Stefano Spinelli
Con l’intervento
dell’avv. Stefano Spinelli prosegue la collaborazione del Centro studi
Livatino (www.centrostudilivatino.it)
tesa a illustrare i passaggi più significativi della riforma costituzionale e a
sottolinearne i profili problematici, allo scopo di avvicinarsi alla scadenza
del voto referendario avendo consapevolezza dei contenuti delle modifiche, e
lasciando da parte gli slogan. Quello che compare oggi tocca il tema della
effettiva partecipazione popolare alla vita delle istituzioni, a seguito
dell’approvazione della riforma. Ricordiamo che, trattandosi di referendum
confermativo, non è necessario il quorum: chi non condivide la riforma non può
confidare su un numero elevato di astenuti: la sola strada per manifestare il
proprio dissenso è votare No.
Domenica 9 ottobre si
è votato per eleggere i Consigli delle città metropolitane. Non si è trattato di
elezioni da poco, visto che i Consigli metropolitani hanno competenze
importanti e territorialmente estese, sui principali capoluoghi italiani (Roma,
Milano, Napoli, Torino, Bologna, e altri). In base a quanto previsto dalla
legge Del Rio, si è trattato di elezioni indirette, cosiddette di secondo
grado, visto che a votare non sono stati i cittadini ma gli stessi consiglieri
e sindaci nominati alle ultime tornate amministrative. Chi si è accorto di
queste elezioni? Quali giornali ne hanno dato notizia? Quanti cittadini che
risiedono all’interno delle aree metropolitane hanno seguito le sorti di un
voto che determinerà le scelte e le sorti dei territori delle più importanti
città italiane nei prossimi anni?
Ma tutto ciò che cosa
c’entra con la riforma costituzionale? C’entra, perché rende
l’idea della situazione che si verrà a creare se passasse la riforma
costituzionale, con riferimento al nuovo Senato. Nessuno si accorgerà
dell’elezione di tale ramo del Parlamento, che verrà formato - e di volta in
volta sostituito nei singoli componenti - senza che i cittadini ne sappiano
nulla. Nonostante questo, però, continuerà a partecipare all’approvazione di
alcune delle leggi più importanti e concorrerà ai rinnovi delle cariche delle
istituzioni più significative della Nazione, nel sistema di pesi e contrappesi
tra i poteri costituzionali. E’ evidente l’alterazione del principio di
rappresentanza democratica previsto dall’art. 1 Cost. (“la sovranità appartiene
al popolo che la esercita nelle forma e nei limiti della Costituzione”), perché
la riforma - come è noto - prescrive la nomina di 95 dei circa 100 senatori tra
i sindaci e i consiglieri regionali, da parte dei consigli delle regioni
italiane. Ciò accade in un quadro di complessiva debolezza della partecipazione
democratica, data dalla sempre più scarsa propensione al voto da parte dei
cittadini.
Il voto diretto resta
solo per la Camera dei deputati, con un sistema elettorale, il c.d.
Italicum, che prevede un consistente premio di maggioranza: il 55% dei seggi va
alla lista di partito che raggiunge il 40% dei voti o – in caso di ballottaggio
qualora nessuno superi tale soglia – indipendentemente da qualunque
percentuale, con un sistema di liste in parte bloccate, che allontana ancor più
il popolo sovrano dall’esercizio della sovranità. Se dunque la riforma
costituzionale non riguarda l’Italicum, è pur vero che la prima interviene in
un ben preciso contesto istituzionale e politico, dal quale non si può
prescindere per valutare la portata della riforma.
Di più. Il nuovo
Senato, pur previsto come organo di secondo livello e privo di legittimazione popolare diretta, continuerà però a partecipare
da protagonista al delicato funzionamento della macchina costituzionale.
Continuerà a concorrere alla elezione di alcuni fondamentali organi
costituzionali, come il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale e
il Consiglio Superiore della Magistratura, che sono caratterizzati, per loro
stessa natura e per le funzioni loro assegnate, da una forte carica di
imparzialità e indipendenza rispetto alla logica partitico-maggioritaria. A
conferma di una distanza sempre più marcata fra gli elettori e i garanti degli
equilibri istituzionali.
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