Giuseppe Frangi giovedì 28 gennaio 2016 fonte ilsussidiarionet
C'è un aspetto
parossistico nella polemica scoppiata attorno alla vicenda delle statue coperte
con dei box ai Musei capitolini di Roma, in occasione della visita del
presidente iraniano Hassan Rouhani. Una polemica un po' surreale scaturita
dalla scelta sfortunata di qualche funzionario troppo zelante. Una cosa
oggettivamente da poco, vagamente umoristica, è stata trasformata in un caso
internazionale, con titoli roboanti su giornali ("Un caso mondiale",
apriva ieri il Corriere della Sera) e siti, e ha scatenato il
furore di tutti i gazzettieri del "corretto pensiero". Riportata la
cosa nelle giuste dimensioni di una stupidata per eccesso di zelo, che si spera
non venga punita con la lapidazione del responsabile (sempre che nella palude
della burocrazia statale un responsabile lo si trovi mai), qualche riflessione
la si può fare.
Il presidente Rouhani,
che è il volto di un Iran moderato e moderno, molto diverso da quello
oscurantista del suo predecessore Mahmoud Ahmadinejad, non ha avuto problemi ad
affrontare nel corso della conferenza stampa la questione. Lo ha fatto con
eleganza e con una scaltrezza molto andreottiana. «È una questione
giornalistica», ha detto. «Non ci sono stati contatti a questo proposito. Posso
dire solo che gli italiani sono molto ospitali, cercano di fare di tutto per
mettere a proprio agio gli ospiti, e li ringrazio per questo». Dunque ha fatto capire che il caso
interessa solo un'informazione che perde la dimensione dei problemi e che va in
paranoia quando si sfiorano questioni che hanno a che vedere con le libertà
sessuali (le statue erano a quanto pare dei nudi). In secondo luogo Rouhani
ha precisato che quella di coprire le statue è stata un'attenzione non
richiesta, ma che è stata comunque un'attenzione notata: infatti ne ha ricavato
ulteriore conferma del carattere ospitale degli italiani.
Certamente Rouhani non
potrà dire la stessa cosa dei francesi, che hanno preannunciato
l'indisponibilità a togliere il vino dal menu del pranzo di gala. Il vino per
l'islam è proibito e già a novembre, nel corso di un'altra visita a Parigi ne
era nato un caso, con pranzo annullato e incontro all'Eliseo solo per una prima
colazione. Il menu italiano invece aveva previsto una rispettosa rinuncia al
vino. «Gli italiani cercano di fare di tutto per mettere a loro agio gli
ospiti», ha sottolineato non a caso Rouhani. Dobbiamo farcene una colpa?
Dobbiamo per questo subire accuse di calabraghismo?
Le cose stanno
diversamente. E più che mettere in croce questa Italia, è il caso di chiedersi quali danni faccia quel
fondamentalismo culturale che ammantandosi di belle parole, non perde occasione
di guardare alle civiltà diverse dalla nostra come a civiltà inferiori,
reclamando imperiosamente un allineamento ai nostri "valori".
Infatti, a parte
l'infierire sui poveri e ignoti funzionari, tutti i commenti alla fine non
riuscivano a trattenere un vero disprezzo nei confronti di una cultura e di una
civiltà "arretrata" che non si adegua ai parametri di libertà e di
emancipazione dell'Occidente. Libertà ed emancipazione che alla fine toccano
sempre e solo la sfera del costume e dei diritti privati. E non toccano ad
esempio quello del diritto al lavoro, che invece proprio Rouhani ha
sottolineato come cruciale: perché, ha detto, è la mancanza di lavoro per i
giovani la causa di tante derive, non ultima quella del terrorismo.
Coprire le statue con
quei box (che per la verità sembravano un po' una riedizione dei vespasiani…) è
stata una scelta indubbiamente fuori luogo. Ma alla fine è meglio l'istintivo e
un po' goffo senso di rispetto che ha mosso quei funzionari (non c'è solo
prudenza e ossequio…), che non la
sicurezza un po' proterva di chi ne ha approfittato per sbandierare ancora una
volta la superiorità di questi "valori occidentali" in faccia
all'ospite Rouhani e al popolo che rappresentava. La realtà è che dobbiamo
liberarci da una cultura vecchia e fondamentalmente dogmatica, incapace di
aprirsi all'altro, e soprattutto di accettare la diversità dell'altro.
Accettare questa diversità, non subirla: cioè conoscerla, e imparare a
rispettarla per essere poi rispettati. Ed essere tutti più ricchi, in ogni
senso.
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