STEFANO SPINELLI
Credo sia necessario che la politica si
riappropri di spazi capaci di ridare speranza e dignità all’uomo. E che torni
ad essere rappresentativa. Rappresentativa di un popolo che vive, che lavora,
che fa famiglia, che si impegna nel sociale, che cresce e fa crescere, che non
cede all’ideologia dominante e al potere di turno.
Un popolo che si ritroverà di nuovo in
piazza il 30 gennaio, per riaffermare che “l’erba è verde in estate”, che la
famiglia ha bisogno, per essere tale, dell’incontro di un ragazzo e di una
ragazza che si promettono amore per sempre e che diventano marito e moglie e
decidono di incrociare i loro destini in uno più grande, aperto alla bellezza
del dare alla vita i figli che Dio concederà loro, alla responsabilità del
crescerli, alla grandezza dell’educarli.
Un popolo per riaffermare che un
bambino ha bisogno innanzitutto di una mamma, dell’amore complementare di un
babbo e di una mamma, di un luogo fatto di relazioni parentali il più certe
possibili che ne definiscano via via la propria identità.
Un popolo che non si
pieghi alla nuova schiavitù dell’utero in affitto, all’acquisto di una
maternità, sottraendo poi il figlio alla donna che l’ha partorito, per
contratto! Un popolo che non vuole rassegnarsi a scegliere quale debba essere
la madre di un bambino (quella biologica, quella gestante o quella sociale) per
disposizione negoziali tra le parti, come se la nuova vita fosse un bene o un
oggetto per il quale si debba decidere a chi spetti.
La vita umana ridotta a patrimonio, a commercio,
a scambio economico contro prezzo.
Qui credo sia il limite oltre il quale la
nostra civiltà non possa spingersi, e di fronte al quale debbano cedere i
desideri degli adulti, pur esistenti, ma cedevoli di fronte alla necessità di
tutelare un bene superiore, come il diritto di un bambino di essere chiamato
alla vita da una mamma e da un babbo. Qui credo debba essere fissata la linea Maginot, oltre la quale l’autodeterminazione di ciascun individuo non possa
spingersi, pena la perdita progressiva dell’umanità di ciascuno e di tutti.
Questi sono i motivi per andare a Roma e
manifestare il 30. Almeno io vado per questo. Non per meno.
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