martedì 13 dicembre 2022

CAMISASCA: FEDE E POLITICA / 2. IL DIRITTO (E DOVERE) DELLA CHIESA ALLA PRESENZA PUBBLICA

Così per i cristiani le finalità ecclesiali (annunciare il Regno di Dio a tutti gli uomini) si intrecciano con quelle politiche (promuovere il bene comune)

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II PARTE

1. Il bene comune

Cristo nella sinagoga di Nazareth, 1350 circa, affresco nel monastero Visoki Decani, Kosovo

Per definire la dimensione del bene comune possiamo rivolgerci alla Dottrina sociale della Chiesa, che lo declina tra i “princìpi permanenti” dell’insegnamento sociale cattolico accanto alla dignità della persona umana, alla solidarietà e alla sussidiarietà[1]. Ciascuno di questi princìpi non può essere pienamente compreso senza riferimento agli altri.

In particolare, la dignità della persona e la sua promozione, resta il punto di partenza e il “faro” per qualsiasi altro contenuto o principio. Una dignità che si nutre dell’armonica integrazione di tutte le caratteristiche costitutive dell’essere umano: fatto a immagine e somiglianza di Dio, unità integrata e inseparabile di corpo e spirito, aperto alla trascendenza, unico, libero e sociale.

La dignità della persona umana diviene così il criterio in base al quale interpretare l’espressione “bene comune”, oggi fra le più abusate sia nel contesto politico che nel parlare quotidiano. Con questo termine si intende l’insieme delle condizioni che permettono all’uomo, concepito sia dal punto di vista individuale che da quello comunitario, di raggiungere la propria pienezza di vita[2].

Il termine “pienezza” ci interroga profondamente. L’esperienza cristiana ci indica come via della pienezza personale l’adesione di ciascuno alla propria vocazione: il riconoscimento di una chiamata alla carità che ci precede e ci sostanzia, l’offerta di sé come strumento nelle mani di Dio[3].

In questa adesione alla volontà di un Altro su di noi riposa il nucleo della nostra piena libertà, e della nostra capacità di promuovere il bene comune.

La spiegazione del concetto di solidarietà offerta da Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis ci guida nella riflessione sul bene comune: «La solidarietà ci aiuta a vedere l’“altro” – persona, popolo o Nazione – non come uno strumento qualsiasi, per sfruttarne a basso costo la capacità di lavoro e la resistenza fisica, abbandonandolo poi quando non serve più, ma come un nostro “simile”, un “aiuto” (Gen 2,18), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio»[4].

Siamo quindi solidali quando aiutiamo il prossimo a raggiungere la sua piena dignità di persona. Benedetto XVI affermava che la solidarietà è precisamente «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti»[5].

La sussidiarietà è infine il principio che si propone di tutelare le istituzioni, associazioni e realtà temporali le quali, create dall’uomo per raggiungere la propria perfezione, si pongono come interfaccia fra l’uomo stesso e le istituzioni a lui superiori[6].

Una scuola parentale o paritaria, una cooperativa sociale, un’associazione culturale, espressioni aggregative economiche, sono solo alcuni esempi di strumenti tramite i quali alcuni, singoli o gruppi, possono prendere l’iniziativa ed offrire il proprio contributo alla crescita dell’intera società. Sono strumenti che nascono dall’uomo, a servizio dell’uomo e della comunità nel suo complesso[7].

Il principio di sussidiarietà riconosce ad ogni uomo la capacità di mettere in campo la propria sensibilità e la propria creatività. Per ciò stesso, sottende una precisa visione del rapporto tra singoli/società civile e istituzioni statuali: non di dipendenza, ma di interazione creativa in vista del bene comune[8].

2. Chiesa e politica

La missione della Chiesa nel mondo è caratterizzata da un iniziale dualismo di prospettive, rispetto al quale sembra difficile recuperare un orizzonte unitario.

Nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa troviamo però subito l’impostazione corretta del problema: «Gesù rifiuta il potere oppressivo e dispotico dei capi sulle Nazioni (cfr Mc 10,42) e la loro pretesa di farsi chiamare benefattori (cfr Lc 22,25), ma non contesta mai direttamente le autorità del suo tempo. Nella diatriba sul tributo da dare a Cesare (cfr Mc 12,13-17; Mt 22,15-22; Lc 20,20-26), Egli afferma che occorre dare a Dio quello che è di Dio, condannando ogni tentativo di divinizzazione e di assolutizzazione del potere temporale: solo Dio può esigere tutto dall’uomo. Nello stesso tempo, il potere temporale ha diritto a ciò che gli è dovuto: Gesù non considera ingiusto il tributo a Cesare»[9].

Da questo punto di partenza, che richiama la distinzione tra la missione della Chiesa e quella della comunità politica, discende la necessità per quest’ultima di rispettare l’autonomia della Chiesa nel soddisfacimento dei beni di tipo spirituale.

Tali beni sono sempre inseriti in una determinata realtà storica, alle cui istituzioni deve essere riconosciuto un fine specifico. In particolare, si pone come necessario il riconoscimento della dimensione religiosa dell’uomo quale sua dimensione fondante, accanto a quella relazionale e sociale.

La missione della Chiesa è quella di annunciare il Regno di Dio a tutto l’uomo e a tutti gli uomini.

“A tutto l’uomo”: rivolgendosi, cioè, non solo ai bisogni prettamente mondani e contingenti, ma mantenendo sempre memoria della sua dimensione trascendente. Se infatti l’uomo è fatto a immagine somiglianza di Dio, egli è strutturalmente “capace di relazionarsi a Dio”: il riconoscimento della persona umana non può rifiutare di fare i conti con il riconoscimento della sua dimensione religiosa. Sempre il Compendio ci ricorda infatti che il rispetto della dignità personale esige, inoltre, il riconoscimento della dimensione religiosa dell’uomo. Essa non è un’esigenza semplicemente “confessionale”, ma trova la sua radice inestirpabile nella realtà stessa dell’uomo[10].

Rientra quindi tra i “diritti” della Chiesa la sua presenza nella vita sociale. Va ricordato che questo diritto è per la Chiesa stessa un dovere, rinunciando al quale viene meno la fedeltà al suo messaggio. Le vie dell’evangelizzazione che la Chiesa deve percorrere non riguardano solo le persone singole, ma devono portare le istituzioni a riconoscere la dimensione pubblica del fatto religioso.

Di conseguenza, se le finalità ecclesiali si intrecciano con quelle politiche è necessario instaurare rapporti di collaborazione che abbiano come fine comune il servizio all’uomo, in tutte le sue dimensioni e secondo le loro reciproche competenze.[11]

Ciò non lede la reciproca autonomia tra il campo della vita cristiana e quello dell’agire politico in vista della promozione umana: essi sono in stretta relazione, ma non possono essere confusi e sovrapposti.

Le parole della Chiesa e il suo operare nel mondo costituiscono per la dimensione politica di ogni tempo e luogo uno stimolo alla ricerca del vero bene per l’uomo.

(2. fine)

* * *

[1]Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 2005, 160 (da ora in poi CDSC).

[2]Per alcuni approfondimenti, oltre al già citato CDSC, cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 357, 362; Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis Splendor, 6 agosto 1993, n. 14; Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 12; Costituzione conciliare Gaudium et spes, n.25.

[3]Benedetto XVI, Messaggio al II Congresso continentale latino-americano sulle vocazioni, Cartago, Costa Rica 1° febbraio 2011.

[4]Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Sollicitudo rei socialis, 30 dicembre 1987, n. 39.

[5]Benedetto XVI, Lettera al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana in occasione del centenario della prima settimana sociale dei cattolici italiani, 12 ottobre 2007.

[6]Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annus, 1° settembre 1991, n. 48.

[7]CDSC, n. 185.

[8]Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Roma 3 maggio 2008.

[9]CDSC, n. 379.

[10]CDSC, n. 553.

[11]CDSC, n. 425.

 

https://www.tempi.it/fede-e-politica-2-il-diritto-e-dovere-della-chiesa-alla-presenza-pubblica/

Cristo nella sinagoga di Nazareth, 1350 circa, affresco nel monastero Visoki Decani, Kosovo

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