L’ARCIVESCOVO COLIN FARREL, prefetto del nuovo dicastero vaticano
per i laici, la famiglia e la vita, appena promosso Cardinale, ha tirato una
bordata violentissima contro uno dei suoi colleghi americani più
rappresentativi, Charles J. Chaput, arcivescovo di Philadelphia e presidente,
negli States, della commissione episcopale per l'applicazione di "Amoris
laetitia.
E la bordata ha riguardato proprio questa controversa esortazione
postsinodale, oggetto nei giorni scorsi di un clamoroso appello, fin qui
inascoltato, di quattro cardinali al papa, perché sia fatta chiarezza sui suoi
passaggi più ambigui e generatori di conflitti. "Io non condivido il senso
di ciò che l'arcivescovo Chaput ha fatto", ha detto il nuovo "capo”
vaticano della pastorale della famiglia. "La Chiesa non può reagire
chiudendo le porte ancor prima di ascoltare le circostanze e la gente. Non è
così che si fa".
La principale "colpa" di Chaput, secondo Farrell, è di aver
pubblicato all'inizio dell'estate per la sua diocesi di Philadelphia delle linee guida che tradirebbero le aperture di
"Amoris laetitia", poiché non ammettono alla comunione i divorziati
risposati tranne nel caso che vivano come fratello e sorella.
Quando invece secondo Farrell "dobbiamo cercare di trovare le vie per
portarli alla piena comunione", seguendo gli insegnamenti di papa
Francesco.
Inoltre, Farrell ha detto che invece di lasciare che ogni vescovo faccia
nella sua diocesi ciò che ha fatto Chaput, si dovrebbe prima aspettare che
l'intera conferenza episcopale di ciascuna nazione si riunisca a decidere una
linea comune, senza più divisioni tra un vescovo e l'altro.
Vista l'asprezza dell'attacco, per di più "ad personam", il Catholic
News Service ha chiesto a Chaput se voleva replicare. E gli ha inviato quattro
domande scritte.
Prima però va aggiunto che in una parallela intervista al progressista "National Catholic
Reporter" Farrel ha anche detto di non capire perché mai dei vescovi e dei
cardinali pretendano dal papa chissà quali chiarimenti alle presunte oscurità
di "Amoris laetitia".
"Io penso che il papa abbia già parlato", ha detto, riferendosi
alla nota lettera nella quale Francesco ha approvato come unica
giusta l'esegesi fatta dai vescovi argentini della regione di Buenos Aires,
favorevole alla comunione ai divorziati risposati che vivono "more
uxorio".
REPLICA ALL'INTERVISTA DEL
CARDINALE FARRELL
di Charles J. Chaput, Arcivescovo di Philadelphia
D. – La commissione ad hoc di cui lei fa parte ha in programma una
consultazione con l'intera conferenza episcopale degli Stati Uniti su come
applicare "Amoris laetitia"?
Cattedrale di San Pietro e Paolo, Philadelphia |
D. – Perché ha ritenuto importante pubblicare nella sua arcidiocesi le
linee guida pastorali che sono entrate in vigore il 1 luglio?
R. – Perché sia il documento finale del sinodo sia papa Francesco in
"Amoris laetitia" hanno incoraggiato i vescovi di ciascun luogo a
fare così. In realtà la domanda è un po' strana. Sarebbe molto più pertinente
chiedere perché mai un vescovo dovrebbe ritardare l'interpretazione e l'applicazione
di "Amoris laetitia" a beneficio del suo popolo. Su una materia così
vitale come il matrimonio sacramentale, esitazioni e ambiguità non sono né
sagge né caritatevoli.
Come si sa, sono stato delegato al sinodo del 2015 e poi eletto e
confermato nel consiglio sinodale permanente. Ho quindi una familiarità con la
materia e il suo contesto che il cardinale designato Farrell forse non ha.
"Amoris laetitia" è stata pubblicata l'8 aprile. Le nostre
linee guida erano già pronte il 1 giugno, dopo aver consultato il nostro
consiglio presbiterale, il consiglio pastorale arcidiocesano, i vescovi
ausiliari, la facoltà teologica del seminario e una varietà di liturgisti,
canonisti e teologi, sia del laicato che del clero, i quali tutti hanno
prodotto eccellenti riflessioni. Abbiamo aspettato fino al 1 luglio per
completare una messa a punto finale. Altri vescovi hanno emesso le rispettive
linee guida e le risposte adatte alle circostanze delle loro diocesi, che solo
loro, in quanto vescovi del luogo, conoscono in reale profondità.
D. – Il cardinale designato Farrell ha detto a CNS che, a suo giudizio,
sotto la guida del capitolo ottavo di "Amoris laetitia" un pastore
non può dire a tutti i divorziati e civilmente risposati: sì, fai la comunione.
Ma nemmeno può dire a tutti: no, la comunione non è possibile a meno che
viviate come fratello e sorella. Come risponde a questa osservazione?
R. – Mi chiedo se il cardinale designato Farrell abbia davvero letto e
compreso le linee guida di Philadelphia che sembra mettere in questione. Le
linee guida mettono un chiaro accento sulla misericordia e la compassione. Ciò
ha senso in quanto le circostanze individuali sono spesso complesse. La vita è
complicata. Ma misericordia e compassione non possono essere separate dalla verità e rimanere virtù autentiche.La Chiesa non può contraddire o aggirare la
Scrittura e il suo stesso magistero senza invalidare la sua missione. Questo
dovrebbe essere ovvio. Le parole di Gesù stesso sono molto dirette e radicali,
in materia di divorzio.
D. – Ha qualche altro commento che desidererebbe fare?
R. – Penso che ciascun vescovo negli Stati Uniti provi una speciale fedeltà
a papa Francesco come Santo Padre. Noi viviamo questa fedeltà facendo il lavoro
al quale siamo stati ordinati come vescovi. Secondo il diritto canonico – per
non dire secondo il senso comune – il governo di una diocesi appartiene al
vescovo del luogo come successore degli apostoli, non a una conferenza, sebbene
una conferenza di vescovi possa spesso offrire un valido spazio per la
discussione. In quanto ex vescovo residenziale, il cardinale designato Farrell
sicuramente lo sa. E questo rende i suoi commenti ancora più strani, alla luce
del nostro impegno per una collegialità fraterna.
dal blog di Sandro Magister
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