutere una
modifica della Costituzione, e dunque l’estensione del matrimonio agli
omosessuali io sarei certamente contrario, mi opporrei e starei con il fronte
del no”, dice Bazoli. “Ma contemporaneamente forse sarei più contento, perché
le cose sarebbero lontane dai pasticci legislativi che invece in questo momento
la legge, per come è formulata, adombra. E tutto il dibattito sarebbe anche
depurato dal fondato sospetto che la
legge sulle unioni civili sia un tentativo incostituzionale d’introdurre
surrettiziamente i matrimoni omossesuali”.
La piccola bicamerale
del Pd sulle unioni civili, di cui Bazoli fa parte, si riunisce domani, e da lì
verrà fuori, non più tardi di venerdì prossimo, un compromesso, un emendamento
risolutivo – così dicono – un nuovo testo di fatto benedetto dal governo. “Dobbiamo
eliminare dalla legge tutti quei massicci rimandi alle norme del codice civile
che definiscono il matrimonio”, spiega Bazoli. “Le unioni civili dovranno essere, in tutto e per tutto, un nuovo e
autonomo istituto giuridico ben distinto dal matrimonio che, come stabilisce la
Costituzione, è riservato alle coppie eterosessuali.
Inoltre stiamo
cercando di modificare quella parte della legge che riguarda la cosiddetta
‘step child adoption’, cioè la possibilità di adottare i figli della compagna o
del compagno. Io sono per lo stralcio
della norma, ma credo si possa trovare il modo di mantenerla inserendo
ulteriori vincoli e restrizioni in materia di adozione che allontanino, per
esempio, l’eventualità che questa legge possa incentivare la pratica della maternità
surrogata. Lavoriamo per queste modifiche, convinti
che le unioni omosessuali meritino di essere disciplinate e di avere un
riconoscimento pubblico”.
Bazoli non andrà al
family day, dove invece andrà Beppe Fioroni, suo collega del Pd, anche lui
firmatario del manifesto dei cattolici. “Non partecipai al family day del 2007,
non credo sia opportuno che io partecipi nemmeno stavolta”, dice Bazoli. “Penso che le manifestazioni di piazza, per
quanto possano essere animate da principi che condivido, non aiutino il
legislatore. Il compito della politica è ricomporre i contrasti. Non
alimentarli. Su questi temi c’è molta emotività, c’è una grande
polarizzazione di giudizi e pregiudizi, una
scarsa attitudine al confronto, anche, forse soprattutto, da parte dei non
cattolici”. E’ per questo che Matteo Renzi si tiene distante, e ha persino
cancellato sine die la direzione del partito che avrebbe dovuto discuterne? Si
tiene lontano dalle grane? “Renzi fa bene come fa. Non sfugge. Sa che si tratta
di materia delicata, e non vuole entrarci a piedi uniti, con brutalità. Guardi, la gran parte dei firmatari del
manifesto dei cattolici democratici ha firmato con lo spirito di evitare
estremismi e radicalizzazioni nel dibattito. Devo dire che questo stesso
spirito invece non lo riconosco nelle parole della relatrice, la collega
Cirinnà, che continua a ripetere: il testo non si tocca”.
Vi siete mossi
dopo le parole di Bagnasco. “Ci siamo mossi in totale autonomia, glielo
assicuro”. Ma davvero si può individuare un istituto giuridico che riguarda
solo gli omosessuali e non tutti gli altri cittadini? “Gli altri hanno il
matrimonio”. Alcuni costituzionalisti sospettano che possa saltare tutto per
aria al primo ricorso: perché il diritto alla pensione di reversibilità vale
per le coppie omosessuali (non sposate) e non per le coppie eterosessuali (non
sposate)? Resta l’impressione che per non discutere di matrimonio omosessuale
si stia comunque facendo un pasticcio. “Sarebbe stato tutto più chiaro, questo
lo ammetto”.
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