Ecco la frase tremenda
con cui Péguy bolla l’errore dei devoti:
«Poiché essi non
hanno la forza e (la grazia) di essere della natura credono di essere della
grazia. Poiché non hanno il coraggio temporale credono di essere entrati nella
penetrazione dell’eterno. Poiché non hanno il coraggio di essere del mondo
credono di essere di Dio. Poiché non hanno il coraggio di essere di uno dei
partiti dell’uomo credono di essere del partito di Dio. Poiché non sono
dell’uomo credono di essere di Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare
Dio».
( Lui è qui, pag 486, I
libri dello spirito cristiano)
Camille Corot, Cattedrale di Chartes |
La bellezza del
cristianesimo, per contro, sta tutta nella semplicità bambina con cui l’uomo –
senza rinnegare nessuno degli avvenimenti che la realtà gli propone – li
affronta nella confidente compagnia dell’Eterno incarnato.
Dopo il celebre
pellegrinaggio a Chartres del 1912 Péguy disse di se stesso: «Non sono un
santo. Sono un testimone, un cristiano nella parrocchia, un peccatore, ma un
peccatore che ha tesori di grazia e un angelo custode incredibile. Non c’è
niente di meno cristiano del moralismo. Seguo il consiglio che Dio dà nei miei
"Innocenti". Mi abbandono».
Ecco come Dio stesso nel Mistero
dei santi Innocenti esemplifica tale atteggiamento di abbandono: «Nulla
è bello come un bambino che s’addormenti nel dire la preghiera. Sotto l’ala
dell’angelo custode e che sorride da solo scivolando nel sonno. E già mescola
tutto insieme e non ci capisce più nulla. E arruffa le parole del Padre
Nostro e le infila alla rinfusa tra le parole dell’Ave Maria».
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