Julian Carrón guarda oltre il virus
Il teologo e guida di Comunione e Liberazione riflette
sul tempo presente, Contro la paura, la
proposta di una fede che «vive intensamente il reale»
di
Davide Rondoni
Tra
le diverse personalità che a vario titolo hanno fatto uscire libri, instant book
etc. a proposito della situazione impostasi con il Coronavirus, dalle antologie
degli scrittori “di successo“ ai pamphlet di economia, ecco anche il libro
intervista di Julián Carrón con Alberto Savorana, suo capoufficio stampa. Una
quarantina di pagine.
Il
sacerdote spagnolo occupa una posizione importante avendo ereditato da don
Giussani il ruolo formale di guida del movimento da lui fondato, Comunione e
Liberazione, presente in tutto il mondo.
Ma
non si tratta di un libro rivolto agli aderenti, come del resto mai sono stati “interni“
i libri
di
don Giussani e altri di don Carrón, bensì un tentativo di lettura, alla luce
della fede, della
situazione
di oggi.
Don
Carrón lo fa in una situazione che fin dal sottotitolo è definita vertiginosa.
Prendendo a prestito parole di molti giornalisti e filosofi oggi à la page, l’autore
mette l’accento su questa specie di “vendetta della realtà“ che ha costretto
metà dell’umanità a una circostanza imprevista. Una situazione, specie in zone
come la Lombardia dove è nato il
movimento
di don Giussani, particolarmente segnata dal dolore. In tale situazione,
secondo Carrón, ci si ridesta da una specie di “comfort zone“ dove si ha
abdicato alle domande fondamentali sui motivi profondi del vivere e intorno a
quello che lo sostiene, quando appare persino privato da quella specie di “uscita
di sicurezza“ costituita da un facile nihilismo che seguiva l’idea nietzschiana
per cui non esiste la realtà ma solo interpretazioni.
La
paura sembra dominare l’orizzonte, ma l’autore azzarda a proporre una
alternativa che non è in una ricetta economica o un banale ottimismo alla “andrà
tutto bene“. No, invita a essere religiosi cioè leali con la realtà.
Era
l’unica “condizione“ che don Giussani chiedeva per essere uomini religiosi, «vivere
intensamente il reale». Del resto il termine re-ligo indica un legame, con la realtà
e il suo Mistero. E da qui nasce la “proposta“di Carròn per vivere l’attualità
senza dimenticare la propria umanità.
Appoggia
la sua proposta a molti esempi di persone oggi toccate in vario modo, e all’esempio
altissimo del vescovo Van Thuan imprigionato per anni in isolamento nelle
galere vietnamite. Si tratta di non censurare la realtà con ideologia e soprattutto
di non riconoscere il divino, ma il divino presente. Ovvero la presenza di
persone che, come avviene per la ragazza il cui amato è per ora “invisibile“ ma
è vivo, sono pronte a riprendere
positività e costruzione.
Il
Dio che ha detto alla vedova di Naim, prima di risorgerle il figlio, “non
piangere“ suscita persone di speranza. Anche ora.
Il
testo forse non si sofferma adeguatamente, come don Giussani invece era solito,
sulla incidenza che il potere ha nel tentare di disegnare quel che percepiamo
come realtà ed educare le nostre reazioni ad essa.
Ma
offre una via in tale vertigine oscura, proponendo non mezze misure ma una
vertigine di vita visitata dalla speranza.
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