“La chiesa è ridicola se dà retta alle pseudoscienze”
“Il Papa e la sua enciclica Laudato Si’ hanno
fallito nel tentativo di raccogliere qualsiasi tipo di consenso sul cambiamento
climatico tra i cattolici e i non cattolici americani”, dice al Guardian Nan
Li, docente alla Texas Tech University e responsabile dello studio – che è
stato pubblicato sulla rivista scientifica Climatic Change – condotto
dall’Annenberg Public Policy Center della University of Pennsylvania sul
recepimento del messaggio papale sul clima in territorio americano. “Se
l’intervento papale a prendersi cura dell’ambiente può aver aumentato le
preoccupazioni di alcuni riguardo i cambiamenti climatici, la maggioranza dei
conservatori (cattolici e non) non solo ha difeso le proprie convinzioni
preesistenti, ma ha anche svalutato la credibilità del Papa su tale argomento”,
osserva Li.
Il dato curioso è che
tali convinzioni si sono radicate ancora di più dopo la pubblicazione
dell’enciclica, nel giugno del 2015. Dei 2.755 intervistati, il 22,5 per cento
si è detto a conoscenza del testo promulgato dal Pontefice, ma ben pochi tra
quanti si sono dichiarati conservatori hanno detto di condividerne tesi e
soluzioni proposte. Il messaggio centrale
dell’enciclica, e cioè che agire contro il riscaldamento globale è un
imperativo morale – sostiene lo studio – non ha fatto breccia tra i cattolici
americani, salvo tra coloro che fedeli al Papa si dichiarano al contempo
liberal (il 68 per cento circa, secondo una rilevazione condotta tempo fa dal
Pew Research Center). Padre Robert
Sirico, presidente del think tank Acton Institute, aveva spiegato perché
l’enciclica avrebbe fatto fatica a essere compresa negli Stati Uniti: in quel
testo, scriveva, “c’è un forte
pregiudizio contro il libero mercato e il suggerimento che la povertà sia il
risultato di un’economia globalizzata”. Eppure,
aggiungeva, “il capitalismo ha stimolato la maggiore riduzione della povertà
nella storia mondiale”.
Quanto
all’autorevolezza del Papa sul tema, il problema è che “la chiesa non può permettersi di sostenere ipotesi pseudoscientifiche”
sul cambiamento climatico, ribadisce al Foglio il professor James Schall, gesuita, saggista e per trentacinque anni
ordinario di Filosofia politica alla Georgetown University di Washington.
“La chiesa – dice – rischia di diventare ridicola se agisce al di fuori del
proprio campo, confondendo la scienza, riformabile quanto ai princìpi, con
quelli che sono i fatti”. “La questione più problematica è lo status
scientifico della posizione di Papa Francesco sul riscaldamento terrestre.
Nella migliore delle ipotesi, si tratta di opinioni sostenute da qualche prova,
ma Laudato Si’ non menziona alcuna prova contraria” a tale tesi, osservava
ancora Schall, il cui ultimo libro è Docilitas: On Teaching and Being Taught
(St. Augustine Press).
“Le letture
satellitari della temperatura del pianeta sono ben diverse dai dati generati da
un computer onusiano che fornisce statistiche. La temperatura della Terra non è
cambiata negli ultimi decenni. La maggior parte delle questioni più controverse
può essere spiegata in modo plausibile con cause naturali. I cambiamenti climatici
si sono verificati su questo pianeta fin dalla sua creazione, molto tempo prima
che arrivasse l’uomo. La combustione dei fossili non produce alcun cambiamento
significativo nella percentuale già molto bassa di CO2 nell’atmosfera”. Si
parla dello 0,035 per cento.
Padre James Schall
torna su un punto sottolineato già da Nan Li, quando parla della credibilità
del Papa (ma più in generale, della chiesa attraverso i suoi rappresentanti e
ministri) su un tema delicato e assai scivoloso come questo: “Il potenziale danno alla chiesa è grande
se non tutte le prove scientifiche sono considerate”. Schall aveva
pubblicato nel 2015 un breve saggio in cui scriveva che secondo quel che si
sente dire, la “vera missione umana sia quella di mantenerci in vita su questo
pianeta il più a lungo possibile. Questo sforzo è il compito serissimo che
l’umanità è chiamata a compiere. E tutti gli altri scopi, gli altri fini umani,
diventano insignificanti. L’alternativa al Cielo diventa così la colonizzazione
interstellare o il mantenere la terra incontaminata”. Schall non si stupisce
dell’effetto limitato che l’enciclica, a più d’un anno di distanza, ha avuto
negli Stati Uniti, dove perfino nella Conferenza episcopale locale a lungo si è
preferito non parlare del problema.
Al termine
dell’assemblea ordinaria della primavera del 2015, che di pochi giorni aveva
preceduto la pubblicazione dell’enciclica, il cardinale Theodore McCarrick,
arcivescovo emerito di Washington, aveva osservato in un commento apparso sul
liberal New York Times come nessuno tra i suoi confratelli ne avesse parlato:
“Non capiscono la complessità della questione”. Se è per questo, dice Schall,
“nemmeno in questa campagna elettorale si è dato molto spazio al tema del
cambiamento climatico, il che è strano considerando quanto l’attuale
presidente, Barack Obama, vi abbia insistito”. Al di là di tutto, bisognerebbe
limitarsi a guardare i fatti, osserva il gesuita: “Il riscaldamento della Terra
avviene o non avviene solo per cause legate al Sole e al sistema solare. Sono
cose che accadono da tempo immemorabile. Il riscaldamento attribuito
all’industrializzazione è molto minore, e non è detto che sia per forza una
cosa cattiva”.
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