Al vertice
della disinformazione Giovanna Botteri, Rai
di
Cesare Maffi italia oggi
Lungo, lunghissimo è l'elenco di coloro
che si mangiano le mani. La vittoria di Donald Trump lascia uno strascico di
lacrimosi, di delusi, di frustrati, perfino d'increduli (fino alla certezza
matematica della sconfitta di Hillary Clinton) che Belzebù potesse prevalere.
Bisognerebbe aprire la lista con i
commentatori, titolati o improvvisati, di casa nostra, i quali per mesi hanno dipinto Trump come la quintessenza del male,
dell'imbecillità, della sprovvedutezza, garantendo che avrebbe trionfato la
dolce, brava, esperta futura prima presidente donna degli Stati Uniti.
Possiamo
additare, come modello di questa enorme disinformazione partigiana e prevenuta,
la corrispondente della Rai Giovanna Botteri. Ha in continuazione ritratto come uomo
della vergogna il «miliardario», il «magnate», sfrontato e offensivo, cupo e
torvo di fronte alla trionfante Hillary, per la quale sprecava encomi, con toni
assurdamente enfatici esaltandola come nume tutelare di tutte le minoranze
oppresse dai cattivi alla Trump. La sua propaganda, condotta a spese di chi
paga il canone, le avrà prodotto un mal di fegato, come del resto a tutti gli
analisti, i corrispondenti, gli esperti, gli americanisti, compatti
nell'auspicare e nel prevedere (difficile distinguere i pronostici dagli
auspici) il trionfo della Clinton.
Sovente tali annunci evitavano di
approfondire l'analisi stato per stato, pur essendo i risultati determinati
esclusivamente dal conto dei delegati. Il ruolo dei grandi elettori è stato
finalmente esaminato soltanto negli ultimi giorni, anzi, da alcuni sprovveduti
nelle ultime ore. Ovviamente fra i vinti figurano i sondaggisti, che hanno
fornito sia dati con alternanze impossibili, sia travolgenti vittorie della
Clinton, tanto complessive quanto in un sovrabbondante numero di stati.
Hanno così trionfato i silenti, quelli che
ai sondaggi non rispondono ma poi votano: la vecchia maggioranza silenziosa. Se
ne dolgono, adesso, i difensori di quelle tante minoranze che da noi ritengono
debbano sempre essere tutelate a prescindere. Piangono perché si è affermata una minoranza che loro detestano: i
bianchi incazzati (e poveri, va aggiunto). Infatti le lacrime più amare le versano i radical chic, i progressisti
ricchi, sdegnati perché quelli che un tempo erano definiti proletari non votano
democratico né negli Stati Uniti né in Italia. L'alta finanza ha votato per
la Clinton e adesso si lamenta, come si vede dalle borse. Gli operai, invece,
hanno votato per Trump: coloro che restano a bocca aperta di fronte a tale
fenomeno sono gli stessi che non hanno mai capito come nell'Italia
settentrionale il partito di maggioranza nelle fabbriche sia la Lega.
Ovviamente i quattro quinti della classe
politica nostrana sono in lutto, partendo da Matteo Renzi, il quale più volte
si è speso in ammirazioni per la Clinton, non si sa quanto produttivamente per
il nostro Paese: se Trump avesse notato l'appoggio renziano, potrebbe perfino
esserselo legato al dito. Piangono, come quelle signore che, intervistate da
una Rai clintoniana di ferro, spiegavano che avrebbero votato per la Clinton
«perché è donna».
(...) Questa America ha
confermato di non essere socialista, di non volere la politica sociale
propagandata da Obama, di non apprezzare il buonismo così in voga presso i
democratici americani (e italiani).
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